Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Un tempio dedicato a Minerva o a Venere?

di Pasquale Elia 

            

       

   Alcuni studiosi di storia locale affermano che, nell’antichità, i Messapi cegliesi adorassero la dea Minerva e che sulla collina di Ceglie sorgesse un tempio dedicato proprio a quella dea, perché tra tutte le città della dodecapoli solo in essa si praticava il culto di Minerva (G.Magno, La storia di Ceglie Messapica, Fasano di Puglia, 1982, p.33; edizione 1992, p.37). Perché proprio quella dea? Forse perché l’origine ellenica avrebbe dato più lustro alla nostra città ?

            A quanto mi risulta, il popolo messapico, a parere dei più accreditati storici, adorava un dio di nome Menzana (G. Semerano, Le origini della cultura europea, Firenze 1984), ma quello era di tradizione montenegrino-albanese.

            Ma vi è di più: lo stesso Virgilio – continua Giuseppe Magno – nei versi 530-531, afferma ancora che dopo la vista del porto ed il successivo approdo, apparve nel retroterra su di un colle il tempio di Minerva…………lascia ben supporre che il punto d’approdo sarà stato il porto di Carbinia, in auge allora, mentre la sommità dove sorgeva il tempio di Minerva doveva essere proprio la collina di Ceglie (G. Magno, cit. ).

            Credere, meglio far credere, che dal mare aperto o da un eventuale porto situato sul litorale adriatico che corre tra l’odierna Torre Guaceto, Punta Penna Grossa e Torre Egnazia si potesse, a quel tempo, o si possa ai nostri giorni, intravedere la collina di Ceglie, è davvero, una enorme assurdità.

            Se Virgilio avesse davvero fatto scalo nel porto di Carovigno e avesse potuto vedere un tempio su di un colle, quell’altura non potrebbe essere altra che il sito di Carovigno.

Da quella rada (livello del mare), alla motagnola di Ceglie (m.303) si frappone, a circa 4 Km., il poggio di Carovigno (m.172) e, a circa 6 Km., il Monte Casarone (m.191), Ceglie, pertanto, era completamente celata alla vista dell’illustre visitatore; se, poi, il Poeta fosse sbarcato nell’odierno porto di Villanova non avrebbe altrettanto potuto intravedere Ceglie perché la stessa viene occultata dal dosso di Ostuni (m.224) distante dal mare circa 4 Km., e dal Monte Caruso (m.218).

Se volessimo, infine, considerare quale punto di approdo l’insenatura di Egnazia, Virgilio non avrebbe potuto vedere la nostra città perché la stessa viene coperta dai Monti della Badessa (m.273) e, dalla collina dell’odierna Cisternino (m.393).

In un solo caso il nostro poeta avrebbe potuto vedere Ceglie (Monte Vicoli od eventualmente la quota dove ora sorge l’Ospedale cittadino), se la sua nave avesse gettata l’àncora in un  porto posto a Nord di Brindisi tra il capoluogo stesso e Torre Rossa.

A quella distanza però (oltre 35 Km., in linea d’aria), il tempio per essere visibile, doveva avere delle dimensioni ciclopiche, alcuni chilometri di lato tanto per intenderci, ed in ogni caso perfetta visibilità. Una costruzione con quelle caratteristiche grandiose avrebbe lasciato certamente un segno tangibile della sua esistenza. In realtà in tutto il territorio metropolitano non esiste nemmeno una pietruzza che possa far pensare alla presenza di un edificio così maestoso.

Le iscrizioni messapiche del tempio di Venere, conservate nel Museo di Brindisi (G.Magno, cit. p.35 edizione successiva p. 39; Il Museo Archeologico di Brindisi con lettera n° 230/Museo datata 23.6.1999 afferma che “….non risultano custoditi materiali rinvenuti a Ceglie Messapica), non ci dimostra l’esistenza di un tempio, piccolo o grande che fosse.

“Nessun dato certo di riferimento topografico permette, invece, di ubicare un luogo di culto a Montevicoli, da cui provengono numerose iscrizioni messapiche (A. Cocchiaro, Messapica Ceglie, Ceglie Messapica 1998, pp.29-30).

L’affermazione di cui sopra taglia la testa al toro e non lascia alcun dubbio di sorta.

 

                          

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