Ceglie, l'antica Abbazia di Sant'Anna
di Pasquale Elia
LA
chiesa, extra moenia, di
Sant'Anna situata all'estrema periferia Nord-Ovest della città è di
epoca certamente altomedioevale (1100?). n
origine, unitamente alla Cappella dedicata a San Nicola (ASBr, Notaio
Cornelio Vacca, 25 maggio 1589, C.170.inv.III.B.3.I.1.2), di cui oggi,
di quest'ultima, rimane solo il nome della Contrada (immediate vicinanze
odierno campo sportivo), era un
vasto monastero benedettino (G.Scatigna Minghetti, Jesu
Cristi Passio, I Figli di San Paolo della Croce a Ceglie Messapica, Latiano
1998, p.7). Nell'atto
del notaio Cornelio Vacca, di cui sopra, sono menzionati gli ortali detti di Sant'Anna e di San Nicola. Tra l'altro, nella
cappella intitolata a San Nicola, così come in quella dedicata a San
Michele, veniva celebrata la Santa Messa con il rito greco. Rilevamenti
recenti hanno stabilito, con certezza, come la basilica di Sant'Anna
sorga sui resti di un antico tempio pagano, frettolosamente ritenuto di
Giunone (cfr. L. Di Presa, E sotto
l'Abbazia di Sant'Anna si scopre che c'è un tempio dedicato a Giunone, in
"La Gazzetta del Mezzogiorno", Bari 24 giugno 1987, p.17). Possiamo
ipotizzare, pertanto, che quel tempio fosse dedicato a Latona che, come
la Madre della Vergine Maria nel mondo cattolico, era invocata dalle
popolazioni elleniche e latine a protezione delle partorienti. Infatti,
nei primi secoli, i Cristiani, per analogia, solevano dedicare i templi
pagani trasferiti al culto cristiano e le chiese che sorgevano sui loro
resti, ai santi che nel martirologio contassero poteri identici a quelli
degli dei della vecchia mitologia. Allo
stato attuale delle conoscenze in nostro possesso, le prime notizie,
secondo un antico documento custodito presso l'Archivio Capitolare della
Basilica Cattedrale di Brindisi [R. Jurlaro (a cura di), Catalogo
dall'anno 1033 al 1957, Bari 2 nov. 1958, pergamena n°V, p.2,
dattiloscritto; A. De Leo, Codice
Diplomatico brindisino, p.40, n.21], risalgono al 1182.
Trattasi infatti di una Bolla, data a Velletri il 4 gennaio 1182,
con cui il Papa Lucio III, [al
secolo Ubaldo Alluncingoli, nato a Lucca (data sconosciuta), morto a
Verona il 25 novembre 1185], concedeva a favore di Pietro da Guinardo,
Arcivescovo di Brindisi e Oria …l'uso
del Pallio alla Villa di Ceglie e non all'Abbazia di Sant'Anna (P.
Elia, Le famiglie feudatarie, http://www.ideanews.it/antologia/elia/famiglie htm; P. Elia, La
mia Ceglie, Monza 1999, p.160, inedito, c/o l'Autore).
La parola latina Villa deve
intendersi Villa(ggio),
insediamento urbano. Questo ci potrebbe dimostrare quanto fosse piccola,
all'epoca, la nostra città.
Nel 1710, la Basilica fu interamente ricostruita ed arredata a
cura e spese del Capitolo cegliese (lapide sul portale di destra della
chiesa). E' fornita di un campanile a vela con due piccole campane e di
una casetta che veniva utilizzata dal custode (odierno sagrestano).
Alle spalle della chiesa era localizzato un piccolo cimitero, in
uso fino al 1877. Le vittime dell'epidemia colerica del 1854-55 furono
seppellite in quel camposanto. L'accesso alla necropoli avveniva
attraverso un corridoio che corre sul lato destro della chiesa stessa,
ma vi si può arrivare anche dall'interno attraverso la sacrestia.
Quell'ingresso indipendente dava la possibilità di far visita ai propri
cari defunti anche quando la chiesa rimaneva chiusa.
Della vecchia costruzione rimane solo un protiro nascosto nella
parte posteriore della chiesa stessa.
In essa sono custoditi affreschi di grande valore storico ed
artistico. E' raffigurata, tra l'altro, una Sacra Famiglia di ignoto
autore, una Madonna con Bambinello tra i santi Cosma e Damiano
genuflessi. Inestimabile, poi, è la statua lignea raffigurante la Mamma
della Vergine Maria, datata 1715.
L'Abbazia di Sant'Anna possedeva, tra l'altro, una Grància,
anche Gràngia (ASBr.,
Notaio Tommaso Lamarina, a.1747, CC.451-479, inv. III.B.3.1.X.6). Per
Grància o Beneficio [sostantivo
f., XVIII secolo, fattoria di conventi, il convento stesso. Termine
francese grange, granche, latino tardo grànica,
granum, nella Lex Baiuvariorum. Nel latino medioevale, anno 1319, è documentato grantia
"cascinale". La voce è passata dal francese anche nello
spagnolo e all'italiano meridionale (cfr. C.Battisti-C.Alessio, Dizionario
Etimologico Italiano, Istituto di Glottologia, Università degli
Studi di Firenze, Firenze 1968)], nel medioevo, si indicava una coltivazione agricola dipendente da una
Abbazia o da un Priorato. A
titolo di cronaca, tutte le chiese di Ceglie, eccezion fatta per quella
dei Cappuccini, possedevano Gràncie. La più ricca era, di certo,
quella di San Domenico, anzi era la più ricca della Puglia (G.Cioffari,
Gli Ordini Religiosi Mendicanti:
Tradizione e dissenso, Memorie Domenicane. Nuova Serie 1991, Cap. IX,
Momenti e figure del Settecento, Editrice Centro Riviste della Provincia
Romana; P. Elia, Gli Ordini
Religiosi a Ceglie Messapica, in Soste
di Pietra, (a cura di) E. Turrisi, Latiano 2000, p.104). Nel
XIV secolo, l'Abbazia fu abbandonata dai frati benedettini. Il vescovo
di Brindisi e di Oria affidò pertanto la struttura, unitamente alle
proprietà (Grància), al Clero
cegliese che per mezzo di un Procuratore ne amministrò i beni. Gli
utili ricavati dalla Grància servivano per le necessità immediate
dell'Abbazia stessa e il sostentamento dei suoi abitanti (frati), oltre
che per l'acquisto di quanto necessario per le sacre funzioni (ceri,
olio per l'illuminazione, particole, vino, ecc.). La
diocesi di Oria fu separata dalla sede di Brindisi nel 1591, alla quale
era stata unita intorno al 1100. Fu Papa Gregorio XIV con Bolla del 10
maggio 1591 che separò le due diocesi e ordinò che Brindisi e Oria
avessero ognuna il proprio pastore. Questo
potrebbe essere uno dei motivi per cui, nel 1182, il Papa Lucio III
concede il Pallio a favore dell'Arcivescovo di Brindisi Pietro da Guinardo. Dagli
altri atti notarili ricaviamo che il rev.
Abbate Antonio Durso (dovrebbe essere D'Urso), Abbate
di Santa Anna della Terra di Ceglie concede in affitto a Giovanni
Domenico Barletta le Terre di detta Abbazia di Santa Anna consistente in
una masseria di terre fattizie macchiose con chiusa, cisterna, arbori di
pero e altri membri dentro tutto quello nella detta Abbazia tiene nel
territorio di Ceglie in loco detto Paglionico e Manzano li ortali detti
di Santa Anna, San Nicola,
giardiniello et altri beni (ASBr., C. Vacca, 25 maggio 1589, cit.). Alcuni
mesi dopo (27 agosto 1589) l'Università (Comune) cegliese e
per essa il Sindaco e gli
Eletti, firmano con l'Abbate Antonio Durso (sic) un atto di permuta delle case con giardino per la costruzione del nuovo
monastero dei PP. Cappoccini (ASBr., C.177-178.inv.III.3.1.I.2). L'Abbate
Antonio D'Urso era il Procuratore che amministrava i beni dell'Abbazia. Il
4 marzo 1596, il Capitolo affitta a
Nardo Salamina di Mesagne, la masseria di detto reverendo Capitolo della
Abbazia loco de Santa Anna, la quale possede nel territorio di Ceglie,
loco nominato Paglionico, tanto le terre aperte quanto quelle chiuse,
casella, pagliara et una cisterniola d'acqua (ASBr. C.Vacca,
C.255/tergo-256,inv.III.B.3.1.I.4). Notiamo che il Capitolo è
subentrato all'Abbate D'Urso nell'amministrazione dei beni, è da
pensare pertanto che quest'ultimo, alla data del 4 marzo 1596, fosse
morto. Il 7 aprile 1604 fu appianata
una controversia nata tra il
Capitolo di Ceglie e Donato Appruzzesi su alcune differenze sorte sulle
terre della masseria Paglionico una volta della Abbazia di Santa Anna,
con copia della sentenza della corte di Ceglie (ASBr.,
Notaio Stefano Matera, C.67/tergo.inv.III.B.3.1.II.7). Il
Capitolo non era capace di amministrare i beni dell'Abbazia di
Sant'Anna, tanto che il 23 dicembre 1747 firma un
atto con Giovanni Ammazzacorsa di Monopoli per li frutti dell'Abbazia di
Sant'Anna con terze decorse e non pagate fin dal 1597 (ASBr., Not.
Tommaso Lamarina, CC.451-479,inv.III.B.3.1.X.6). Il massimo sconvolgimento che la storia ricorda fu la rivoluzione
francese. In Italia il movimento rivoluzionario cominciò ben presto.
Nel meridione ebbe pieno potere con il decreto n°448 del 7 agosto 1809
a firma di Gioacchino Murat, creato Re di Napoli, nel 1808, da
Napoleone. Il decreto citato prevedeva e prescriveva, all'art. 15 la
soppressione degli Ordini Religiosi
con "il pretesto che essi avessero ormai fatto il loro tempo"
(P.Elia,
Gli Ordini Religiosi a Ceglie
Messapica, cit., p.85). Tutti
i beni degli Ordini Religiosi e tra questi anche quelli dell'Abbazia di
Sant'Anna furono confiscati sotto gli ordini e la vigilanza degli
Intendenti e poi venduti all'asta. Quando
la chiesa di San Rocco fu elevata a Parrocchia (12 gennaio 1853 da Mons.
Luigi Margarita, vescovo di Oria, con assenso di Ferdinando II di
Borbone, Re delle due Sicilie, nel marzo 1855), e la sua circoscrizione
territoriale inglobò anche l'Abbazia della Santa in argomento, la
gestione della vecchia Abbazia fu devoluta al parroco del Santo di
Montpelier. Sant'Anna
è la protettrice della nostra città.
I
cegliesi hanno sempre avuto ed hanno tuttora una particolare devozione
per la Santa. Ogni anno, fin dal 1590, per quanto di nostra conoscenza,
infatti, si festeggia la ricorrenza con devozione e solennità. E per
solennizzare la festività il 26 luglio 1690 quarantuno
persone tra soldati e civili sottoscrivono un atto con il quale per
ampliare la festa di Santa Anna hanno convenuto che ogni anno uno di
loro deve sparare personalmente in detta festa e pagare ciascheduno ogni
anno carlini cinque per comprare polvere in detta festa. I
contravventori oltre ai carli cinque pagheranno carlini dieci da
spenderli per detta festa (ASBr., Notaio T. Lamarina, C.132.inv.
III.3.1.VI.23). Nei
pressi della chiesa c'era la cosiddetta "ruota" dove venivano portati ed abbandonati alla loro
sorte i bambini meglio conosciuti come "figli di nessuno".
In
occasione della festa, usanza antichissima cegliese vuole che si debba
accendere un cero alla Santa. Numerosissimi
sono i patronati di Anna, la cui protezione è particolarmente invocata
dalle partorienti e dalle donne desiderose di maternità. La onorano le madri di famiglia: ricamatrici e lavandaie si
astenevano, nel giorno della sua festa, dal loro lavoro (che Anna stessa
aveva, secondo la leggenda, esercitato), ritenendo che non avrebbe avuto
successo. Meno
chiaro il motivo per cui la madre di Maria fu scelta a protettrice di
numerose categorie di lavoratori come gli orefici, i falegnami, gli
ebanisti e i minatori. Anche
i palafrenieri pontifici, che nel giorno della sua festa facevano una
solenne processione, la elessero a loro patrona e in suo onore, nel
1505, costruirono una chiesa (Sant'Anna dei Palafrenieri) alle porte del
palazzo Vaticano. Anna, inoltre, era invocata per ottenere una buona morte, perché,
secondo la tradizione la sua sarebbe stata addolcita dalla presenza del
Bambino Gesù, che le risparmiò gli spasimi dell'agonia (cfr.
Biblioteca Sanctorum, Roma 1961, p.1270 e segg.). Nell'Europa
settentrionale, dove il culto di Anna, raggiunse, nei secoli XIV e XV,
la massima diffusione, fu molto usata, l'acqua
di Sant'Anna, per curare le febbri e gli ossessi. A lei era
consacrato il martedì, giorno per cui, secondo la tradizione, sarebbe
nata e morta.
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