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Effetti dell'election day in due comuni pugliesi. Chiesta una nuova norma Record cegliese: 14 mesi senza sindaco
Ceglie Messapica, 15 aprile 2001 - Il servizio pubblicato da "Quotidiano"
di Mino De Masi Mancheranno due grossi comuni
salentini all’appuntamento elettorale del 13 maggio, quando 14 milioni
di italiani oltre a rinnovare il Parlamento dovranno scegliere i sindaci
e i rappresentanti comunali di 1277 città italiane. I cittadini di Nardò
e Ceglie Messapica dovranno attendere almeno 13 mesi prima di poter
acclamare il loro nuovo “governatore”: un record italiano che
è già caso nazionale, l’altra faccia della election-day che
concentra in un’unica data scadenze ed esigenze consultive, un vuoto
di rappresentanza che fa gridare qualcuno alla “sospensione della
democrazia”. Sotto accusa una legge di due
anni fa, la numero120, che introdotta nel tentativo di evitare continui
ricorsi al voto stabilì un’unica sessione per le elezioni di sindaci,
presidenti di provincia e rispettivi consigli, fissando tra il 15 aprile
e il 15 giugno il periodo delle elezioni. In sostanza, i consigli
sciolti dopo il 24 febbraio vanno rinnovati nella primavera dell’anno
successivo, evenienza che vede già il Salento capofila di
un’emergenza risolta a Napoli con un escamotage tra il tecnico e il
politico probabilmente inapplicabile nei comuni più piccoli. Il primato assoluto spetta a
Ceglie Messapica, 21 mila abitanti, dove il sindaco Pietro Magno, a capo
di una coalizione di centro-destra, il 9 marzo ha rimesso il mandato
dopo 20 mesi di amministrazione. Del 15 marzo invece le dimissioni di
Gregorio Dell’Anna, sindaco di Nardò, 33 mila abitanti, costretto ad
abbandonare la guida dell’amministrazione perché candidato del Polo
alla Camera, impegno che per legge prefigura un conflitto di interesse.
Al posto dei sindaci eletti per “chiamata diretta dal popolo”
due commissari nominati dai prefetti di Lecce e Brindisi, tecnici
che per oltre un anno
dovranno sostituire i poteri della giunta, del consiglio comunale e del
primo cittadino: “Non siamo stati eletti, non abbiamo proposto
programmi all’elettorato, quindi non possiamo operare grandi scelte di
indirizzo, anche se credo abbiamo il dovere di realizzare opere di
interesse per la comunità” afferma Rosa Maria Simone, dal 30 marzo
commissario a Ceglie Messapica. Ansia condivisa dal suo collega neritino
Nicola Prete, al suo dodicesimo incarico da “sindaco”, preoccupato
per la lunga supplenza che dovrà garantire ad una comunità divisa
sulle scelte finali del Prg, dai temi ambientali, con il conflitto sul
porto di Serracicora sopra tutti: “E’ l’incarico più lungo e
impegnativo che mi sia capitato di affrontare, un compito - ha
sottolineato - che comunque terrà conto della responsabilità e della
delicatezza del ‘mandato’”. Il lavoro dei commissari non è
semplicemente gestionale, una decisione o una obiettiva preferenza cela
inevitabilmente una scelte politiche, a partire dalla preparazione
tecnica dei bilanci, che a Ceglie Messapica saranno due. “Un lungo
commissariamento incide negativamente sul tessuto sociale ed economico
del paese perché conduce al congelamento del ruolo primario della
politica” sostiene Antonio Suma, ex capogruppo del centro-sinistra di
Ceglie, “la questione - aggiunge - va portata all’esame del prossimo
Parlamento”. Difende l’election-day e la pausa elettorale Nicola
Ciracì, coordinatore di Forza Italia per la provincia di Brindisi:
“Dobbiamo abituarci a votare in un’unica data fissa, una tregua
elettorale consente il recupero dei rapporti, un ritorno più sereno al confronto politico, serve ad espellere
le tossine prodotte dall’eccessivo conflitto dialettico”. Dibattito
che a Nardò si è concentrato sulla decisione del sindaco, comunque
legittima, di preferire la corsa alla Camera al certo soglio municipale:
“Liberissimo di candidarsi ma il suo atteggiamento ha prodotto una
situazione che i cittadini non sanno spiegarsi” taglia corto Cosimo
Caputo, ex capogruppo dei Democratici. I casi di Nardò e Ceglie
Messapica aprono la finestra su un’altra minaccia ipotizzata dai
settori politici, la nascita di una nuova figura di podestà convalidata
proprio dal sovraffollamento
di funzionari prefettizi nei comuni italiani: diciassette nel Salento
con ben 13 comuni commissariati nella sola provincia di Lecce
(tre a Taranto, l’altro a Brindisi), un passaggio delle consegne
democratiche alla burocrazia: “Il rischio è la coniugazione tra
l’autorità monocratica e quella tecnica rappresentata dagli uffici,
che diventerebbero protagonisti dell’ente locale” commenta Pietro
Mita, sindaco di Ceglie Messapica dal ’93 al ’99. Il timore
inconfessato, che si insinua pure tra gli incolpevoli commissari, è che
il “digiuno popolare” possa produrre nuovi poteri, anzi vecchi. L'intervista al costituzionalista, Vincenzo Caianiello.
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