Ceglie
Messapica, la chiesa di San Gioacchino
di Pasquale Elia
San
Gioacchino, padre di Maria Vergine, Santo. Nessun
testo neo-testamentario riporta i nomi dei genitori della Madonna, il
primo riferimento si trova in un Vangelo apocrifo del II secolo noto
comunemente come Protovangelo di San Giacomo.
Gioacchino a quanto riferisce il Protovangelo, era molto ricco,
ma pio e buono giacché divideva il ricavato dei suoi beni in due parti:
una la donava al popolo, l'altra l'offriva in sacrificio al Signore per
la remissione delle proprie colpe (cfr. Bibliotheca
Sanctorum, vol. VI, pp.466 -740). L'edificio
ha una pianta ottagonale lungo il cui perimetro si elevano le murature
portanti atte a sostenere il tamburo e la volta emisferica. Il pavimento è costituito da
quadrati di graniglia di cemento (Isidoro Conte, Le
tele di Domenico Antonio Carella nella Collegiata di Ceglie Messapica, Manduria
1997, p.45). Si
dice che la chiesa fu realizzata in segno di devota riconoscenza nei
confronti di San Gioacchino che aveva preservato la città dall'epidemia
di colera. Non abbiamo alcuna conferma di quanto sopra, anche in
considerazione del fatto che, in quel tempo, i Santi protettori di
Ceglie contro le epidemie, in genere, erano Sant'Antonio Abate e San
Rocco. A
quanto sono riuscito a rinvenire invece alcune famiglie agiate
del luogo volevano una chiesa nel rione (Moriggini), allora in fase di
forte espansione demografica. Il
Parroco don Domenico Gatti, Arciprete della Chiesa Madre di Ceglie, nel
1871 (a quel tempo le parrocchie erano solo due: Chiesa Madre e San
Rocco), invitò il Vescovo di Oria, S.E. Mons. Luigi Margarita (per più
dettagliate notizie sulla figura e la personalità e sulle controversie
che lo contrapposero agli elementi liberali del clero oritano, rimando a
G. Scatigna Minghetti, Risorgimento in Terra di Brindisi, Liberali e Reazionari, Manduria
1984, p.77 e segg.; Archivio Segreto Vaticano, Archivio della Nunziatura
di Napoli, 107, fasc.103, ff.nn., lettera del vescovo al Nunzio in
Napoli Innocenzo Ferrieri, Oria 23 luglio 1852; P. Elia, Lettera del Vescovo di Oria al Nunzio Apostolico in Napoli, in E'
ancora l'alba, Oria 1999, p.79), per la benedizione della prima
pietra per la costruzione di una nuova chiesa, intitolata a San
Gioacchino, da costruire con somme raccolte con offerte volontarie tra
la popolazione cegliese. Il vescovo fece sapere che mancando il consenso
governativo non poteva aderire alla richiesta. Il
Parroco e i cittadini che lo affiancavano non si persero d'animo ed
inoltrarono istanza per ottenere l'autorizzazione governativa
necessaria. La
Regia Sotto-Prefettura, infatti, del Circondario di Brindisi (non era
ancora Provincia, lo diventerà il 7 gennaio 1927), nel relazionare in
data 13.4.1871, il Prefetto della Provincia d'Otranto con la lettera
n°192, così si esprimeva: "………è
pensiero di pochi proprietari di quel paese, i quali già nel mese di
novembre scorso si rivolsero a quella Amministrazione municipale per
ottenere……..Siccome gli iniziatori sono pochi ed agiati cittadini, e
i principali sono i nominativi Santoro Vito, Maggi Francesco e i
Fratelli Gatti….." (ASLe, Atti Prefettura, a. 1871, Serie II,
Vers. I, b.15, fasc.42). Sotto
la data del 1 giugno 1871, Sua Maestà il Re concesse il Beneplacito
Sovrano per la costruzione della nuova chiesa nel Comune di Ceglie
Messapico (lettera del Ministero di Grazia e Giustizia e de' Culti -
Affari di Culto, n°4394/8111 data a Firenze il 3.6.1871 indirizzata al
Presidente della Corte d'Appello per la Puglia in Trani). Rammento che
Firenze, all'epoca, era la Capitale d'Italia e l'unica Corte d'Appello
per la Puglia era ubicata nella bella città di Trani. A
costruire l'edificio furono in pratica i fratelli Salvatore e Cosimo
Cavallo e anche grazie al contributo volontario di numerosi cittadini. La
Chiesa fu aperta al pubblico nel 1877. Nell'immediato
dopoguerra (1945), per merito del sacerdote don Paolo Lisi, in quella
chiesa fiorì una sezione dell'Azione Cattolica, ed in particolare una
sezione di "scout". La
Chiesa, tra l'altro, nel 1946, ospitò i primi due sacerdoti dell'Opera
don Guanella. Trattavasi di don Mario Merlin, il quale era tanto
affezionato alla nostra città che volle anche morire (si dice, in odore
di santità) a Ceglie e don Severino Pellanda.
Riaperta la chiesa di S.Gioacchino: visita virtuale
Documentazione supplementare
CHIESA
DI S. GIOACCHINO ITER
BUROCRATICO di
Pasquale ELIA
Trascrivo tutto l'iter burocratico intercorso tra i vari Uffici
istituzionali dell'epoca per la costruzione della chiesa in argomento.
Il Ministero di Grazia e Giustizia e de' Culti -
Affari Culto - 3^ Div. 1° Sez. Firenze,
30 marzo 1871 Prot. n° 4394 OGGETTO: Per una nuova Chiesa in Ceglie Messapica
Alla Regia Prefettura di
LECCE
Il Parroco del Comune di Ceglie Messapica ha fatto istanza
all'oggetto che si dia il Beneplacito al Vescovo di Oria per poter
mettere la prima pietra alla nuova Chiesa che sotto il titolo di San
Gioacchino si vuole edificare in quel Comune colle somme raccolte con
offerte volontarie.
E' pregata la S.V. Ill.ma di voler prendere conto di ciò che ha
avuto luogo in ordine alla edificazione della Chiesa di cui si tratta, e
se per avventura sia intervenuta pel tempo passato la occorrente
superiore permissione, riferendone circostanziatamente al Ministero col
suo avviso tanto sul merito quanto sulle provvidenze che per la dimanda
di cui è proposito si riconoscessero convenienti.
Il Ministro
F.to illeggibile
Uffizio del Procuratore Generale presso la Corte
d'Appello delle Puglie in Trani
Trani
11 aprile 1871 Prot. n°435 OGGETTO: Per una nuova Chiesa in Ceglie Messapico
All'Ill.mo Signor Prefetto della Provincia della Terra d'Otranto LECCE
Il Parroco del Comune di Ceglie Messapico ha fatto istanza
all'oggetto che si dia il Beneplacito al Vescovo di Oria per poter
mettere la prima pietra alla nuova Chiesa che sotto il titolo di San
Gioacchino si vuole edificare in quel Comune colle somme raccolte da
offerte volontarie.
Prego la S.V. Ill.ma avere la compiacenza di informarmi circa
quanto abbia avuto luogo in ordine alla edificazione della Chiesa di cui
si tratta, e favorire l'apprezzatissimo suo parere tanto sul merito
quanto sulle provvidenze che per la domanda di cui è proposito si
riconoscessero convenienti.
Nell'anticiparle distinti ringraziamenti……(parola
indecifrabile) alla S.V. Ill.ma i sensi della mia costante stima. Il
Procuratore Generale della Corte d'Appello
F.to R. Santanello Regia
Sotto-Prefettura del Circondario di Brindisi (non era ancora
Provincia)
Brindisi,
13 aprile 1871 Prot n° 192 OGGETTO: Per una nuova Chiesa in Ceglie Messapica
A
S.E. Ill.mo Signor Prefetto della Provincia di Terra d'Otranto
L E C C E
Riscontrando la pregiata nota della S.V. Ill.ma al margine
segnata mi fo a riferirle quanto segue: La Chiesa di San Gioacchino che s'intende edificare
in Ceglie Messapica è pensiero di pochi proprietari di quel paese, i
quali già nel novembre scorso si rivolsero a quella amministrazione
municipale per ottenere …..(parola indecifrabile). Siccome gli
iniziatori sono pochi ed agiati cittadini, e i principale sono i
nominativi Santoro Vito, Maggi Francesco, e i fratelli Gatti. Questi
iniziatori si rivolsero al Vescovo di Oria perché intervenisse a
mettere la prima pietra del nuovo edifizio, ed il Vescovo fece loro
sentire di non poter partecipare senza il previo assentimento del
Governo. Da ciò fu originata la domanda. I muratori dichiarano di
lavorare a titolo gratuito. Questa Sotto-Prefettura non pone alcun
ostacolo alla costruzione della Chiesa.
f.to
illeggibile
Il Ministro di Grazia e Giustizia e de' Culti -
Affari di Culto - 3^ Div. - 1^ Sez.
Firenze, 3 giugno 1871 Prot.n°8111 OGGETTO: Beneplacito Sovrano per l'erezione di una
nuova Chiesa in Ceglie Messapica. Ill.mo
Sig. Prefetto della Provincia di
LECCE S.M.
sulla proposta del Guardasigilli, si è degnata, nell'udienza del 1°
presente mese di concedere il Suo Sovrano Beneplacito per l'erezione di
una nuova Chiesa che sotto il titolo di San Gioacchino
si intende edificare nel Comune di Ceglie Messapico, colle somme
raccolte mediante offerte volontarie.
Si pregia il sottoscritto di partecipare questa Sovrana
determinazione alla S.V. Ill.ma, in risposta alla nota del 17 del
decorso mese n° 1212 per l'opportuna intelligenza, ad uso occorrente da
sua parte.
Il Ministro
F.to illeggibile (ASLe.,
Atti Prefettura di Lecce, a. 1871, serie II - vers I - b.15 - fasc.42) FONDO
EDIFICI DI CULTO a cura di Prefetto Maria Fiorella Scandura Direttore Centrale dell’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto -
Cenni
storici Nel
contesto della formazione dello Stato italiano, alla fine del secolo XIX,
le nuove teorie liberali e la nascente concezione laica dello Stato
portarono alla emanazione prima nel Regno di Sardegna e Piemonte, e poi
nel Regno d’Italia via via costituitosi, di una serie di norme
conosciute nel loro insieme come,
“legislazione eversiva
dell’asse ecclesiastico”. Con tali norme, che soppressero
gli ordini religiosi ed altri enti ecclesiastici incamerandone i beni,
si volle restituire alla libera circolazione nel mercato l’ingente
patrimonio accumulato nel corso del tempo dagli ordini religiosi, che
aveva dato vita al fenomeno della cosiddetta manomorta. Nel
sistema feudale, termine usato con vari significati. Quando questo
istituto fu definitivamente abolito, alla fine del 18° e 19° secolo,
il termine indicò soltanto quei beni che, per il fatto di appartenere a
enti perpetui, in particolare alla Chiesa, erano inalienabili o comunque
sfuggivano alla tassa di trasferimento per causa di morte e si
consideravano stretti nella mano di un morto senza possibilità di
uscirne. A
differenza di quanto avvenne in altri paesi europei in cui lo Stato
incamerò direttamente i beni degli enti soppressi, nel Regno d’Italia
l’enorme patrimonio acquisito fu affidato ad un ente distinto dallo
Stato e dotato di autonomia patrimoniale e gestionale, denominato dal
1866 “Fondo
per il Culto”. In tal modo si volle rispettare il principio
della separazione tra Stato e Chiesa e nel contempo non far gravare sul
bilancio del giovane Regno le spese del mantenimento del clero. Il
Fondo conservò presso di sé la proprietà degli edifici sacri lasciati
aperti al culto (chiesa dei Cappuccini e chiesa di San Domenico) perché
ritenuti necessari alle esigenze spirituali della popolazione, e parte
dei complessi conventuali annessi a tali edifici, da utilizzare per le
esigenze pastorali delle chiese stesse. Le rimanenti porzioni
conventuali vennero o restituite alla pubblica fruizione mediante la
loro cessione in proprietà ai comuni e/o alle province, che si
impegnavano ad utilizzarli per fini di pubblica utilità (uffici
pubblici, scuole, ospizi, ospedali: a Ceglie, Municipio, Pretura,
Caserma Carabinieri, ricovero di mendicità, ospedale, ecc.), ovvero
devoluti al Demanio dello Stato che provvide a venderli mediante aste
pubbliche. Il
Fondo per il Culto, incardinato fino al 1932 nel Ministero di Grazia e
Giustizia e de’Culti e poi, da tale anno nel Ministero dell’Interno,
ebbe essenzialmente il compito di provvedere all’erogazione delle
pensioni ai membri delle corporazioni religiose disciolte, e della
congrua ai parroci. Dovendo provvedere con le sue rendite a soddisfare i
citati compiti istituzionali, il Fondo, per quanto riguarda la gestione
degli edifici di culto rimasti nella sua proprietà, ritenne più
opportuno affidarne l’uso e la gestione ordinaria e straordinaria alle
stesse amministrazioni comunali e/o provinciali cui il Fondo aveva
ceduto, come già detto, la proprietà dei conventi. Tale
situazione, così come sintetizzata rimase immutata fino a quando nel
1985 furono stipulati i nuovi Accordi Concordatari tra lo Stato Italiano
e la Chiesa Cattolica a seguito dei quali fu emanata la legge 20 maggio
1985, n°222, recante nuove disposizioni sugli enti i beni ecclesiastici
in Italia e per il sostentamento del clero cattolico, per effetto della
quale sono venute meno quelle finalità (congrua, sovvenzioni al clero,
ecc.), fino ad allora affidate al Fondo per il Culto. Il nuovo contesto
portò quindi alla soppressione del Fondo per il Culto e diede origine
ad un nuovo ente denominato “Fondo
Edifici di Culto” il quale subentrò in tutti i rapporti
attivi e passivi nel patrimonio dell’estinto Fondo Culto e delle altre
aziende con analoghe finalità, e a cui fu affidato l’esclusivo
compito di provvedere, mediante la gestione del suo patrimonio, alla
conservazione, tutela e valorizzazione degli edifici di culto di
proprietà. Questa la storia del Fondo Edifici di Culto. IL FONDO EDIFICI DI CULTO OGGI
Il Fondo Edifici di Culto oggi è un organo dello Stato con
personalità giuridica, il cui legale rappresentante è il Ministero
dell’Interno, che è coadiuvato da un Consiglio di Amministrazione. Il
Fondo, come già detto, è amministrato dal Ministero dell’Interno per
mezzo di una apposita Direzione Centrale, e degli Uffici Territoriali di
Governo-Prefetture in sede periferica.
Il Fondo ha un proprio bilancio, distinto da quello del Ministero
dell’Interno di cui costituisce un allegato, composto di voci di
entrata e di uscita.
Il patrimonio del Fondo Edifici di Culto è costituito da beni di
varia natura, ma principalmente, come si intuisce dalla stessa
denominazione del Fondo, da edifici sacri, di cui il F.E.C., per dettato
normativo, deve curare la conservazione, tutela e valorizzazione, e dai
beni mobili in esse contenuti i quali a loro volta sono in gran parte
opere d’arte di incommensurabile valore artistico. (tratto da: Guida ai servizi del Comune di Monza)
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