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Articoli sulla destinazione dell'Ospedale San Raffaele di Roma, di proprietà del Gruppo Angelucci (gestore del Neurolesi di Ceglie M.), pubblicati dal Messaggero.

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Sabato 14 Ottobre 2000

Cronaca di Roma

 

 

Tumori, stop ai ricoveri. S. Raffaele quasi pronto
Solo urgenze al Regina Elena: trasloco dal 23

Ci siamo quasi. L’ospedale dermatologico San Gallicano si è già trasferito in buona parte a Mostacciano. Nell’ex San Raffaele funzionano gli ambulatori e una sala operatoria, oltre 40 i malati ricoverati, mentre rimangono (per un mese) a Trastevere i centri per la cura dell’Aids, delle malattie sessualmente trasmesse e delle patologie tropicali e presto, annuncia la direzione degli Istituti fisiologico ospedalieri (Ifo), toccherà al Regina Elena. Entro il 6 novembre sarà realizzata anche la prima fase dell’impegnativo trasloco dell’istituto oncologico che dal 23 ottobre non accetterà più ricoveri: per 15 giorni saranno garantite solo le terapie e le visite urgenti, poi si ricomincerà da Mostacciano. Anche il ministro della Sanità Umberto Veronesi ha visitato ieri il nuovo ospedale, constatando che il polo oncologico e dermatologico prende forma a tappe forzate, a soli tre mesi e mezzo dall’acquisto del complesso dalla Tosinvest della famiglia Angelucci (un’operazione da 320 miliardi, 500 con le spese di trasferimento e i lavori, che sarà perfezionata lunedì da Governo, Regione e Ifo).
«Tutto va bene, meglio del previsto», commenta soddisfatto il commissario degli Ifo, Luigi Bonazzi. Ma nonostante il silenzio stampa, si moltiplicano i mugugni e le polemiche. «Hanno fatto in fretta per ragioni politiche, ma fare in fretta non significa far bene», sostengono i medici più critici del Regina Elena, secondo i quali «quindici giorni di chiusura sono troppi, per i malati di cancro il disagio è insostenibile». Tutti segnalano il grave handicap di partenza del nuovo ospedale, che per sei mesi e forse un anno non disporrà dei bunker per la radioterapia destinata a proseguire nei locali di viale Regina Elena anche quando ambulatori e chemioterapia saranno in funzione a Mostacciano. Al San Gallicano, invece, la preoccupazione riguarda i rapporti tra attività clinica e ricerca, perché i reparti e gli ambulatori entro 30 giorni saranno tutti all’ex San Raffaele, ma i laboratori rimarranno - anche qui per 6 mesi o più - nell’antica sede di Trastevere. E qualcuno unisce la propria alla voce del professor Luigi Ippolito, direttore scientifico emerito del dermatologico che da tempo si batte contro l’unificazione dei due istituti. «Per il San Gallicano, nato nel 1725 nel centro storico, il trasferimento in periferia rappresenta una fine ingiusta», sostiene Ippolito. «Quell’edificio non è in regola e prima o poi lo avrebbe chiuso la Asl», replica Bonazzi.
Per il direttore sanitario del Regina Elena, Salvatore Squarcione, «molte critiche sono strumentali, ma il problema della radioterapia è serio. Non creeremo disagi ai pazienti in terapia e non interromperemo nulla. Per i malati che faranno la radio nella vecchia sede predisporremo stanze di visita, tra Mostacciano e il Regina Elena ci sarà un cordone ombelicale». Squarcione sostiene che «la chiusura per 15 giorni è inevitabile, ma bloccheremo solo i ricoveri e non tutto il resto». Nessun problema, secondo Squarcione, per la separazione tra reparti e laboratori del San Gallicano: «Le navette — afferma — assicureranno il trasporto rapido dei materiali». Soluzione in vista, fa sapere la Cgil, anche per i 266 dipendenti ex Tosinvest da investire: forse per regolarizzarli ci sarà un emendamento alla Finanziaria. E Giulia Rodano, a nome dell’opposizione Ds nel Consiglio regionale, si chiede che fine faranno i precari del Regina Elena (circa un centinaio), che con ogni probabilità affronteranno i normali concorsi per entrare in ruolo. «La corsia preferenziale — si chiede la Rodano — esiste solo per i dipendenti ex Tosinvest?».

A. Man.

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Domenica 16 Luglio 2000

Cronaca di Roma

 

Luigi Bonazzi organizzerà il trasferimento dell’ospedale Regina Elena e di quello dermatologico del San Gallicano al San Raffaele
Tumori, un polo d’eccellenza
Il commissario promette: «Grandi investimenti per l’oncologia»

di GERMANA CONSALVI

«Il punto di partenza si è avverato. Le istituzioni hanno messo a disposizione degli Istituti fisioterapici ospedalieri una grandissima opportunità. Tocca a noi realizzarla. E credo proprio che ci riusciremo a creare un centro oncologico e dermatologico di grande eccellenza». È ottimista l’avvocato Luigi Bonazzi, dal 4 luglio commissario straordinario degli “Ifo" da cui dipendono il Regina Elena e l’ospedale dermatologico San Gallicano. Perugino, 66 anni, sarà lui a traghettare il sospirato trasferimento del polo oncologico al San Raffaele di Mostacciano, che il ministero della Sanità ha acquisito dal gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci.
Il punto di partenza è l’acquisizione del San Raffaele. Un’operazione centrata al terzo tentativo da parte del ministero della Sanità.
«Innanzitutto devo ringraziare chi ha reso possibile questo risultato che, mi è parso di capire, si attendeva da tempo. Bisogna dare atto che il ministro Veronesi ha fatto un’opera importantissima, e anche il presidente della Regione Storace, l’assessore alla Sanità Saraceni. E il sindaco Rutelli, che ancora non conosco. Ma il mio primissimo pensiero è per i malati. Preso atto che è possibile questo trasferimento e quindi l’unificazione del Regina Elena, dei laboratori di ricerca e del San Gallicano, i pazienti avranno in prospettiva un centro di tutto rispetto anche chiamando specialisti dall’estero. Pensiamo ai malati e ai loro parenti, che vengono da fuori Roma: prevediamo una struttura di accoglienza per loro».
Quali saranno le tappe del trasloco?
«Ho già predisposto, per questo, due gruppi di lavoro specifici. E la settimana prossima farò un sopralluogo dettagliato al San Raffaele che non si chiamerà più così. Diciamo che ci saranno gli Ifo. L’obiettivo è andare tutti là».
Entro quanto tempo?
«Adesso non sono in grado di quantificare esattamente. Ma è proprio per questo che lavoreranno sodo i due gruppi a luglio e agosto. Uno si occuperà del personale, l’altro invece della parte tecnica, e dovrà verificare dai lavori di completamento da fare ai servizi alle forniture».
Tra le opere da realizzare c’è il bunker di radioterapia.
«Penso proprio di sì. Ma non sono in grado di dire ora come, quando, dove sarà realizzato. Un fatto è chiaro: andremo tutti a Mostacciano. E quindi ci sarà anche la radioterapia. Che cosa manca adesso là non lo so con precisione. Ma faremo tutto, ribadisco, perché diventi un centro di grande eccellenza che servirà non solo a Roma e al Lazio, ma a tutto il Paese. Quest’obiettivo è confermato anche dai notevoli sforzi finanziari fatti dalle istituzioni».
Come pensa di migliorare la viabilità per raggiungere l’ospedale?
«Conto molto sul buon esito dell’incontro, che chiederò rapidamente, con il sindaco Rutelli».
Avvocato, quante volte è entrato al Regina Elena e al San Gallicano?
«Sono stato una volta e mezzo al Regina Elena. E non mi è affatto bastata. Mi sono dedicato meno di quanto avrei voluto anche al San Gallicano. Ma la priorità era seguire la trattativa per l’acquisizione della struttura di Mostacciano».
E il San Raffaele?
«L’ho visto solo da fuori. Approfondirò la prossima settimana».


 

Domenica 16 Luglio 2000

DECOLLO DIFFICILE

E al Sant’Andrea manca pure il telefono

Il polo oncologico ha finalmente trovato una soluzione definitiva a Mostacciano. Sarà una questione di pochi mesi il trasferimento del Regina Elena. Così come l’avvio dell’ospedale Sant’Andrea di via Grottarossa, sulla Flaminia. Almeno, stando alle parole del presidente Storace. Per costruirlo ci sono voluti trent’anni, per stabilire cosa farne ci sono state querelle fino alla decisione di farne una “costola" del Policlinico portandovi la seconda facoltà di Medicina della Sapienza e 500 dei 2000 posti letto dell’Umberto I. Da quasi un anno la facoltà c’è, guidata dal preside Aldo Vecchione. Ma la parte assistenziale ancora no. E per poter avviare l’ospedale c’è ancora da lavorare molto. Ma gli ultimi muratori visti a Grottarossa risalgono a luglio di un anno fa.
Collocato nel verde della campagna romana, tra la via Flaminia e la Cassia, l’ospedale avrà il vastissimo bacino di utenza di Roma nord e un prestigioso elenco di professori. Eppure, udite udite, all’azienda Sant’Andrea (azienda mista Regione-Università) non c’è neanche un telefono. O meglio, c’è la linea telefonica intestata al tenace professor Vecchione, che non si è arreso di fronte alle incredibili difficoltà di avere un telefono istituzionale e, pur di fornire agli studenti un recapito, ha fatto un abbonamento privato.
Altro problema non secondario è la viabilità. Difficile arrivare al Sant’Andrea senza un mezzo proprio. È previsto l’accesso anche dal vicino Raccordo anulare, ma i lavori per svincoli e rampe partiranno a settembre. Da Saxa Rubra solo un minibus fino all’ospedale, ma senza fermate. Perché un minibus e per di più senza fermate? La strada è troppo stretta per i normali autobus, allargarla significherebbe in realtà metterla a norma. Ma la strada è “inviolabile" per i vincoli archeologici e ambientali della zona. Per cui niente fermate e neanche una luce sulla lunga via. Ora all’azienda c’è un nuovo manager, Gennaro Moccia. E chissà che con il suo nome beneaugurante, non arrivi la grazia di concreti passi avanti su tutti i tribolati fronti del Sant’Andrea.

Ge. Con.

 

 

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Sabato 3 Giugno 2000

Cronaca di Roma

 

IL CASO.

Polo oncologico: i medici accusano

Hanno preso carta e penna per denunciare al ministro della Sanità, al presidente della Regione Storace e all'assessore regionale alla Sanità "l'ennesimo fallimento delle trattative che avrebbe dovuto risolvere il problema del futuro" del Regina Elena, che attende da anni una nuova sede. Esasperati,  i medici scrivono: "La misura è colma. Le esigenze dell'ospedale, di chi ci lavora e di chi viene assistito, travalicano gli interessi di politici, amministratori e affaristi. Le promesse, sempre disattese, di soluzioni a breve termine hanno cronicizzato carenze strutturali, organizzative tecniche". E, sfumate le ipotesi balenate (S. Andrea, San Raffaele, Forlanini, via delle Messi d'Oro), i medici chiedono che "chiunque sia chiamato a decidere sulla nostra sorte, decida presto e in modo illuminato. Il Regina Elena non può più permettersi amministratori inabili e colpevoli ritardi". 

(Gi. Con.)

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Giovedì 25 Maggio 2000

Cronaca di Roma

 

L’intervista. Parla il presidente degli oncologi italiani, primario dell’Istituto Regina Elena: l’ipotesi-Forlanini è del tutto impraticabile
«Cancro, risposta incivile ai malati»
Cognetti: «Una doccia fredda il dietrofront sul San Raffaele»

di GERMANA CONSALVI

«È una doccia fredda per tutto l’Istituto Regina Elena e per i malati di cancro della regione». È il commento al nuovo stop sul trasferimento del Regina Elena al San Raffaele, che arriva da una voce autorevole dell’ospedale oncologico: il professor Francesco Cognetti, 49 anni, primario oncologo del Regina Elena (dove lavora da ventidue anni) e presidente degli Oncologi italiani. Raggiunto per telefono in America, dove ha partecipato al congresso annuale di oncologia dell’Asco, Cognetti assiste a distanza agli ultimi sviluppi del caso Regina Elena. Due le ipotesi in ballo, per la Regione: prendere in affitto l’ospedale privato San Raffaele o ristrutturare il Forlanini.
Professore, ancora una volta siete spettatori di un nulla di fatto?
«Per ben due volte il commissario D’Ari ci aveva annunciato pubblicamente l’avvenuto acquisto del San Raffaele. La prima alcuni mesi fa da don Verzè, la seconda proprio prima delle elezioni regionali durante la conferenza stampa con tutte le personalità politiche che partecipavano alla conclusione della trattativa. Di fatto, anche questa volta mancava la cosa più importante, e cioè la firma del proprietario. È chiaro che, a questo punto, esiste un problema di credibilità della nostra dirigenza e che viene meno la nostra fiducia».
Nel frattempo cosa succede nell’ospedale?
«La situazione assistenziale del Regina Elena intanto peggiora di giorno in giorno, in mancanza anche di quelle misure necessarie per garantire il regolare svolgimento delle prestazioni».
Cosa vuol dire in concreto?
«Carenza di organico medico e paramedico, di organizzazione e manutenzione, oltre che di acquisto di nuova tecnologia».
Un ospedale al collasso, che attende una nuova collocazione da troppi anni. Al punto da essere diventato un caso scandaloso. È d’accordo?
«È chiaro che la soluzione del Regina Elena e quindi del polo oncologico regionale è il problema numero uno della sanità pubblica regionale, così come già ampiamente affermato dal presidente Storace e dall’assessore alla Sanità Saraceni. Solo quando questo problema sarà compiutamente risolto con ampia soddisfazione da parte del personale dell’Istituto Regina Elena, ma anche della comunità dei pazienti di cancro del Lazio, si potrà pensare alla creazione di nuovi ospedali generali pubblici o accreditati che francamente al momento non rappresenta una priorità».
Quale potrebbe essere una soluzione di ampia soddisfazione?
«Francamente non lo so, non faccio il politico. Certo che le due soluzioni proposte non soddisfano le due maggiori esigenze dell’Istituto Regina Elena: quella dell’affitto mi sembra intanto non ottimale e anche difficile da realizzare per le difficoltà buroratiche già segnalate dall’assessore. L’ipotesi Forlanini, invece, necessiterà di molto tempo perché si possa realizzare. Questo tempo è incompatibile con le urgentissime necessità dell’ospedale».
Professor Cognetti, cosa l’amareggia di più in questa vicenda?
«Mi amareggia non poter dare una risposta significativa e soddisfacente ai pazienti che si rivolgono a noi con tanta speranza e con tanta fiducia. Mi amareggia non poter dare, in termini di organizzazione e di strutture, a questi malati una risposta adeguata e di darne invece una che è una risposta incivile. È mortificante per tutti. Eppure il personale del Regina Elena ha fatto e fa ogni giorno il suo dovere, e lo fa in condizioni che sono terribili».
Come vivono questi disagi i malati oncologici? Si sfogano con voi, protestano?
«Quotidianamente si complimentano con noi, ma quotidianamente hanno da lamentarsi delle carenze che purtroppo non sono di nostra responsabilità».

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Giovedì 25 Maggio 2000

Meta (ds) contro Storace:
fa il tifo per i privati

di MARCO GIOVANNELLI

«Non salta un ambulatorio qualsiasi, stiamo parlando del polo oncologico, di malati di tumore». A Michele Meta, capogruppo dei Ds alla Regione, non piacciono le idee del presidente della giunta Francesco Storace. «E’ strano come in concomitanza con il cambio della maggioranza alla Pisana - spiega il diessino - il San Raffaele non è più in vendita. Con un pizzico di malignità non possiamo non ricordare che Storace sta alimentando speranze di accreditamenti selvaggi delle strutture private. Ben venga la competizione ma il pubblico deve essere salvaguardato». Meta non accetta l’ipotesi di un “modello lombardo" per la sanità. «Porterebbe solo tanta confusione - aggiunge il capogruppo dei Ds - perchè siamo di fronte a situazioni assolutamente diverse: in Lombardia le strutture private non arrivano al 20 per cento dell’offerta sanitaria, nel Lazio siamo al 50. E poi con quali criteri, con quali tetti di spesa? Inutile evocare modelli che nel Lazio non sono praticabili».
L’emergenza di queste ore resta però il polo oncologico. «Prendere in affitto la struttura della Tosinvest è una follia - dice Meta -. La soluzione Forlanini è impraticabile perchè non possiamo aspettare 2-3 anni. Invito Storace a non prendere decisioni perchè stiamo parlando di malati di tumori. Un problema come questo deve essere discusso in consiglio regionale: i malati terminali non hanno tessere di partito».
E dopo la riunione di giunta arrivano le prime reazioni alle ipotesi sul polo oncologico (San Raffaele in affitto o Forlanini). «L’importante è non adottare soluzioni pasticciate», spiega l’assessore Armando Dionisi. «L’ipotesi San Raffaele - spiega Giulia Rodano, consigliere dei Ds - offriva una soluzione efficace e soprattutto rapida ai problemi dei malati di tumore. Non vorrei che la speranza di un accreditamenti abbia spinto la Tosinvest a riconsiderare la vendita dell’ospedale».

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Mercoledì 24 Maggio 2000

Cronaca di Roma

L’intervista

Il presidente della Regione (Lazio): «Non è vero che la famiglia Angelucci ceda alle condizioni che credevamo stabilite»
«Polo oncologico, si cambia»
Storace: «Il San Raffaele non è in vendita, la sede è da ridiscutere»

di MARCO GIOVANNELLI

«Sulla sanità ci giochiamo la nostra credibilità». Francesco Storace (ieri di passaggio in Parlamento per discutere le dimissioni dalla presidenza della commissione vigilanza sulla Rai e per avviare la ricerca del successore) non usa mezzi termini per indicare la strada maestra che percorrerà alla guida della Regione. «E’ questo il primo problema che voglio affrontare e risolvere. Bisogna garantire le giuste prestazioni, permettere una effettiva libera scelta mettendo in competizione pubblico e privato, ridurre le liste di attesa».
E il polo oncologico?
«La ricognizione dell’assessore Saraceni fa emergere alcune cose: non è vero, per esempio, che la famiglia Angelucci sia disponibile a vendere il San Raffaele alle condizioni strombazzate in campagna elettorale dal Centrosinistra. Non so dove andrà il polo oncologico, ma si dovrà ridiscutere l’intera vicenda. E non solo: bisognerà affrontare il discorso sulla sistemazione dei vertici delle Asl e ci sono molti altri scenari da verificare».
La Sanità è in cima alla lista, dunque. E poi?
«Poi ci sono anche tutte le questioni che riguardano il lavoro. I progetti sono tanti ma molte idee sono condizionate dalle risorse economiche. Domani l’assessore Augello presenterà una relazione per illustrarci la situazione delle casse regionali alla vigilia di questo quinquennio. Non mi sono affatto dimenticato della promessa di ridurre l’Irap ma bisogna verificare attentamente la situazione finanziaria».
Fa un passo indietro?
«No, ma il problema dell’alleggerimento della pressione fiscale non può essere affrontato con superficialità. Certo, esordire alla guida del Lazio con la minaccia del ministro del Tesoro di ridurre i trasferimenti economici alle Regioni non è un buon viatico. Il ministro deve specificare se ci sono responsabilità e di chi sono. Se il mio predecessore ha speso più del dovuto perchè devo pagarne io le conseguenze»?
Ma sul decentramento, lei si batterà per la proposta di Distretto federale di Roma in antagonismo con quella del sindaco Rutelli sull’istituzione dell’Area metropolitana?
«Sono due ragionamenti diversi. Il Distretto attiene alla sfera del dibattito costituzionale, ma su questo la Regione non ha poteri. Invece possiamo discutere su tutte le proposte possibili relative all’Area metropolitana che, secondo me, dovrebbe avere gli stessi confini di Roma con la possibilità di prevedere l’adesione dei Comuni contigui dell’hinterland romano. Prima di arrivare a qualsiasi soluzione è però necessario conoscere costi e benefici per la popolazione. Non mi sembra comunque questo problema una delle emergenze per il Lazio».
Tra le urgenze c’è anche l’ordine pubblico, uno dei vostri cavalli di battaglia in campagna elettorale. Slogan a parte cosa può fare la Regione?
«Va messa mano, ad esempio, alla legge regionale sui campi nomadi. Ho chiesto ai tecnici di verificare la normativa per studiare incompatibilità eventuali tra campi e territori».
Vuole spostarli?
«Ci sono anche competenze del Comune, ognuno dovrà fare la sua parte. Deve essere riconosciuto il diritto dei residenti di esprimere loro parere. Il cittadino che scopre all’improvviso l’istituzione di un campo nomadi non può che protestare. Fino ad ora i romani hanno solo sùbito decisioni che sono arrivate dall’alto. Sarebbe interessante monitorare il territorio, capire se aumenta o no la microcriminalità in presenza di un campo nomadi».
Roma e il Lazio sono anche le capitali della presenza extracomunitaria...
«Certo, e vogliamo pensare a politiche vere di integrazione che però devono tener conto della realtà. Non mi interessano i tetti di flussi migratori dettati dallo Stato. Rivendico il diritto di dire la mia, di indicare quante persone possiamo ospitare nel Lazio. Sicurezza però è un concetto molto più ampio. Passa attraverso il rispetto dei cittadini, delle norme e una legislazione regionale che offra la certezza del diritto compresa la lotta all’abusivismo edilizio e commerciale».
Quali armi ha la Regione su questo fronte?
«Intanto possiamo dare un grande ruolo alla Commissione per la lotta alla criminalità organizzata. Mi piacerebbe vederla attiva, capace di avanzare proposte sul territorio. Insomma, la punta di diamante della Regione, magari presieduta da Mino Damato».
Ma Damato ha già rifiutato l’offerta.
«Spero che si renda disponibile a ricoprire questo incarico».
Verrà rivista anche la legge sui parchi?
«La parola parco è bella ma non possiamo mettere in cassaforte il Lazio. Io tifo per una salvaguardia dell’ambiente compatibile con il progresso. Basta non dar retta agli estremisti da una o dall’altra parte e riempire di significato, cioè occasioni di sviluppo e di posti lavoro, i parchi».

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Mercoledì 24 Maggio 2000

LE ALTERNATIVE

Regina Elena, torna in pista il Forlanini

Tosinvest non vende. E così sfuma l’ipotesi del polo oncologico al San Raffaele. Il trasferimento del Regina Elena è quindi rimandato e ieri sera la giunta regionale ha verificato tutte le ipotesi per trovare una soluzione per il vecchio nosocomio di via Regina Margherita. «Sono due le strade che percorreremo - ha spiegato Francesco Storace -: prendere in affitto la struttura oppure cambiare decisamente rotta e puntare sulla ristrutturazione del Forlanini in previsione di creare lì il polo oncologico». «La strada dell’affitto verrà esaminata subito - aggiunge Vincenzo Saraceni, assessore alla sanità -, anche se presenta molte incognite e tante difficoltà burocratiche».
A questo punto pare proprio tramontata l’ipotesi di accreditare la grande e moderna struttura sanitaria che si affaccia sul Raccordo anulare nei pressi dello svincolo della Pontina. «All’accreditamento nemmeno ci pensiamo - sostiene Giorgio Simeoni, vice presidente della giunta - perchè scardinerebbe tutti gli assetti del sistema sanitario del Lazio. E’ certo però che il San Raffaele non è una struttura da mettere nel dimenticatoio».
Il futuro del polo oncologico si giocherà a stretto giro di posta perchè il presidente Storace ha promesso che questa mattina scriverà a Umberto Veronesi per metterlo al corrente della decisione della famiglia Angelucci (proprietaria dell’ospedale), per sollecitare un parere su tutta la vicenda e per chiedere se il ministero della sanità è disponibile a verificare l’ipotesi dell’affitto. «L’annuncio dell’acquisto del San Raffaele si è rilevato una bolla di sapone - sostiene Storace - perchè sull’ipotesi di compra-vendita c’erano solo le firme della Regione e del Campidoglio».
Il polo oncologico del Lazio non vedrà comunque la luce in tempi brevi soprattutto se prenderà piede l’ipotesi Forlanini. «Inutile negarlo - dice Giorgio Simeoni -, nella migliore delle ipotesi ci vogliono almeno due anni di lavori mentre il Regina sta cadendo già a pezzi».
Le decisioni della giunta hanno sollevato un nugolo di polemiche. «Rimettere in discussione l’acquisto del San Raffaele - commenta Alessio D’Amato, capogruppo regionale del Pdci - rischia di ritardare i tempi delle soluzioni sulla pelle dei malati di tumore».

M.Gi.

 

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Sabato 20 Maggio 2000

Cronaca di Roma

LA POLEMICA

Braccio di ferro sul futuro del Regina Elena
Storace all’attacco: «Il polo oncologico al San Raffaele? Dobbiamo vedere se è possibile»

di GERMANA CONSALVI

Il rebus Regina Elena approda in Regione. Martedì prossimo, alla seconda riunione della giunta, si discuterà infatti delle sorti dell'istituto dei tumori che da anni attende una nuova sede. Alla vigilia delle elezioni regionali sembrava ormai certo il trasloco all’ospedale privato San Raffaele, a Mostacciano: una dichiarazione d’intenti firmata Bindi-Badaloni-Rutelli-Cosentino era il preludio all’acquisto del San Raffaele da parte del Ministero della Sanità. Ma dopo le elezioni le certezze sono sfumate e i giochi, per la nuova sede del Regina Elena, sembrano riaperti.
L’ipotesi del San Raffaele non è tramontata del tutto. Ne hanno discusso mercoledì scorso il neopresidente della Regione, Francesco Storace, e il ministro della Sanità, Umberto Veronesi. Ma Storace e il nuovo assessore regionale alla Sanità, Vincenzo Saraceni, ampliano lo scenario delle ipotesi valutando anche l’ospedale Sant’Andrea, sulla Flaminia, che da un anno è sede della II facoltà di Medicina della Sapienza e che, sulla carta, dovrebbe diventare una costola del Policlinico Umberto I ospitando 300 posti letto del policlinico universitario. «È da vent'anni - dice Storace - che ci dicono che il Sant’Andrea è la sede ideale del Regina Elena. Dobbiamo vedere le cose che si possono fare. Vogliamo arrivare, in tempi stretti, ad un nuovo polo oncologico che serva non solo Roma, non solo il Lazio, ma tutto il centro sud e l'intera area del Mediterraneo». Ma l’ospedale di Grottarossa, monumento-scandalo dell’inefficienza (ci sono voluti 30 anni per costruirlo e la parte assistenziale non è ancora stata avviata) è per legge sede di Medicina II della Sapienza: «Le leggi si fanno e si disfano», risponde Storace.
Martedì la giunta esaminerà anche altre questioni importanti della sanità: «Discuteremo anche - conferma Storace - dell’Umberto I e delle altre aziende ospedaliere per capire come ci dobbiamo comportare con gli attuali vertici». «Parleremo anche dei rapporti tra il direttore generale dell'Umberto I e il rettore D'Ascenzo... bisogna capire se si tratta veramente di uno scontro, anche se io un'idea ce l'ho», sottolinea il presidente, acuto osservatore della curiosa querelle. Storace non vuole perdere tempo e ha idee chiare sulla sanità laziale che desidera: «Per far fronte al debito della Regione - ha spiegato ieri al forum dell’Aiop - che per la sanità è passato da 600 miliardi del '95 agli attuali 6.300 miliardi, la mia idea è di dar vita entro tre mesi ad un programma attuativo dell'articolo 10bis del decreto Bindi, che prevede la costituzione di società miste (pubbliche e private). L'intero comparto sanitario ha la possibilità, rinnovando la rete ospedaliera, di rastrellare importanti risorse, coinvolgendo i privati nell'offerta di servizi all'utenza sanitaria ospedaliera: parcheggi, aree commerciali, aree di servizi integrati». Storace sostiene a spada tratta l'importanza della «competizione» tra pubblico e privato, anche nella sanità. «Il cittadino deve poter scegliere liberamente la struttura sanitaria in cui curarsi a spese dello Stato».

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Sabato 15 Aprile 2000

Cronaca di Roma

 

Per Natale trasloco al San Raffaele
L’ospedale, che ospiterà il Regina Elena e il San Gallicano, acquistato dal Ministero della Sanità

di GERMANA CONSALVI

«È una giornata storica per questo Istituto che, finalmente, trova una collocazione adeguata: il nuovo polo oncologico, che andrà all’ospedale San Raffaele, sarà anche un luogo di eccellenza per la ricerca e cura», dice raggiante il ministro della Sanità Rosy Bindi. Poi aggiunge: «È stata una scelta forte, voluta dal Ministero e dalla Regione, e realizzata con il contributo determinante del sindaco di Roma, Francesco Rutelli». Ormai è ufficiale: il modernissimo ospedale di Mostacciano, di proprietà del gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci, sarà acquistato dal Ministero della Sanità e diventerà la nuova sede del Regina Elena e del San Gallicano. Il trasferimento dei due ospedali al San Raffaele avverrà «entro Natale».
La conferma dell’accordo preliminare è stata annunciata ieri in una conferenza stampa al Regina Elena, dal ministro Bindi, dal sindaco Rutelli, dal presidente della Regione Piero Badaloni, dall’assessore regionale alla Sanità Lionello Cosentino e da Raffaele D’Ari, commissario straordinario degli Ifo (Istituti fisioterapici ospedalieri, che dipendono dal Ministero e controllano il Regina Elena e il San Gallicano). L’acquisto del San Raffaele costerà 320 miliardi: 240 a carico del Ministero (e altri 20 per completare i lavori a Mostacciano), più un contributo di 80 miliardi della Regione. Anche il Comune farà la sua parte, provvedendo agli adempimenti in materia urbanistica e burocratica, in particolare riguardo a viabilità, parcheggi e altri servizi. Secondo D’Ari, «si andrà direttamente al rogito; l’accordo di programma sostituisce infatti il compromesso poiché contiene tutti gli elementi essenziali del contratto da stipulare». Lunedì ci sarà un nuovo incontro con gli Angelucci.
La Bindi è emozionata. Il clamoroso “scippo" di un anno fa della struttura di Mostacciano, che la Fondazione Monte Tabor preferì in extremis vendere agli Angelucci (per 270 miliardi), brucia ancora. Ricorda, il ministro, altri momenti duri: «Non posso dimenticare - dice la Bindi - che i malati di tumore sono stati portati in piazza a Roma. Vivo questa giornata come riscatto di quella triste vicenda». L’assessore Cosentino sottolinea il ruolo della Regione, «che partecipa con un intervento finanziario all’acquisto del bene, ma ha dato un contributo anche negando nuove convenzioni ai privati, mantenendo il punto che le regole valgono per tutti». Il sindaco Rutelli ripercorre le ipotesi via via accantonate, fino a quella del Forlanini: «Una soluzione subìta - dice - che non poteva funzionare, sarebbe stata una via crucis, né era possibile aspettare dieci anni per costruire un ospedale a via delle Messi d’Oro. Questa è la soluzione di gran lunga migliore, a vantaggio di tutta la città. E soprattutto dei malati». Il sindaco svela: «Abbiamo spinto con forza nelle ultime settimane». Fino all’incontro decisivo di lunedì notte.
Tuttavia, la positiva conclusione della vicenda ha scatenato anche polemiche. «Non ci volevano a Roma e l'accordo di quest'oggi ne è la conferma - commenta Gabriele Bertipaglia, della Fondazione Monte Tabor - A noi per l'acquisto del San Raffaele era stato proposto un prezzo da strozzinaggio: 203 miliardi. Oggi è stato valutato oltre 100 miliardi in più». «Nessuno ha cacciato da Roma la Fondazione», replicano al Ministero, ricordando che la trattativa non si concluse solo per l’improvviso dietrofront dei proprietari (che hanno dovuto risarcire gli Ifo di 7 miliardi). E precisando che per riaprire i giochi con gli Angelucci bisognava comunque ripartire dai 270 miliardi pagati dal loro gruppo. Contro il fiore all’occhiello sbandierato dalle istituzioni alla vigilia delle elezioni regionali, piovono strali dagli esponenti del centrodestra che chiedono indagini della magistratura su quei «100 miliardi in più». Per Francesco Storace, candidato alla guida della Regione, la vicenda è «una manovra vergognosa: hanno ignorato i malati per cinque anni e ora li usano».

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