Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Ceglie nel Principato di Taranto

di Pasquale Elia 

            

        Nel 1060 Roberto il Guiscardo si impadroniva della Città di Taranto, ma nell’ottobre dello stesso anno ne era ricacciato dai Bizantini (Chronicon breve Northmannicum, in L.A. Muratori, R.I.S., V, Milano 1724, p.278).Carta topografica del Salento - XVII secolo

            Al Conte Goffredo, morto nel 1072, successe, quale tutore del nipote Riccardo, il fratello Pietro II, resosi protagonista (nel 1072-73 e 1078-80) di due ribellioni contro Roberto il Guiscardo. Questi sottoponeva al suo dominio la città di Taranto riconquistata nel 1080.

Dopo la sua morte (1085) e la conclusione dei contrasti fra i figli di lui Ruggero Borsa e Boemondo, a quest’ultimo nel 1086 erano ceduti, con Taranto i territori della contea di Conversano e tutto il Salento, tranne Lecce e Ostuni (F.Posria-M.Scionti, La Città nella storia d’Italia, Taranto, Roma-Bari, 1989, p.34).

Queste due città (Lecce e Ostuni) ed il loro territorio appartenevano, nel 1100, ……..gratie Dei Onnipotentis Dnus Civitatis Ostunei…., ad Accardo, della famiglia reale normanna degli Altavilla (P.Elia, Ceglie Messapica, la Storia, Latiano 2000, p.31); liciensis et hostunensis dominator (E. Cuozzo, Fonti per la Storia d’Italia, Catalogus Baronum, Commentario, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Roma 1984, p.20, n° 58, p.39 n°135, p.58 n° 226, p.170 n°627, p.450; G.B. Prignano, Historia delle famiglie di Salerno normanne, Roma, Biblioteca Angelica, cod. 276, f.59v; Michela Pastore, Le pergamene di San Giovanni Evangelista in Lecce (1133-1496), Centro di Studi Salentini, Carta geografica del Salento (XVII secolo)Monumenti: I, Lecce 1970, perg.1).

Il territorium della città di Taranto si estendeva per una vasta area che comprendeva a partire da oriente, Maruggio, San Pietro in Bevagna, San Marzano, Grottaglie, Ceglie, Martina, Monopoli, Locorotondo….. (F.Porsia-M.Scionti, cit. p.50).

            Su di esso si esercitava la subgabella del pascolo (subcabella affidature seu herbagii). Nel territorio della città compaiono 28 Terre e Casali (F.Porsia-M.Scionti, cit. p.50).

            Il feudo di Ceglie, a quei tempi inglobato nel Principato di Taranto, risulta appartenere ad un certo Sire Paganus. A causa della mancanza di documentazione è difficile stabilire chi fosse quel Sire Paganus, certamente, per come viene rispettato da Accardo padrone di Ostuni, un signore, a mio parere, di rango elevato.

            Nella diatriba sorta tra Accardo e Sire Paganus, filius Dni de Castillo Cilii – l’ostunese così dice…..ad nos venit in Ostuneo….…...sic ad nos venire feci…….il notaio Giorgio Leone, cum catulis nostris, i vicini Maggio de Turi, Giovanni de Monaco, Giovanni de Santo, Rocco Sirone, ..…..cum ipso sire Pagano et suis hominibus……………coram presentia bonorum hominum testium subscriptorum…….ambularent omnes fines usque ad terras Monopoli set postea reverterunt ante nos….(ASBr, Notaio Tommaso Lamarina depositario degli atti del notaio Francesco Paolo Lamarina. Documento scritto in latino; il Prof. Damiano Mevoli, Docente di Storia e Letteratura Latina presso l’Università degli Studi di Lecce, ne ha curato, cortesemente, la traduzione).

            Da questo atto ricaviamo che il territorio di Ceglie e fin verso le terre di Monopoli rappresentava il confine tra l’allora Principato di Taranto e il territorio della città di  Ostuni.  Come è facilmente intuibile la città di Fasano non esisteva all’epoca.

            I buoni uomini (..presentia bonorum hominum…) di cui sopra altro non sarebbero che gli Amministratori comunali del tempo (cfr. F. Ughelli, Italia Sacra, vol. VII, p.196. Circa i boni homines e la nascita dei Comuni, cfr. G. Pochettino, I Longobardi nell’Italia meridionale 570-1080, Caserta 1930, pp.369-374; V. Falasca, Grumentum Saponaria, Grumento Nova, Storia di una comunità dell’Alta Val d’Agri, Potenza 1997, p.107).

            Interessante è anche l’elenco delle proprietà extraurbane della Curia del Principe (tra cui tenimenta, cioè tenute), concesse a censo o in feudo o in altra forma a enti religiosi o a privati. Tra queste tenimenta dovrebbe trovarsi, tra l’altro, la nostra Ceglie. Come al solito, purtroppo, la documentazione riguardante la nostra città è inesistente. Gli archivi comunali, si dice, bruciati a causa di un incendio, quelli degli enti religiosi non sappiamo che fine abbiano potuto  fare (forse anche quelli bruciati).  

            Con Bolla Pontificia, datata Velletri 4 gennaio 1182, il Papa Lucio III, concede, a favore di Pietro da Guinardo, Arcivescovo di Brindisi e Oria, …….l’uso del Pallio alla Villa di Ceglie e non all’Abbazia di Sant’Anna di Ceglie….. (Biblioteca Capitolare del Duomo di Brindisi  “A. De Leo”,Catalogo dall’anno 1033 al 1957, a cura di R.Jurlaro, Bari 2 novembre 1958, perg. n° V, Codice Diplomatico Brindisino, p.40, n°21; Enciclopedia dell’ecclesiastico, Tomo IV, Napoli 1845, p. 886; G Maddalena, I Templari, frammenti di storia, Mostra Storico Documentaria, Presenza Templare a Brindisi, Brindisi 1990, p.14).

           Da questa Bolla dobbiamo ipotizzare che la Villa di Ceglie era stata ceduta, durante il periodo normanno, in feudo o in censo o in altra forma alla Curia brindisina, meglio ancora credo alla Curia oritana, perché Ceglie apparteneva, per territorio, alla diocesi di Oria (le diocesi conservarono la ripartizione dei municipi romani). In quel tempo le due diocesi erano sotto un unico Pastore con sede in Brindisi. Fu, infatti, Papa Gregorio XIV con Bolla del 10 maggio 1591 a separare le due Cattedre e ordinò che Brindisi e Oria avessero ognuna il proprio vescovo (cfr. don G. Gallone, La Chiesa e la devozione di San Rocco a Ceglie prima del ‘900, in E’ ancora l’alba, a cura di E. Turrisi, Oria 1999, p.51, nota n°5). Nella realtà poi il vescovo arrivò nella sede di Oria soltanto nel 1596, nella persona di Mons. Vincenzo del Tufo (1596-1600).

            Caduta la dinastia normanna sotto i colpi svevi, Ceglie fu concessa, nel 1226, in feudo a Gervasio De Persona e da questi al figlio Glicerio. Costoro erano nativi di Mottola (TA), meglio conosciuti come De Matina, dal feudo principale di quella famiglia (Matino in prov. di Lecce).

            I De Matina, erano molto legati alla Casa Sveva. In occasione della discesa di Corradino di Svevia in Italia, parteggiarono per questi contro Carlo I d’Angiò. Gervasio fu dichiarato traditore, rinchiuso in carcere insieme alla moglie Pellegrina, e condannato all’impiccagione. Costui è ricordato nella “Cedula taxationis Jiustitiaratus Terre Ydronti” del 1276……..(A.Barone, La Cedola per l’imposta ordinata da Re Carlo I d’Angiò nel 1276, Società Filomatica, Napoli 1926, p.136; E. Cuozzo, cit. p.54, n°209).

            Il figlio Glicerio aveva ricevuto da Carlo I d’Angiò una forte somma di denaro ed una compagnia di militi per andare a Morea al servizio del principe d’Acaja. Anche Glicerio parteggiò per Corradino.

            Caduto l’ultimo degli Svevi, Carlo I ordinò la cattura di Glicerio. Nel frattempo, costui si era dato alla latitanza e viveva alla macchia nelle campagne nei dintorni di Otranto, ma fu catturato e condotto in carcere nel castello di Brindisi insieme ai figli, Gervasio, Giovanni e Perello. Subì il patibolo. La moglie Riccarda, invece, con le figlie Sibilla, Smirilla, Peregrina e Rogerella furono affidate al Sindaco di Brindisi  (F.Casotti-S.Castromediano-L.De Simone-L.Maggiulli, Dizionario Biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, Martina Franca 1999, p.159; C.Minieri Riccio, Documenti di Carlo I d’Angiò; ASNa, Documento Angioino, Registro 1269, b.4, fg.39; P. Elia, Ceglie Messapica, la Storia, 2^ edizione, pubblicato su sito internet www.ideanews.it, p.44).

            Dopo la battaglia di Tagliacozzo (1268), e la sconfitta di Corradino, i feudi e le proprietà dei membri del partito svevo furono assegnati ai cavalieri francesi fedeli al sovrano angioino.

 

            Carlo I dona ad Anselino (Ezzelino) de Toucy (de Tuzziaco), suo consanguineo, la città di Motola, le Terre di Ceglie de Gualdo e di Soleto ed il Casale di San Petro in Galatina, confiscati al ribelle Glicerio De Matina. Da Foggia, 28 gennaio, XII ind., reg.4, fg.3,t (I Registri della Cancelleria Angioina, Napoli 1950, vol. I, p.260). La XII indizione corrisponde all’anno 1254.

            Ezzelino de Tuzziaco, sposò Lucia, principessa di Antiocchia, dalla cui unione nacque Filippo, il quale sposò Eleonora, figlia di Carlo I d’Angiò e di Beatrice di Provenza.

            Filippo ricevette, nel 1270, la contea di Nardò, nel 1271, il feudo dell’Acaya e, nel 1272, quello di Giurdignano.

            A seguito del matrimonio con Eleonora, Filippo divenne, dunque, genero di Carlo I d’Angiò. Egli, nei documenti, viene indicato infatti, ….Nobili Philippo de Tucziaco regni Sicilie ammirato consanguineo consiliario familiari…..(A.Broccoli, Notamentum ex registro Regis Caroli Primi. A.1271, litera A. provisiones sequentes diriguntur Justitiario Terre Idronti in Archivio Storico Campano, Caserta 1899, vol. I, p.35).

            Dal matrimonio di Filippo con Eleonora, nacquero Nardone o Narzone ed Ezzelino II.            Alla morte di Filippo, gli successe Nardone, ….Mentio Narzonis de Tucziaco mil., consanguinei et fam., f. Philippi, Regni Amirati qui succedit in Motula, Cilia (la nostra Ceglie), Soleto, Sancto Petro in Galatina, que bona fuerunt Elegisii de Matino proditoris nostri (A. Broccoli, I Registri della Cancelleria Angioina, Napoli 1967, vol. XIV, p.230, Atto n° 388, reg.27, fg.135).

            Nardone non ebbe figli e pertanto alla sua morte gli successe il fratello Ezzelino II, il quale morì, nel 1273, anch’egli senza aver avuto figli.

            I parenti più prossimi non vollero venire dalla Francia a rilevare l’eredità e, pertanto, tutti i beni, tra cui anche le Terre di Ceglie, furono devoluti alla Regia Corte che in quello stesso anno, 1273,  le concesse a Giovanni Pipino.

Un Giacomo Pipino nacque a Brindisi e fu medico personale di Carlo II d’Angiò (AA.VV. Dizionario Biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, Martina Franca 1999, p.434).

Un Giovanni Pipino, conte di Altamura e di Minervino, ottenne dalla Regina Sancia anche i possedimenti di Potenza, poi, perduti perché si rese colpevole di tradimento nei confronti del re Roberto (G. Galasso, Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli, Azzate 1972, p.105; idem, Storia d’Italia, Il Regno di Napoli, Il Mezzogiorno Angioino e Aragonese (1266-1494), Torino 1992, vol. XV, tomo I, p.875).

Nel 1292, Carlo II d’Angiò, nominò suo figlio Filippo, Principe di Taranto: Rex Carolus creat Philippum suum filium Carissimum Principem Tarentinum concessione infrascriptarum Terrarum et Civitatum videlicet Oria, Matera cum Casalibus, Laterza, Gallipolum, Castellanetam, Massafra, Ganusium, Mottula et Gioia, Palum in Terra Bari, Quarata, Canosa, Spinazzola, Orta et S. Quirico (Biblioteca Nazionale Braidense Milano, ex Registro 1292, lit. B, vol. IV, p.6; ex Registro 1390, lit. A, vol. VII, p.189; Regis Ladislai, nell’ex Arca H, vol. XI, anno 1421, marzo 3, n°12, p.456).

Nel 1294, Carlo II, donò il Principato di Taranto, a suo figlio Filippo, Regis Caroli secundi Philippo filio nostro Carissimo quem nunc militari cingulo decoravimus concessio tituli Principis Tarentini sub quo Principatus titulo concedimus et Civitatis Tarenti, Mathere, cum casali, Latersie, Ostunij, Carivigni, Castrum Horie, Grottaglie, Martina, S.Vito, Vellie. Actum die 4 februarij, VII Inditionis a.1294 [Repertori della Cancelleria Angioina, Aragonese e Spagnola, ex Registro 1294, lit. M, vol. III, p.1832 (a cura di) Carlo De Lellis, in Archivio Storico Campano, vol. II, Caserta 1892-93, p.279].

Dai decreti di cui sopra notiamo che Ceglie non viene mai menzionata. Perché? Forse perché era stata data in censo od in altra forma alla Curia brindisina.

Abbiamo detto che Giovanni Pipino, conte di Altamura (nipote forse del nostro Giovanni Pipino), nel 1358, si rese colpevole di tradimento e per tale motivo fu impiccato ai merli del castello di Altamura (G.Galasso,  Storia d’Italia, Il Regno di Napoli……..cit. p.869).

             Il 14 maggio 1361……..……….Die quartodecimo mensis Madij XIIIJ Indictione, l’arcivescovo Brundusinus et Horitanus, dominus frater Pinus, magister in sacra pagina miseratione divina, vendeva al Magnificus et Potens vir dominus Franciscus de Sancto Severino, miles, marito di Isabella, la villa Cilij de Gualdo…….cum hominibus et vassallis, silvis, nemoribus aquis, pascuis, juribus et pertinentiis suis pro florenis aurej mille computato qualibet floreno pro sexaginta IIJ carlenis argenteis duobus….Il documento, scritto su carta, è rogato dal Notaio Nicolaus magister de Octavio di Brindisi (Biblioteca Capitolare del Duomo di Brindisi, “A. De Leo”, Atto Notarile n°55, fasc.24 a. 1361. La traduzione è stata curata dal Prof. Damiano Mevoli, docente di Storia e Letteratura Latina presso l’Università degli Studi di Lecce al quale rivolgo un vivissimo ringraziamento).

            Carta topografica del Salento - XVII secoloPer XIV Indizione, secondo il computo romano, nel XIV secolo, corrisponde agli anni 1301 – 1316 – 1331 – 1346 - 1361 – 1376 – 1391. Il calcolo è molto semplice. Si aggiunge TRE alla data considerata in quel momento e si divide per QUINDICI, il resto che si ottiene è l’INDIZIONE, se non ci fosse resto l’indizione sarebbe quindici. Sarà bene, però, fare qualche esempio: 1361 + 3 : 15 = 14, quindi XIV Indizione, invece, 1325+3:15 dà per resto 8, ossia VIII Indizione.

            Francesco Sanseverino era signore di Nardò, terzogenito figlio di Guglielmo, signore di Policastro, Sansa, Padula e Montesano. Questi era ultrogenito figlio del grande Tommaso Sanseverino, conte di Marsico Nuovo in Basilicata (Informazioni ricevute dalla Gent.ma Dott.ssa Carmela Biscaglia di Tricarico che pubblicamente ringrazio per la sua gentile collaborazione. La stessa, studiosa emerita della famiglia Sanseverino, esprime forti dubbi sulla vera antichità del documento in argomento. Potrebbe trattarsi – afferma la Biscaglia - di un falso redatto alcuni secoli dopo per qualche interesse a noi sconosciuto della Curia brindisina).

 Il Francesco di cui all’aggetto ebbe due figli maschi, Luigi e Tommaso che furono, nell’ordine, entrambi signori di Nardò [M.Gaballo (a cura di), Civitas Neritonensis, la storia di Nardò di Emanuele Pignatelli ed altri contributi, Martina Franca 2001, p.68-69].

            Frate Pino Giso, domenicano, già vescovo di Ventimiglia, fu trasferito a Brindisi nel 1352, dove assunse la carica di arcivescovo di Brindisi e Oria che tenne fino alla sua morte avvenuta nel 1378.

            Il documento di cui sopra menziona ancora un personaggio, …Magnificam mulierem dominam Comitissam Tochcii. Trattasi della Contessa Di Tocco, moglie di Pietro Di Tocco, conte di Martina, il quale aveva ricevuto il titolo di conte su Martina, nel 1343, da Giovanna I, Regina di Napoli.

            Nel 1364, Filippo d’Angiò che era succeduto al fratello Roberto, diede ai Di Tocco le Terre di Avetrana in cambio di quelle di Martina. Nel 1377, infatti, nei Cedolari di Terra d’Otranto, il feudo di Avetrana apparteneva a Guglielmo di Tocco, figlio di quel Pietro, già conte di Martina, all’epoca della cessione di Ceglie a Francesco Sanseverino.

            Alla morte di Ladislao, avvenuta nel 1414, il Principato passò a Giacomo della Marca (G.Antonucci, Giacomo della Marca principe di Taranto, in “Japigia” V, 1934, pp.57-67. Il documento di investitura in Il libro rosso della città di Ostuni, pp.106-9), marito della nuova Regina Giovanna II, indi nel 1420 a Giovanni Antonio Orsini Del Balzo (1386 – 1463), figlio di Maria d’Enghien che lo tenne fino alla sua morte, avvenuta in maniera violenta il 15 novembre 1463.

            Alla morte del Principe, tutte le Università (Comuni) pugliesi inviarono al re Ferdinando suppliche per ricevere sgravi fiscali, concessioni di privilegi, provvidenze, raccomandazioni. La nostra città non fu da meno, infatti, il 26 novembre del 1463, quando il re, nel suo viaggio verso la Terra d’Otranto, si trovava a Terlizzi (F.Porsia, Bari Aragonese e ducale, in Dalla conquista normanna al ducato sforzesco, a cura di F. Tateo, Bari 1990, cap. IV, p.148), gli amministratori comunali cegliesi inviarono la seguente petizione:

            “……Grazie e dimanda…..alli piedi della Severissima Maestà del re Ferdinando, il quale Dio conservi, per li uomini ed Università della Terra di Ceglie del Gaudo, della Provincia di Terra d’Otranto,……sudditi e…….vassalli di Essa Maestà…..li detti uomini ed Università ch’essendo stati vassalli et in governo dati per la benedetta memoria dello Principe di Taranto (Giovanni Antonio Orsini Del Balzo), prossimo passato, alla principessa sua consorte (Anna di Giordano Colonna), la quale ne ha governato come vassalli per anni trentacinque e più si debba degnare Vostra Maestà per misericordia e grazia lasciare in suo governo che come per lo passato ne stato utilis Domina coss’ì ancora…..(ASBr, Platea seu campione di tutti li beni stabbili di campagna….il venerabile convento di San Domenico della Terra di Ceglie, a.1744, p.3).

            Nel corso degli anni il Principato fu più volte smembrato, sia perché i suoi Principi, per ricompensare dei servigi resi loro da cavalieri donavano a costoro parte dei loro domini, sia perché i Sovrani napoletani, timorosi della potenza a cui era giunto il Principato, ne sottraevano dei territori che donavano ad altri baroni.

            Alla morte, per strangolamento, di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, il Principato fu, definitivamente, smembrato e Taranto divenne città demaniale.

            Dal quel momento Ceglie seguì le fortune o le sfortune dei vari signorotti: Scisciò, Brancaccio, Sanseverino, Lubrano, Sisto y Britto, Verusio.

            Dopo l’assedio di Otranto da parte dei Turchi avvenuto nel 1480, si diffuse nel Salento un’epidemia di peste  “……..et accomenzao da che fu pilliato Otranto de Turchi, e foronci morti da circa 15 millia….” [A. Coniger, Le cronache (a cura di) G.C.Palma, Brindisi 1701, p.15).

            Il Cinquecento fu il secolo decisivo per il rilancio della nostra città sotto la spinta della famiglia Sanseverino.  

            Fu questa famiglia che si prodigò per abbellire l’insediamento. Tra l’altro, ristrutturò, nel 1521, la vecchia Chiesa Madre, la più antica delle chiese all’interno della cinta muraria, si adoperò per la costruzione, nel 1534, di un convento per monache con annessa chiesetta, costruì il carcere cittadino, nel 1568, poi ingrandito, nel 1611, a richiesta del Comune (ASBr, Platea seu campione di tutti li beni stabbili…..San Domenico della Terra di Ceglie sotto il titolo di San Giovanni Evangelista dello Spedale, a. 1744), abbellì ed ingrandì il castello, nel 1525.

            Il poco meno che trentennale viceregno austriaco (1707-1734) che fece seguito al lungo periodo di dominazione spagnola, non portò alcuna sostanziale modifica all’assetto territoriale e politico-amministrativo del Regno.

            Alla notizia che don Carlos arrivava con un esercito, gli austriaci si prepararono alla resistenza, ma le varie guarnigioni furono costrette alla resa.

            L’ascesa di Carlo apportò sostanziali mutamenti nelle strutture politiche, sociali ed amministrative  del Mezzogiorno e i risultati conseguiti, alla fine del secolo, getteranno le basi per i più grandi e profondi rivolgimenti del decennio francese. (M.Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Milano-Roma-Napoli, 1923).

            Nel campo della feudalità il fervore riformistico di Carlo (e, dal 1759, di Ferdinando IV) non si prefiggeva quale obiettivo l’abolizione quanto piuttosto la diminuzione del suo peso sociale.

            Carlo organizzò un nuovo estimo catastale basato non sul valore dei beni, quanto sulla loro rendita, al netto degli oneri (catasto conciario).

            Nel 1806, quando Napoleone Bonaparte istituì il Ducato di Taranto comprendeva oltre alla città di Taranto, anche Ceglie, Grottaglie, Leporano, Ostuni, Carovigno, San Vito, Sava, Oria, Francavilla, (ASLe, a. 1811, Stato dei beni componenti la dotazione del ducato di Taranto, Ceglie, masseria S.Pietro e masseria Montefucaro).

           

 

                          

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