Una favola lunga
4000 anni
Ceglie Messapica, uno dei centri più antichi della Puglia,
segna a sud-est il confine collinare dell’altipiano delle
Murge, aprendo la sua naturale terrazza verso il Salento e sulla
circostante pianura brindisina. A 300 metri sul livello del
mare, Ceglie Messapica conta poco più di 21.000 abitanti,
descritti testardi ma molto ospitali dai viaggiatori
dell'Ottocento che hanno comunque apprezzato l'indole e la non
sempre conveniente franchezza. Il dialetto è del ceppo japigio,
duro, tronco, cantilenato, dalle vocali aperte e allungate;
nulla in comune con il ritmato, mieloso e musicale leccese, di
certa origine ellenica. Probabilmente la genesi del fonema
cegliese, pur con gli scambi dei secoli, va ricercata nelle più
vicine regioni balcaniche ("A-cci simin' akkogghj'",
Chi semina raccoglie).
La storia di Ceglie Messapica risale ad almeno 15 secoli
prima della venuta di Cristo, l’origine è sicuramente
preellenica ma tracce e nuovi reperti, allo studio in questo
periodo, potrebbero retrodatare la fondazione della città a
quattromila anni fa. Attualmente l’atto di nascita è conteso
tra Pelasgi e Cretesi, che comunque fecero dell’antica Kailìa
un importante centro militare e commerciale dei Messapi, il
popolo che abitava tra l'Adriatico e lo Jonio. Successivamente
la storia di Ceglie assorbe il dominio latino e romano, la
decadenza dell’augusto Impero e l’avvento dei Comuni. Dopo
un Medioevo che ha profondamente segnato la cultura e i
comportamenti del Meridione, il Rinascimento si manifesta anche
qui con rinnovati ordinamenti politici che tutelano la nobiltà
dell’epoca e incoraggiano l’arte e gli scambi culturali: tra
il 16° e il 18° secolo si completano il Castello ducale, la
Chiesa Collegiata, la stupenda Chiesa barocca di San Domenico
con l’annesso convento, oggi sede del Municipio.
Dall’Ottocento Ceglie ha progressivamente esteso i confini
urbanistici e proprio gli scavi per le fondamenta delle nuove
abitazioni hanno permesso di veder la luce inestimabili beni
archeologi che si conservano nel museo di Taranto, in quello di
Berlino e nelle collezioni private di studiosi italiani e
stranieri. Purtroppo molto materiale, unica testimonianza del
passato, è andato perduto o disperso.
Oggi la città è alla ricerca di una nuova identità sociale
ed economica. Il post-industriale, con l'impoverimento
occupazionale del polo chimico di Brindisi e del siderurgico di
Taranto, sta imponendo nuovi modelli produttivi: pur tra grosse
difficoltà, proprie del Sud, si fa lentamente strada il
terziario, l'artigianato mira a forme aggregative che potrebbero
presto trasformarsi in piccola industria, fioriscono i
laboratori tessili mentre l'agricoltura, soprattutto quella
olivicola, resta una delle principali fonti di reddito, talvolta
integrativo.
Il turismo è un fenomeno in attesa di sviluppo, alimentato
soprattutto dall'iniziativa individuale: alcune masserie e
trulli della campagna cegliese sono stati riadattati e inseriti
nel circuito agrituristico, esercitando un forte richiamo in
Germania, in Inghilterra e nelle regioni del Nord Italia.
Fiorente è invece l'arte culinaria della città, ricca di
ristoranti conosciuti e apprezzati anche fuori i confini
pugliesi: e meritatamente l'antico capoluogo dei Messapi da
qualche anno è divenuto capitale della gastronomia del
"popolo che abitava tra i due mari".
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