Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Sul colle il presunto tempio messapico

di Pasquale Elia 

            La collina di Ceglie e il prospetto della chiesa di S.Rocco

        Alcuni storici cegliesi affermano che sulla collina ove ora sorge la chiesa intitolata al nostro San Rocco, un tempo si trovava un tempio dedicato al dio Apollo (P. Locorotondo, Ceglie Messapica, Cisternino  1963, pp. 44-45).

            L’antico edificio – scrive il Locorotondo – consegnato ai Cristiani in esecuzione dell’editto del 313, fu in seguito dedicato a San Rocco……Sino a quando il tempio non fu distrutto, si potevano notare dipinti della sorpassata religione e rappresentanti grappoli d’uva appesi a gigantesche viti (P. Magno, Chiese e conventi cegliesi, in La Storia di Ceglie Messapica, Fasano di Puglia 1992, p. 324).

Potrà anche essere vero quanto scrive l’amico Paolo, personalmente non condivido proprio per niente, ma la simbologia citata non ha nulla a che vedere con il tempio pagano, anzi, deve intendersi proprio il contrario.

            Quel Tempio dedicato al nostro Santo Patrono fu probabilmente costruito tra il 1580 e il 1595. Questa affermazione deriva dal fatto che nella visita pastorale di Mons. Figueroa (1572) non si riscontra alcuna notizia (Don Gianfranco Gallone, in La Chiesa e la devozione di San Rocco a Ceglie prima del ‘900, in E’ ancora l’alba, Oria 1999, p.53), ovverosia in quel sito non esisteva alcun tempio.

            Il Locorotondo nel suo lavoro afferma, invece, che l’antico edificio consegnato ai Cristiani …..fu in seguito dedicato a San Rocco…

Nelle chiese cattoliche di tutto il mondo, infatti, la simbologia più frequente è la croce, l’agnello, il tralcio di vite, il grappolo d’uva, la spiga di grano. E quei simboli non derivano certamente da preesistenti edifici di culto pagano già esistenti in loco.

            La croce è il simbolo del massimo sacrificio, l’agnello è il sacrificio.

L’immagine della vigna viene usata dalla Bibbia in molti modi e con diversi significati: in particolare, essa serve a esprimere il mistero del popolo di Dio. In questa prospettiva più interiore i fedeli laici non sono semplicemente gli operai che lavorano la vigna, ma sono parte della vigna stessa, Cristo aveva detto: “Io sono la vite voi siete i tralci, chi rimane con me vivrà in eterno (Gv.15,5).

 Gesù riprende il simbolo della vigna : “Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio,costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli, e se ne andò lontano” (Mc 12,1; Mt 21,28). Per l’evangelista Giovanni, la vigna è il simbolo e la figura non solo del popolo di Dio, ma di Gesù stesso. Egli è il ceppo e noi, i discepoli, siamo i tralci, Egli è la vera vite, nella quale sono vitalmente inseriti i tralci (Gv. 15,1).

Il Concilio Vaticano II, ripropone l’immagine della vite e dei tralci: “ Cristo è la vera vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della chiesa rimaniamo in Lui, e senza di Lui nulla possiamo fare (Gv.15,1).

            In termini di simbolismo religioso, pochi vegetali riescono a competere con il frumento o se vogliamo ancora con la “spiga di grano”.

            Dall’antichità ai nostri giorni l’uomo ha attribuito al frumento (Triticum aestivum, graminacea originaria dell’Asia la cui coltivazione ha avuto inizio tra i sei e i cinquemila anni Avanti Cristo) una enorme importanza: dalla sua coltivazione è dipesa l’economia agricola ed alimentare di numerosi popoli. Di pari passo si è sempre più affermata anche la simbologia legata alla spiga di grano dorata che l’ha voluta prima simbolo di Fertilità della terra.

Che il frumento sia stato sempre il simbolo di Abbondanza lo testimonia tra l’altro il fatto che ancora adesso, nel gergo popolare, è considerato sinonimo di denaro. Numerose sono pure le citazioni nelle Sacre Scritture e le ispirazioni che la pianticella di grano fornì anche al Cristo stesso. Basti pensare a due parabole su tutte che certamente non potranno non essere ricordate: la parabola del Seminatore (Matteo, 4.1-20) e la parabola della semina del grano e della zizzania (Matteo, 13,24-30).

            Il più delle volte i simboli non sono solamente immagini, ma spesso incorporano in loro stessi la realtà simboleggiata: infatti nella predizione della sua prossima morte e resurrezione il Signore esclamò: “In verità in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore produce frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” (Giovanni, 12, 24-25).

            L’intero ciclo della vita del grano è impregnato di simbolismo mistico al punto che anche un suo “derivato”, quale è il pane, ne risulta totalmente intriso: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano…….Quel pane che è pane di vita “Io sono il pane della vita: chi viene a me non avrà più fame………Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Giovanni, 6,26,58). Parole misteriose che riveleranno il loro significato, non simbolico, nell’Ultima Cena “Poi, preso un pane, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi;…. poi, il calice con il vino…questo è il mio sangue versato per tutti……,  fate questo in memoria di me” (Luca, 22,19).

            Il pane, derivato del frumento e il vino, derivato del grappolo d’uva, sono gli ingredienti indispensabili per la celebrazione del Sacramento dell’Eucaristia.

 

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