Giugno
Maggio
Aprile
Marzo
Febbraio
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Articoli sulla destinazione dell'Ospedale San Raffaele
di Roma, di proprietà del Gruppo Angelucci (gestore del Neurolesi di
Ceglie M.), pubblicati dal Messaggero.
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Sabato
14 Ottobre 2000
Cronaca
di Roma
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Tumori, stop ai ricoveri. S. Raffaele quasi pronto
Solo urgenze al Regina Elena:
trasloco dal 23
Ci siamo quasi. L’ospedale dermatologico San Gallicano si è già
trasferito in buona parte a Mostacciano. Nell’ex San Raffaele
funzionano gli ambulatori e una sala operatoria, oltre 40 i malati
ricoverati, mentre rimangono (per un mese) a Trastevere i centri per la
cura dell’Aids, delle malattie sessualmente trasmesse e delle
patologie tropicali e presto, annuncia la direzione degli Istituti
fisiologico ospedalieri (Ifo), toccherà al Regina Elena. Entro il 6
novembre sarà realizzata anche la prima fase dell’impegnativo
trasloco dell’istituto oncologico che dal 23 ottobre non accetterà più
ricoveri: per 15 giorni saranno garantite solo le terapie e le visite
urgenti, poi si ricomincerà da Mostacciano. Anche il ministro della
Sanità Umberto Veronesi ha visitato ieri il nuovo ospedale, constatando
che il polo oncologico e dermatologico prende forma a tappe forzate, a
soli tre mesi e mezzo dall’acquisto del complesso dalla Tosinvest
della famiglia Angelucci (un’operazione da 320 miliardi, 500 con le
spese di trasferimento e i lavori, che sarà perfezionata lunedì da
Governo, Regione e Ifo).
«Tutto va bene, meglio del previsto», commenta soddisfatto il
commissario degli Ifo, Luigi Bonazzi. Ma nonostante il silenzio stampa,
si moltiplicano i mugugni e le polemiche. «Hanno fatto in fretta per
ragioni politiche, ma fare in fretta non significa far bene»,
sostengono i medici più critici del Regina Elena, secondo i quali «quindici
giorni di chiusura sono troppi, per i malati di cancro il disagio è
insostenibile». Tutti segnalano il grave handicap di partenza del nuovo
ospedale, che per sei mesi e forse un anno non disporrà dei bunker per
la radioterapia destinata a proseguire nei locali di viale Regina Elena
anche quando ambulatori e chemioterapia saranno in funzione a
Mostacciano. Al San Gallicano, invece, la preoccupazione riguarda i
rapporti tra attività clinica e ricerca, perché i reparti e gli
ambulatori entro 30 giorni saranno tutti all’ex San Raffaele, ma i
laboratori rimarranno - anche qui per 6 mesi o più - nell’antica sede
di Trastevere. E qualcuno unisce la propria alla voce del professor
Luigi Ippolito, direttore scientifico emerito del dermatologico che da
tempo si batte contro l’unificazione dei due istituti. «Per il San
Gallicano, nato nel 1725 nel centro storico, il trasferimento in
periferia rappresenta una fine ingiusta», sostiene Ippolito. «Quell’edificio
non è in regola e prima o poi lo avrebbe chiuso la Asl», replica
Bonazzi.
Per il direttore sanitario del Regina Elena, Salvatore Squarcione, «molte
critiche sono strumentali, ma il problema della radioterapia è serio.
Non creeremo disagi ai pazienti in terapia e non interromperemo nulla.
Per i malati che faranno la radio nella vecchia sede predisporremo
stanze di visita, tra Mostacciano e il Regina Elena ci sarà un cordone
ombelicale». Squarcione sostiene che «la chiusura per 15 giorni è
inevitabile, ma bloccheremo solo i ricoveri e non tutto il resto».
Nessun problema, secondo Squarcione, per la separazione tra reparti e
laboratori del San Gallicano: «Le navette — afferma — assicureranno
il trasporto rapido dei materiali». Soluzione in vista, fa sapere la
Cgil, anche per i 266 dipendenti ex Tosinvest da investire: forse per
regolarizzarli ci sarà un emendamento alla Finanziaria. E Giulia
Rodano, a nome dell’opposizione Ds nel Consiglio regionale, si chiede
che fine faranno i precari del Regina Elena (circa un centinaio), che
con ogni probabilità affronteranno i normali concorsi per entrare in
ruolo. «La corsia preferenziale — si chiede la Rodano — esiste solo
per i dipendenti ex Tosinvest?».
A. Man.
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Domenica
16 Luglio 2000
Cronaca
di Roma
Luigi Bonazzi organizzerà il
trasferimento dell’ospedale Regina Elena e di quello dermatologico del
San Gallicano al San Raffaele
Tumori, un polo d’eccellenza
Il commissario promette: «Grandi
investimenti per l’oncologia»
di GERMANA CONSALVI
«Il punto di partenza si è avverato. Le istituzioni hanno messo a
disposizione degli Istituti fisioterapici ospedalieri una grandissima
opportunità. Tocca a noi realizzarla. E credo proprio che ci riusciremo
a creare un centro oncologico e dermatologico di grande eccellenza». È
ottimista l’avvocato Luigi Bonazzi, dal 4 luglio commissario
straordinario degli “Ifo" da cui dipendono il Regina Elena e
l’ospedale dermatologico San Gallicano. Perugino, 66 anni, sarà lui a
traghettare il sospirato trasferimento del polo oncologico al San
Raffaele di Mostacciano, che il ministero della Sanità ha acquisito dal
gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci.
Il punto di partenza è l’acquisizione del San Raffaele.
Un’operazione centrata al terzo tentativo da parte del ministero della
Sanità.
«Innanzitutto devo ringraziare chi ha reso possibile questo risultato
che, mi è parso di capire, si attendeva da tempo. Bisogna dare atto che
il ministro Veronesi ha fatto un’opera importantissima, e anche il
presidente della Regione Storace, l’assessore alla Sanità Saraceni. E
il sindaco Rutelli, che ancora non conosco. Ma il mio primissimo
pensiero è per i malati. Preso atto che è possibile questo
trasferimento e quindi l’unificazione del Regina Elena, dei laboratori
di ricerca e del San Gallicano, i pazienti avranno in prospettiva un
centro di tutto rispetto anche chiamando specialisti dall’estero.
Pensiamo ai malati e ai loro parenti, che vengono da fuori Roma:
prevediamo una struttura di accoglienza per loro».
Quali saranno le tappe del trasloco?
«Ho già predisposto, per questo, due gruppi di lavoro specifici. E la
settimana prossima farò un sopralluogo dettagliato al San Raffaele che
non si chiamerà più così. Diciamo che ci saranno gli Ifo.
L’obiettivo è andare tutti là».
Entro quanto tempo?
«Adesso non sono in grado di quantificare esattamente. Ma è proprio
per questo che lavoreranno sodo i due gruppi a luglio e agosto. Uno si
occuperà del personale, l’altro invece della parte tecnica, e dovrà
verificare dai lavori di completamento da fare ai servizi alle forniture».
Tra le opere da realizzare c’è il bunker di radioterapia.
«Penso proprio di sì. Ma non sono in grado di dire ora come, quando,
dove sarà realizzato. Un fatto è chiaro: andremo tutti a Mostacciano.
E quindi ci sarà anche la radioterapia. Che cosa manca adesso là non
lo so con precisione. Ma faremo tutto, ribadisco, perché diventi un
centro di grande eccellenza che servirà non solo a Roma e al Lazio, ma
a tutto il Paese. Quest’obiettivo è confermato anche dai notevoli
sforzi finanziari fatti dalle istituzioni».
Come pensa di migliorare la viabilità per raggiungere l’ospedale?
«Conto molto sul buon esito dell’incontro, che chiederò rapidamente,
con il sindaco Rutelli».
Avvocato, quante volte è entrato al Regina Elena e al San Gallicano?
«Sono stato una volta e mezzo al Regina Elena. E non mi è affatto
bastata. Mi sono dedicato meno di quanto avrei voluto anche al San
Gallicano. Ma la priorità era seguire la trattativa per
l’acquisizione della struttura di Mostacciano».
E il San Raffaele?
«L’ho visto solo da fuori. Approfondirò la prossima settimana».
DECOLLO DIFFICILE
E al Sant’Andrea manca pure il
telefono
Il polo oncologico ha finalmente
trovato una soluzione definitiva a Mostacciano. Sarà una questione di
pochi mesi il trasferimento del Regina Elena. Così come l’avvio
dell’ospedale Sant’Andrea di via Grottarossa, sulla Flaminia. Almeno,
stando alle parole del presidente Storace. Per costruirlo ci sono voluti
trent’anni, per stabilire cosa farne ci sono state querelle fino alla
decisione di farne una “costola" del Policlinico portandovi la
seconda facoltà di Medicina della Sapienza e 500 dei 2000 posti letto
dell’Umberto I. Da quasi un anno la facoltà c’è, guidata dal preside
Aldo Vecchione. Ma la parte assistenziale ancora no. E per poter avviare
l’ospedale c’è ancora da lavorare molto. Ma gli ultimi muratori visti
a Grottarossa risalgono a luglio di un anno fa.
Collocato nel verde della campagna romana, tra la via Flaminia e la
Cassia, l’ospedale avrà il vastissimo bacino di utenza di Roma nord e
un prestigioso elenco di professori. Eppure, udite udite, all’azienda
Sant’Andrea (azienda mista Regione-Università) non c’è neanche un
telefono. O meglio, c’è la linea telefonica intestata al tenace
professor Vecchione, che non si è arreso di fronte alle incredibili
difficoltà di avere un telefono istituzionale e, pur di fornire
agli studenti un recapito, ha fatto un abbonamento privato.
Altro problema non secondario è la viabilità. Difficile arrivare al
Sant’Andrea senza un mezzo proprio. È previsto l’accesso anche dal
vicino Raccordo anulare, ma i lavori per svincoli e rampe partiranno a
settembre. Da Saxa Rubra solo un minibus fino all’ospedale, ma senza
fermate. Perché un minibus e per di più senza fermate? La strada è
troppo stretta per i normali autobus, allargarla significherebbe in realtà
metterla a norma. Ma la strada è “inviolabile" per i vincoli
archeologici e ambientali della zona. Per cui niente fermate e neanche una
luce sulla lunga via. Ora all’azienda c’è un nuovo manager, Gennaro
Moccia. E chissà che con il suo nome beneaugurante, non arrivi la grazia
di concreti passi avanti su tutti i tribolati fronti del Sant’Andrea.
Ge. Con.
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Sabato
3 Giugno 2000
Cronaca
di Roma
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IL
CASO.
Polo
oncologico: i medici accusano
Hanno preso carta e penna per denunciare al
ministro della Sanità, al presidente della Regione Storace e
all'assessore regionale alla Sanità "l'ennesimo fallimento delle
trattative che avrebbe dovuto risolvere il problema del futuro" del
Regina Elena, che attende da anni una nuova sede. Esasperati, i
medici scrivono: "La misura è colma. Le esigenze dell'ospedale, di
chi ci lavora e di chi viene assistito, travalicano gli interessi di
politici, amministratori e affaristi. Le promesse, sempre disattese, di
soluzioni a breve termine hanno cronicizzato carenze strutturali,
organizzative tecniche". E, sfumate le ipotesi balenate (S. Andrea,
San Raffaele, Forlanini, via delle Messi d'Oro), i medici chiedono che
"chiunque sia chiamato a decidere sulla nostra sorte, decida presto
e in modo illuminato. Il Regina Elena non può più permettersi
amministratori inabili e colpevoli ritardi".
(Gi.
Con.)
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Giovedì
25 Maggio 2000
Cronaca
di Roma
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L’intervista. Parla il
presidente degli oncologi italiani, primario dell’Istituto Regina
Elena: l’ipotesi-Forlanini è del tutto impraticabile
«Cancro, risposta incivile ai malati»
Cognetti: «Una doccia fredda il
dietrofront sul San Raffaele»
di GERMANA CONSALVI
«È una doccia fredda per tutto l’Istituto Regina Elena e per i
malati di cancro della regione». È il commento al nuovo stop sul
trasferimento del Regina Elena al San Raffaele, che arriva da una voce
autorevole dell’ospedale oncologico: il professor Francesco Cognetti,
49 anni, primario oncologo del Regina Elena (dove lavora da ventidue
anni) e presidente degli Oncologi italiani. Raggiunto per telefono in
America, dove ha partecipato al congresso annuale di oncologia
dell’Asco, Cognetti assiste a distanza agli ultimi sviluppi del caso
Regina Elena. Due le ipotesi in ballo, per la Regione: prendere in
affitto l’ospedale privato San Raffaele o ristrutturare il Forlanini.
Professore, ancora una volta siete spettatori di un nulla di fatto?
«Per ben due volte il commissario D’Ari ci aveva annunciato
pubblicamente l’avvenuto acquisto del San Raffaele. La prima alcuni
mesi fa da don Verzè, la seconda proprio prima delle elezioni regionali
durante la conferenza stampa con tutte le personalità politiche che
partecipavano alla conclusione della trattativa. Di fatto, anche questa
volta mancava la cosa più importante, e cioè la firma del
proprietario. È chiaro che, a questo punto, esiste un problema di
credibilità della nostra dirigenza e che viene meno la nostra fiducia».
Nel frattempo cosa succede nell’ospedale?
«La situazione assistenziale del Regina Elena intanto peggiora di
giorno in giorno, in mancanza anche di quelle misure necessarie per
garantire il regolare svolgimento delle prestazioni».
Cosa vuol dire in concreto?
«Carenza di organico medico e paramedico, di organizzazione e
manutenzione, oltre che di acquisto di nuova tecnologia».
Un ospedale al collasso, che attende una nuova collocazione da troppi
anni. Al punto da essere diventato un caso scandaloso. È d’accordo?
«È chiaro che la soluzione del Regina Elena e quindi del polo
oncologico regionale è il problema numero uno della sanità pubblica
regionale, così come già ampiamente affermato dal presidente Storace e
dall’assessore alla Sanità Saraceni. Solo quando questo problema sarà
compiutamente risolto con ampia soddisfazione da parte del personale
dell’Istituto Regina Elena, ma anche della comunità dei pazienti di
cancro del Lazio, si potrà pensare alla creazione di nuovi ospedali
generali pubblici o accreditati che francamente al momento non
rappresenta una priorità».
Quale potrebbe essere una soluzione di ampia soddisfazione?
«Francamente non lo so, non faccio il politico. Certo che le due
soluzioni proposte non soddisfano le due maggiori esigenze
dell’Istituto Regina Elena: quella dell’affitto mi sembra intanto
non ottimale e anche difficile da realizzare per le difficoltà
buroratiche già segnalate dall’assessore. L’ipotesi Forlanini,
invece, necessiterà di molto tempo perché si possa realizzare. Questo
tempo è incompatibile con le urgentissime necessità dell’ospedale».
Professor Cognetti, cosa l’amareggia di più in questa vicenda?
«Mi amareggia non poter dare una risposta significativa e soddisfacente
ai pazienti che si rivolgono a noi con tanta speranza e con tanta
fiducia. Mi amareggia non poter dare, in termini di organizzazione e di
strutture, a questi malati una risposta adeguata e di darne invece una
che è una risposta incivile. È mortificante per tutti. Eppure il
personale del Regina Elena ha fatto e fa ogni giorno il suo dovere, e lo
fa in condizioni che sono terribili».
Come vivono questi disagi i malati oncologici? Si sfogano con voi,
protestano?
«Quotidianamente si complimentano con noi, ma quotidianamente hanno da
lamentarsi delle carenze che purtroppo non sono di nostra responsabilità».
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Meta (ds)
contro Storace:
fa il tifo per i privati
di MARCO GIOVANNELLI
«Non salta un ambulatorio qualsiasi, stiamo parlando del polo
oncologico, di malati di tumore». A Michele Meta, capogruppo dei Ds
alla Regione, non piacciono le idee del presidente della giunta
Francesco Storace. «E’ strano come in concomitanza con il cambio
della maggioranza alla Pisana - spiega il diessino - il San Raffaele non
è più in vendita. Con un pizzico di malignità non possiamo non
ricordare che Storace sta alimentando speranze di accreditamenti
selvaggi delle strutture private. Ben venga la competizione ma il
pubblico deve essere salvaguardato». Meta non accetta l’ipotesi di un
“modello lombardo" per la sanità. «Porterebbe solo tanta
confusione - aggiunge il capogruppo dei Ds - perchè siamo di fronte a
situazioni assolutamente diverse: in Lombardia le strutture private non
arrivano al 20 per cento dell’offerta sanitaria, nel Lazio siamo al
50. E poi con quali criteri, con quali tetti di spesa? Inutile evocare
modelli che nel Lazio non sono praticabili».
L’emergenza di queste ore resta però il polo oncologico. «Prendere
in affitto la struttura della Tosinvest è una follia - dice Meta -. La
soluzione Forlanini è impraticabile perchè non possiamo aspettare 2-3
anni. Invito Storace a non prendere decisioni perchè stiamo parlando di
malati di tumori. Un problema come questo deve essere discusso in
consiglio regionale: i malati terminali non hanno tessere di partito».
E dopo la riunione di giunta arrivano le prime reazioni alle ipotesi sul
polo oncologico (San Raffaele in affitto o Forlanini). «L’importante
è non adottare soluzioni pasticciate», spiega l’assessore Armando
Dionisi. «L’ipotesi San Raffaele - spiega Giulia Rodano, consigliere
dei Ds - offriva una soluzione efficace e soprattutto rapida ai problemi
dei malati di tumore. Non vorrei che la speranza di un accreditamenti
abbia spinto la Tosinvest a riconsiderare la vendita dell’ospedale».
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Mercoledì
24 Maggio 2000
Cronaca
di Roma
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L’intervista
Il
presidente della Regione
(Lazio): «Non è vero che la famiglia Angelucci ceda
alle condizioni che credevamo stabilite»
«Polo oncologico, si cambia»
Storace: «Il San Raffaele non è in
vendita, la sede è da ridiscutere»
di MARCO GIOVANNELLI
«Sulla sanità ci giochiamo la nostra credibilità». Francesco Storace
(ieri di passaggio in Parlamento per discutere le dimissioni dalla
presidenza della commissione vigilanza sulla Rai e per avviare la
ricerca del successore) non usa mezzi termini per indicare la strada
maestra che percorrerà alla guida della Regione. «E’ questo il primo
problema che voglio affrontare e risolvere. Bisogna garantire le giuste
prestazioni, permettere una effettiva libera scelta mettendo in
competizione pubblico e privato, ridurre le liste di attesa».
E il polo oncologico?
«La ricognizione dell’assessore Saraceni fa emergere alcune cose: non
è vero, per esempio, che la famiglia Angelucci sia disponibile a
vendere il San Raffaele alle condizioni strombazzate in campagna
elettorale dal Centrosinistra. Non so dove andrà il polo oncologico, ma
si dovrà ridiscutere l’intera vicenda. E non solo: bisognerà
affrontare il discorso sulla sistemazione dei vertici delle Asl e ci
sono molti altri scenari da verificare».
La Sanità è in cima alla lista, dunque. E poi?
«Poi ci sono anche tutte le questioni che riguardano il lavoro. I
progetti sono tanti ma molte idee sono condizionate dalle risorse
economiche. Domani l’assessore Augello presenterà una relazione per
illustrarci la situazione delle casse regionali alla vigilia di questo
quinquennio. Non mi sono affatto dimenticato della promessa di ridurre
l’Irap ma bisogna verificare attentamente la situazione finanziaria».
Fa un passo indietro?
«No, ma il problema dell’alleggerimento della pressione fiscale non
può essere affrontato con superficialità. Certo, esordire alla guida
del Lazio con la minaccia del ministro del Tesoro di ridurre i
trasferimenti economici alle Regioni non è un buon viatico. Il ministro
deve specificare se ci sono responsabilità e di chi sono. Se il mio
predecessore ha speso più del dovuto perchè devo pagarne io le
conseguenze»?
Ma sul decentramento, lei si batterà per la proposta di Distretto
federale di Roma in antagonismo con quella del sindaco Rutelli
sull’istituzione dell’Area metropolitana?
«Sono due ragionamenti diversi. Il Distretto attiene alla sfera del
dibattito costituzionale, ma su questo la Regione non ha poteri. Invece
possiamo discutere su tutte le proposte possibili relative all’Area
metropolitana che, secondo me, dovrebbe avere gli stessi confini di Roma
con la possibilità di prevedere l’adesione dei Comuni contigui
dell’hinterland romano. Prima di arrivare a qualsiasi soluzione è però
necessario conoscere costi e benefici per la popolazione. Non mi sembra
comunque questo problema una delle emergenze per il Lazio».
Tra le urgenze c’è anche l’ordine pubblico, uno dei vostri
cavalli di battaglia in campagna elettorale. Slogan a parte cosa può
fare la Regione?
«Va messa mano, ad esempio, alla legge regionale sui campi nomadi. Ho
chiesto ai tecnici di verificare la normativa per studiare
incompatibilità eventuali tra campi e territori».
Vuole spostarli?
«Ci sono anche competenze del Comune, ognuno dovrà fare la sua parte.
Deve essere riconosciuto il diritto dei residenti di esprimere loro
parere. Il cittadino che scopre all’improvviso l’istituzione di un
campo nomadi non può che protestare. Fino ad ora i romani hanno solo sùbito
decisioni che sono arrivate dall’alto. Sarebbe interessante monitorare
il territorio, capire se aumenta o no la microcriminalità in presenza
di un campo nomadi».
Roma e il Lazio sono anche le capitali della presenza
extracomunitaria...
«Certo, e vogliamo pensare a politiche vere di integrazione che però
devono tener conto della realtà. Non mi interessano i tetti di flussi
migratori dettati dallo Stato. Rivendico il diritto di dire la mia, di
indicare quante persone possiamo ospitare nel Lazio. Sicurezza però è
un concetto molto più ampio. Passa attraverso il rispetto dei
cittadini, delle norme e una legislazione regionale che offra la
certezza del diritto compresa la lotta all’abusivismo edilizio e
commerciale».
Quali armi ha la Regione su questo fronte?
«Intanto possiamo dare un grande ruolo alla Commissione per la lotta
alla criminalità organizzata. Mi piacerebbe vederla attiva, capace di
avanzare proposte sul territorio. Insomma, la punta di diamante della
Regione, magari presieduta da Mino Damato».
Ma Damato ha già rifiutato l’offerta.
«Spero che si renda disponibile a ricoprire questo incarico».
Verrà rivista anche la legge sui parchi?
«La parola parco è bella ma non possiamo mettere in cassaforte il
Lazio. Io tifo per una salvaguardia dell’ambiente compatibile con il
progresso. Basta non dar retta agli estremisti da una o dall’altra
parte e riempire di significato, cioè occasioni di sviluppo e di posti
lavoro, i parchi».
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LE ALTERNATIVE
Regina Elena, torna in pista il
Forlanini
Tosinvest non vende. E così sfuma l’ipotesi del polo oncologico al
San Raffaele. Il trasferimento del Regina Elena è quindi rimandato e
ieri sera la giunta regionale ha verificato tutte le ipotesi per trovare
una soluzione per il vecchio nosocomio di via Regina Margherita. «Sono
due le strade che percorreremo - ha spiegato Francesco Storace -:
prendere in affitto la struttura oppure cambiare decisamente rotta e
puntare sulla ristrutturazione del Forlanini in previsione di creare lì
il polo oncologico». «La strada dell’affitto verrà esaminata subito
- aggiunge Vincenzo Saraceni, assessore alla sanità -, anche se
presenta molte incognite e tante difficoltà burocratiche».
A questo punto pare proprio tramontata l’ipotesi di accreditare la
grande e moderna struttura sanitaria che si affaccia sul Raccordo
anulare nei pressi dello svincolo della Pontina. «All’accreditamento
nemmeno ci pensiamo - sostiene Giorgio Simeoni, vice presidente della
giunta - perchè scardinerebbe tutti gli assetti del sistema sanitario
del Lazio. E’ certo però che il San Raffaele non è una struttura da
mettere nel dimenticatoio».
Il futuro del polo oncologico si giocherà a stretto giro di posta perchè
il presidente Storace ha promesso che questa mattina scriverà a Umberto
Veronesi per metterlo al corrente della decisione della famiglia
Angelucci (proprietaria dell’ospedale), per sollecitare un parere su
tutta la vicenda e per chiedere se il ministero della sanità è
disponibile a verificare l’ipotesi dell’affitto. «L’annuncio
dell’acquisto del San Raffaele si è rilevato una bolla di sapone -
sostiene Storace - perchè sull’ipotesi di compra-vendita c’erano
solo le firme della Regione e del Campidoglio».
Il polo oncologico del Lazio non vedrà comunque la luce in tempi brevi
soprattutto se prenderà piede l’ipotesi Forlanini. «Inutile negarlo
- dice Giorgio Simeoni -, nella migliore delle ipotesi ci vogliono
almeno due anni di lavori mentre il Regina sta cadendo già a pezzi».
Le decisioni della giunta hanno sollevato un nugolo di polemiche. «Rimettere
in discussione l’acquisto del San Raffaele - commenta Alessio
D’Amato, capogruppo regionale del Pdci - rischia di ritardare i tempi
delle soluzioni sulla pelle dei malati di tumore».
M.Gi.
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Sabato
20 Maggio 2000
Cronaca
di Roma
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LA POLEMICA
Braccio di ferro sul futuro del
Regina Elena
Storace all’attacco: «Il polo
oncologico al San Raffaele? Dobbiamo vedere se è possibile»
di GERMANA CONSALVI
Il rebus Regina Elena approda in Regione. Martedì prossimo, alla
seconda riunione della giunta, si discuterà infatti delle sorti
dell'istituto dei tumori che da anni attende una nuova sede. Alla
vigilia delle elezioni regionali sembrava ormai certo il trasloco
all’ospedale privato San Raffaele, a Mostacciano: una dichiarazione
d’intenti firmata Bindi-Badaloni-Rutelli-Cosentino era il preludio
all’acquisto del San Raffaele da parte del Ministero della Sanità. Ma
dopo le elezioni le certezze sono sfumate e i giochi, per la nuova sede
del Regina Elena, sembrano riaperti.
L’ipotesi del San Raffaele non è tramontata del tutto. Ne hanno
discusso mercoledì scorso il neopresidente della Regione, Francesco
Storace, e il ministro della Sanità, Umberto Veronesi. Ma Storace e il
nuovo assessore regionale alla Sanità, Vincenzo Saraceni, ampliano lo
scenario delle ipotesi valutando anche l’ospedale Sant’Andrea, sulla
Flaminia, che da un anno è sede della II facoltà di Medicina della
Sapienza e che, sulla carta, dovrebbe diventare una costola del
Policlinico Umberto I ospitando 300 posti letto del policlinico
universitario. «È da vent'anni - dice Storace - che ci dicono che il
Sant’Andrea è la sede ideale del Regina Elena. Dobbiamo vedere le
cose che si possono fare. Vogliamo arrivare, in tempi stretti, ad un
nuovo polo oncologico che serva non solo Roma, non solo il Lazio, ma
tutto il centro sud e l'intera area del Mediterraneo». Ma l’ospedale
di Grottarossa, monumento-scandalo dell’inefficienza (ci sono voluti
30 anni per costruirlo e la parte assistenziale non è ancora stata
avviata) è per legge sede di Medicina II della Sapienza: «Le leggi si
fanno e si disfano», risponde Storace.
Martedì la giunta esaminerà anche altre questioni importanti della
sanità: «Discuteremo anche - conferma Storace - dell’Umberto I e
delle altre aziende ospedaliere per capire come ci dobbiamo comportare
con gli attuali vertici». «Parleremo anche dei rapporti tra il
direttore generale dell'Umberto I e il rettore D'Ascenzo... bisogna
capire se si tratta veramente di uno scontro, anche se io un'idea ce
l'ho», sottolinea il presidente, acuto osservatore della curiosa querelle.
Storace non vuole perdere tempo e ha idee chiare sulla sanità laziale
che desidera: «Per far fronte al debito della Regione - ha spiegato
ieri al forum dell’Aiop - che per la sanità è passato da 600
miliardi del '95 agli attuali 6.300 miliardi, la mia idea è di dar vita
entro tre mesi ad un programma attuativo dell'articolo 10bis del decreto
Bindi, che prevede la costituzione di società miste (pubbliche e
private). L'intero comparto sanitario ha la possibilità, rinnovando la
rete ospedaliera, di rastrellare importanti risorse, coinvolgendo i
privati nell'offerta di servizi all'utenza sanitaria ospedaliera:
parcheggi, aree commerciali, aree di servizi integrati». Storace
sostiene a spada tratta l'importanza della «competizione» tra pubblico
e privato, anche nella sanità. «Il cittadino deve poter scegliere
liberamente la struttura sanitaria in cui curarsi a spese dello Stato».
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Sabato
15 Aprile 2000
Cronaca
di Roma
Per Natale trasloco al San Raffaele
L’ospedale, che ospiterà il Regina
Elena e il San Gallicano, acquistato dal Ministero della Sanità
di GERMANA CONSALVI
«È una giornata storica per questo Istituto che, finalmente, trova una
collocazione adeguata: il nuovo polo oncologico, che andrà
all’ospedale San Raffaele, sarà anche un luogo di eccellenza per la
ricerca e cura», dice raggiante il ministro della Sanità Rosy Bindi.
Poi aggiunge: «È stata una scelta forte, voluta dal Ministero e dalla
Regione, e realizzata con il contributo determinante del sindaco di
Roma, Francesco Rutelli». Ormai è ufficiale: il modernissimo ospedale
di Mostacciano, di proprietà del gruppo Tosinvest della famiglia
Angelucci, sarà acquistato dal Ministero della Sanità e diventerà la
nuova sede del Regina Elena e del San Gallicano. Il trasferimento dei
due ospedali al San Raffaele avverrà «entro Natale».
La conferma dell’accordo preliminare è stata annunciata ieri in una
conferenza stampa al Regina Elena, dal ministro Bindi, dal sindaco
Rutelli, dal presidente della Regione Piero Badaloni, dall’assessore
regionale alla Sanità Lionello Cosentino e da Raffaele D’Ari,
commissario straordinario degli Ifo (Istituti fisioterapici ospedalieri,
che dipendono dal Ministero e controllano il Regina Elena e il San
Gallicano). L’acquisto del San Raffaele costerà 320 miliardi: 240 a
carico del Ministero (e altri 20 per completare i lavori a Mostacciano),
più un contributo di 80 miliardi della Regione. Anche il Comune farà
la sua parte, provvedendo agli adempimenti in materia urbanistica e
burocratica, in particolare riguardo a viabilità, parcheggi e altri
servizi. Secondo D’Ari, «si andrà direttamente al rogito;
l’accordo di programma sostituisce infatti il compromesso poiché
contiene tutti gli elementi essenziali del contratto da stipulare».
Lunedì ci sarà un nuovo incontro con gli Angelucci.
La Bindi è emozionata. Il clamoroso “scippo" di un anno fa della
struttura di Mostacciano, che la Fondazione Monte Tabor preferì in
extremis vendere agli Angelucci (per 270 miliardi), brucia ancora.
Ricorda, il ministro, altri momenti duri: «Non posso dimenticare - dice
la Bindi - che i malati di tumore sono stati portati in piazza a Roma.
Vivo questa giornata come riscatto di quella triste vicenda».
L’assessore Cosentino sottolinea il ruolo della Regione, «che
partecipa con un intervento finanziario all’acquisto del bene, ma ha
dato un contributo anche negando nuove convenzioni ai privati,
mantenendo il punto che le regole valgono per tutti». Il sindaco
Rutelli ripercorre le ipotesi via via accantonate, fino a quella del
Forlanini: «Una soluzione subìta - dice - che non poteva funzionare,
sarebbe stata una via crucis, né era possibile aspettare dieci anni per
costruire un ospedale a via delle Messi d’Oro. Questa è la soluzione
di gran lunga migliore, a vantaggio di tutta la città. E soprattutto
dei malati». Il sindaco svela: «Abbiamo spinto con forza nelle ultime
settimane». Fino all’incontro decisivo di lunedì notte.
Tuttavia, la positiva conclusione della vicenda ha scatenato anche
polemiche. «Non ci volevano a Roma e l'accordo di quest'oggi ne è la
conferma - commenta Gabriele Bertipaglia, della Fondazione Monte Tabor -
A noi per l'acquisto del San Raffaele era stato proposto un prezzo da
strozzinaggio: 203 miliardi. Oggi è stato valutato oltre 100 miliardi
in più». «Nessuno ha cacciato da Roma la Fondazione», replicano al
Ministero, ricordando che la trattativa non si concluse solo per
l’improvviso dietrofront dei proprietari (che hanno dovuto risarcire
gli Ifo di 7 miliardi). E precisando che per riaprire i giochi con gli
Angelucci bisognava comunque ripartire dai 270 miliardi pagati dal loro
gruppo. Contro il fiore all’occhiello sbandierato dalle istituzioni
alla vigilia delle elezioni regionali, piovono strali dagli esponenti
del centrodestra che chiedono indagini della magistratura su quei «100
miliardi in più». Per Francesco Storace, candidato alla guida della
Regione, la vicenda è «una manovra vergognosa: hanno ignorato i malati
per cinque anni e ora li usano».
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