|
Dossier |
||
Dall'archivio de "l'idea" Sommario:
Il castello ducale: non lasciamolo indifeso l’idea, agosto 2000
Castello, rocca, mastio, torre, dongione ….sono tutti nomi che evocano forza, sicurezza, difesa. Questa solidità, questa protezione per la costruzione fortificata non è solo simbolica, perché nei secoli ha costituito l'ultimo baluardo per la popolazione durante le innumerevoli guerre contro gli invasori e le armate nemiche. Il Castello e il suo giardino rappresentano oggi la possente memoria di notevoli pagine della storia cegliese. Storia di battaglie, di intrighi, di prigioni, di esili, di tornei, di amori, di feste, di incontri artistici … Esso rappresenta un patrimonio architettonico di inestimabile valore non riproducibile. Eppure, è in uno stato di pietoso abbandono, per i duri colpi infertigli; depredato dei suoi tesori d'arte, di memorie, del suo archivio, fonte primaria per la conoscenza della vicissitudini storiche e sociali della Città. Bisogna amichevolmente assediarlo, combattere sino in fondo una battaglia di civiltà contro quei proprietari insensibili al richiamo che proviene da parte di studiosi e di semplici cittadini e forestieri che spiano, dall'orribile cancello in ferro, un bene che appartiene a tutti, che, come recita l'art.106 del nuovo Testo Unico approvato dal Consiglio dei Ministri il 22.10.1999: "deve essere consentita la visita, previo accordo con il proprietario, agli studiosi….." Bisogna subito fare qualcosa! Aiutateci a rompere la cappa dell'indiferrenza e a difendere il simbolo storico-artistico della nostra città. ________________________________________ Il
grande bluff: il castello dei desideri l’idea,
gennaio 1999 Da
decenni il castello di Ceglie attende un recupero e una valorizzazione
degni della sua storia. Ma il simbolo della città, come si sa, è
proprietà privata di una famiglia che ha comunque dimostrato interesse
ad una partecipazione pubblica del maniero. Per la verità è dal 1929
che si parla di “privatizzazione”, eventualità accarezzata dalle
varie amministrazioni succedute negli anni. Anche il sindaco Mita non si
è sottratto al fascino di un monumento che, senza interventi di
risanamento, è destinato prima o poi a sfarinarsi sotto il peso degli
anni: vistosi segnali di degrado sono da tempo visibili all’interno,
la volta della sala che una volta ospitava la galleria “Emilio
Notte” è completamente crollata, l’accesso alla torre è ormai
impresa da Indiana Jones. L’amministrazione
ha avviato una trattativa con i Verusio, la famiglia proprietaria, ma
finora non è riuscita che ad acquistare delle depandance perimetrali o
addirittura estranee al complesso architettonico del castello, usato
oramai solo come simbolo di Erode nelle luminarie natalizie: operazione
immobiliare che però ha consentito all’amministrazione un ritorno di
immagine spendibile in campagna elettorale. C’è tuttavia da
sottolineare che la soluzione del problema non è affatto facile: oltre
all’alto costo di acquisizione bisogna fare i conti con le quote
condivise dei legittimi proprietari i quali, almeno in parte, avrebbero
ipotizzato la formula del comodato d’uso, un escamotage che tradotto
vuol dire: il Comune acquista - o meglio affitta - un’area del
castello, la risistema, ne fa gli uso più appropriati ma dopo dieci
anni tutto ritorna, o dovrebbe ritornare, all’antico possessore. Una
formula che non troverebbe d’accordo la cittadinanza che così
vedrebbe solo rinviata l’eventuale acquisizione del castello,
soluzione già liquidata dall’opposizione come demagogica. E’
un amore antico e sviscerato quello che lega i cegliesi al complesso
medioevale dell’acropoli messapica, la dimostrazione è venuta proprio
una sera dello scorso agosto quando in migliaia si sono affollati per
visitare il giardino, aperto al pubblico per poche ore grazie ad
un’intesa tra Comune e un ramo della famiglia Verusio, esperienza che
va sicuramente ripetuta ed estesa, sollecitazione di amore che dimostra
ancora una volta l’affetto e l’interesse della città per la sua
storia e le sue bellezze trascurate.
_______________________________________ Off
limits l’archivio del
Castello
I
ricercatori lamentano l’inaccessibilità al “tesoro” storico
l’idea,
ottobre 1995 di
Gaetano Scatigna Minghetti
Ceglie
Messapica, in questi ultimi anni, sta conoscendo una fioritura di studi
davvero notevole: soprattutto nell’area della ricerca storica che
annovera come antesignano l’avv. Giuseppe Magno, il quale è stato in
grado, con il proprio disinteressato esempio, di far attecchire
in Ceglie il germe dell’amore per l’indagine delle radici
della città in una schiera di studiosi che, a costo di sacrifici
personali, vanno discoprendo seppure con limiti di varia natura, il
passato di questo comune del sud che ha visto solo nel ‘700, dietro la
decisa spinta culturale dei Frati Domenicani, che nella casa di Ceglie
avevano coltivato una facoltà di Teologia, una altrettanto
significativa stagione di studi che possedeva come sedi elettive
il castello dei duchi Sisto Y Britto e i salotti delle famiglie
magnatizie. Ma, per quanto questi autori si affannino nelle ricerche e
nella pubblicazione a stampa dei risultati, la loro fatica sarà sempre
inane, la storia di Ceglie Messapica registrerà sempre un vuoto, uno
iato che getterà perennemente un alone d’ombra sull’itinerario di
civiltà percorso dalla comunità cegliese durante i millenni della sua
presenza. La lacuna, enorme, è dovuta alla assoluta impossibilità di
consultare, sia pure “per transennam”, l’archivio del castello
ducale, la cui vicenda storica, architettonica, artistica, araldica, è
corsa in parallelo, scandendola, all’incirca dall’anno mille, con
gli accadimenti del centro urbano che gli si affanna d’intorno. Reiterate
sono state le richieste, all’attuale proprietario dell’archivio, da
parte degli studiosi - di chi scrive, tra questi - per poter accedere
alla documentazione sedimentatasi durante la vita quasi millenaria del
maniero. Le risposte sono sempre risultate elusive e l’accesso
studiatamente procrastinato nel tempo fino a quando la perseveranza dei richiedenti non
è venuta meno di fronte alla gelosa renitenza di una persona che,
altrimenti, avrebbe dovuto, “sua sponte”, avvertendo la cosa come un
preciso dovere morale, porre a disposizione degli studiosi, giustamente
cautelandosi contro indebite depredazioni della preziosa documentazione,
un patrimonio tanto
essenziale per la conoscenza della vita storico-sociale della comunità
che nel castello e nella sua orbita ha operato lungo il corso dei
secoli. Ma, così non è. A questo punto, viene spontaneo un paragone
con i Caracciolo-De Sangro, discendenti degli antichi duchi di Martina
Franca che, liberalmente, hanno donato alla comunità martinese
l’imponente documentazione attestante gli eventi verificatisi nella
vicina città dello sfarzoso barocco; documentazione che, ora, viene
conservata nella locale Biblioteca Comunale, a disposizione degli
studiosi. A Ceglie, nulla di tutto ciò. Anzi, allo stato delle cose, si
ignora perfino se l’archivio sia ancora conservato nel castello oppure
di già trasferito a Napoli, abituale residenza del proprietario. Se
questo si fosse verificato, sarebbe un atto grave nei confronti di una
comunità che non può più sopportare il proditorio depauperamento del
proprio patrimonio storico, sociale, culturale. Anche perché, per
quello che si sa, l’archivio non è mai stato vincolato dalla
competente Soprintendenza archivistica; il che avrebbe rappresentato,
pur sempre, una remora contro il cocciuto diniego e la determinata
spoliazione. A questo punto, sarebbe ora che l’intera Amministrazione
comunale si facesse carico di intervenire, con ferma risolutezza e
misurata urgenza, perché un patrimonio di così rilevante importanza
sia posto finalmente a disposizione della comunità cui esso appartiene
perché si possa procedere ad un puntuale inventario e ad una meticolosa
rilevazione dei documenti esistenti perché Ceglie possa pienamente
contare, in un futuro recente, su quei beni che, moralmente le spettano..
___________________________________
Il
Castello? Affare di famiglia
Nel
silenzio cade a pezzi il simbolo della città
l’idea,
settembre 1995 di
Gaetano Scatigna Minghetti
“Ceglie
Messapica, città d’arte”: un’intuizione felice dovuta, per quel
che mi risulta, all’assessore alla cultura Uccio Biondi che tanto si
va prodigando, anche con sacrifici fisici personali, per imprimere un
carattere diverso alla fisionomia di questa città, che merita di gran
lunga molto di più dell’attenzione distratta se non ostile
che i media le riservano. Un’intuizione che rischia però di
rimanere solamente a livello di enunciazione e di morire sul nascere, se
la situazione del centro storico, delle chiese, delle grotte, della
pinacoteca, del teatro comunale, del castello rimarrà com’è oggi:
insoluta. Il
castello: si prenda il castello. Esiste già dall’XI secolo come
postazione militare, si è via via sviluppato lungo il corso dei secoli
sino ad assumere le dimensioni e le connotazioni architettoniche attuali
ad opera della numerosa famiglia che l’hanno posseduto. E’ uno dei
manieri più vasti dell’Italia Meridionale, una delle più superbe
dimore storiche che possa vantare la Puglia, ma, al tempo stesso uno dei
complessi meno conosciuti ed uno dei più degradati. Nessun ente, mai,
dei tanti che pullulano in Italia, avente come scopo la salvaguardia e
la conservazione del patrimonio storico-artistico della nazione, è mai
intervenuto per frenare in qualche modo la rovina che incombe sulla
esistenza millenaria della struttura. Se a ciò si aggiunge la
disattenzione degli eredi Verusio, proprietari dell’immobile dal 1862,
si comprende lo stato di degrado in cui versa, aggravato dal crollo,
agli inizi del ’92, del tetto del cosiddetto salone condominiale
e del relativo plafone ligneo sul quale era dipinta l’arma dei
duchi Sisto Y Britto, ecco che il quadro si rivela completo. Solo il
Comune, negli anni passati, paventando la caduta del màstio, intervenne
spendendo circa un miliardo per realizzare l’imbracatura della torre
con cravatte metalliche che hanno avuto come conseguenza lo sfondamento
dei tetti - mai ripristinati - di alcuni ambienti, per sistemarvi la
complessa impalcatura necessaria ai lavori di restauro. Gli esiti
estetici ottenuti risultano davvero aberranti, esaltati maggiormente dai
riverberi dell’illuminazione artistica installata sempre a cura del Comune. Ora, a fronte della enorme spesa
che tutti noi cittadini abbiamo dovuto sopportare - è bene rimarcarlo -
per evitare un enorme disastro, il castello di Ceglie rimane tabù per
tutti: per la popolazione, per gli studiosi, per i turisti. Non è
visitabile nemmeno il cortile che pure conserva tracce della nostra
storia e della nostra cultura. La morbosa gelosia di alcuni proprietari
impedisce agli ignari visitatori anche la più innocente curiosità per
le testimonianze del passato di Ceglie. A questo punto, è tempo che
l’amministrazione comunale intervenga seriamente per sbloccare la
situazione. E’ tempo che si facciano ai proprietari delle proposte
intelligenti ed interlocutorie per far capire loro che non possono
sottrarsi ulteriormente ad un dovere storico e morale nei confronti
della cittadinanza. E’ tempo ancora che venga offerto alla fruizione
di tutti, nel rispetto, ovviamente, dei diritti costituzionali della
proprietà privata, un bene artistico ed architettonico unico nel suo
genere, senza dover sottrarre ancora alla capricciosa libido di pochi
nei confronti dei più. Solo a questo punto si potrà cominciare a
parlare correttamente di Ceglie come città d’arte: non soltanto come
auspicio da realizzare in un futuro più o meno prossimo ma come realtà
già operante sin da adesso. ___________________________________________ E'
dal 1929 che si parla di acquisirlo. Spiragli in vista? Vendesi
castello senza giardino l’idea,
giugno 1995 (l.d.)
Il 15 settembre 1992 scrivevo sulla “Gazzetta” del degrado in
cui versava il Castello. Non era quella la prima volta che si cercava di
richiamare l’attenzione su di un monumento che ha rappresentato un
importante pezzo della storia cegliese. In quella circostanza veniva
segnalato il crollo del soffitto in legno che copriva le capriate del
salone. Eppure mai che si sia posto il problema in maniera seria. Il
tutto non può che partire da un fatto essenziale, l’acquisizione del
castello che tra le altre cose era stato importante postazione militare
nell’anno Mille, prima di diventare sede baronale e poi essere
venduto alla Curia Arcivescovile di Brindisi. Il dominio della chiesa
sul castello durò qualcosa come sessant’anni fino a quando venne
ceduto ai Sanseverino. Attualmente
il Castello è di proprietà dei Verusio e da diversi anni è
praticamente disabitato. Si tratta di un vero gioiello tanto da essere
sotto il vincolo della Sovrintendenza. Di problemi questo monumento ne
ha avuti fin troppi. Nel 1988, tanto per dirne una, vennero completati i
lavori della torre quadrata, recuperata mediante una sorta di
imbracatura che ne ha così evitato il crollo. Tutti lavori fatti
eseguire dal Comune.In quella occasione furono in tanti a parlare
(e sperare!) che questo coincidesse con l’avvio della pratica di
acquisizione. Tentativi per la verità ve ne furono, però nessuno
con-cretizzato. Ora che uno degli obiettivi principali del neo eletto
sindaco Mita è quello di fare di Ceglie la “Città dell’Arte”
questo proposito potrà realizzarsi? Vedremo. Quello
dell'acquisizio-ne del Castello è un problema non nuovo per le civiche
amministrazioni. Già nel 1929 (come ci fa sapere Michele Ciracì,
autore di scritti di ottimo pregio storico) l’allora podestà Gioia
propose l’acquisizione con l’apertura dell’immenso giardino
all’intera popolazione mediante l’abbattimento delle poche case che
tuttora affacciano su Corso Garibaldi. Tale proposta non venne presa in
considerazione. Si ritorna a parlare di acquisire il Castello nel 1950
con il Comune che offriva 70 milioni. Anche questo tentativo non ebbe
successo in quanto i proprietari non intendevano cedere il giardino. Passano
altri 23 anni e nel 1983 Michele Ciracì, allora consigliere comunale
formula una interrogazione con la quale chiedeva l’applicazione della
Legge 1089 del 1939, vincolando il Castello. Vincolo che la
Sovrintendenza decretava nel 1987 quando ci furono gli interventi di
imbracatura della pericolante torre quadrata. Il
Castello va recuperato e ridato all'antico splendore. Se così non
avverrà il degrado continuerà nell’indifferenza più assoluta, a
meno che non si faccia avanti qualche magnate americano che proponga di
acquistarlo, smontarlo e riedificarlo oltre Oceano. Anche questa è una
sfida alla quale siamo tutti chiamati per rendere realizzabile
l’ottimo proponimento di fare della nostra Ceglie la “Città
dell’Arte”.
|