Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Il feudo di San Michele Salentino

di Pasquale Elia 

            

        IL feudo di San Michele fu fondato attorno ad una masseria da 90 famiglie di emigrati dalla Schiavonia (odierna Slovenia), da Michele Vaaz de Andrara, conte di Mola e barone di San Donato (cfr. L.A. Montefusco, Le successioni feudali in Terra d’Otranto, Le province di Brindisi e Taranto, Novoli 1996, vol. II, pp.73-74; P. Elia, Ceglie Messapica, La Storia, Manduria 2000, p.67).

Per il motivo di cui sopra l’attuale cittadina, negli anni passati e anche adesso soprattutto dai nostri nonni e padri viene conosciuta come Massarianova.

Con il termine Schiavonia, gli italiani chiamarono gli slavi e Schiavonia il paese da loro abitato. Il nome deriva dal latino Sclavi, che fu quello con cui si indicarono gli Slavi sin dal loro prima apparire nell’Illiria  e nella Dalmazia nel VI secolo d.C.(cfr. Gregorio Magno, Epistola; Paolo Diacono, Hist. Lang. IV,7,10; Fredegario, Chron. IV,48), onde anche gli schiavi (cfr. Enciclopedia Treccani, Roma 1950, vol. XXXI, p.88).

Da notare che l’odierna San Vito era nota come San Vito degli Schiavoni, termine che derivava proprio dalla presenza sul suo territorio di gente dalle origini slave. Il predicato (degli schiavoni) fu sostituito con (dei Normanni) con decreto del Prefetto del Provincia di Lecce in data 20 giugno 1864 (M.Ciracì, Stemma Civico e Gonfalone della Città di Ceglie Messapica, Notizie storiche e documenti, Ceglie Messapica 1994, p.38).

Michele aveva sposato la cugina Beatrice, figlia di Odoardo Vaaz de Andrara, da cui nacquero Fiorenza ed Agnese che sposò Carlo Bartirotti, principe di Presicce.

Alla morte di Michele, avvenuta il 20 settembre 1623, succedette la figlia Fiorenza che aveva sposato il cugino Emanuele Vaaz de Andrara, conte di Mola e duca di Casamassima e alla sua morte, avvenuta il 1 dicembre 1696, succedette il figlio Michele.

Michele era nato nel 1641, aveva sposato, nel 1672, Teresa di Ottavio Paladini e fu padre di Francesco, nato nel 1677, Beatrice che sposò Francesco Paolo Frisari, duca di Scorrano, Tommaso, nato nel 1683 e morto il 5 ottobre 1725, Emanuele, nato nel 1687 e morto il 26 aprile 1727, aveva sposato Porzia Carafa, senza aver avuto figli.

 

A Michele, morto il 31 dicembre 1696, succedette Francesco, nato nel 1677, che aveva sposato Teresa Mascambruno. Alla morte di costui avvenuta il 6 dicembre 1751 senza lasciare eredi, la proprietà ritornò alla Regia Corte, da cui l’acquistò lo stesso anno 1751, Annibale Sisto y Britto, duca di Ceglie.

         Con l’annessione del possedimento di San Michele il confine orientale del ducato di Ceglie si sposta fino a raggiungere l’odierna località di Ajeni, allora conosciuta quale Difesa detta della Jena della Principal Camera di San Vito (Archivio di Stato di Brindisi, Fondo notarile di Torchiarolo, Atti del Notaio Vettaldi Pascalis, a. 1760, cc.99/v-119, inv.7505; CRSEC/21 di Ceglie Messapica, Terre Celiarum del Galdo Hydruntini Provincia, Oria 1997, p.17) e, a Nord con il cosiddetto bosco Barco di Monsignore appartenente alla Mensa Vescovile di Ostuni (Terre Celiarum….cit. p.18).

 

Rammento che l’attuale territorio di Ceglie lambisce le ultime case a nord-ovest della cittadina.

 

Dal 1751, dunque, le terre di Massarianova appartennero e vennero amministrate dal duca di Ceglie Sisto y Britto.

Con la soppressione della feudalità ci si rese conto che le circa CINQUECENTO anime che San Michele poteva contare al momento, avrebbero potuto incontrare grosse difficoltà a causa della notevole distanza, per i mezzi di comunicazione dell’epoca, che separava quel villaggio da Ceglie, sede amministrativa. Le Autorità della Provincia di Terra d’Otranto convennero di aggregare quel piccolo insediamento al più vicino municipio che era San Vito.

 

Un concorso di occasioni favorì questa scelta e prima fra tutte la cessione, nel 1839, da parte del principe Francesco Dentice delle sue proprietà appartenenti al feudo di San Giacomo (ora sorge un rinomato complesso per la ristorazione). Quelle terre erano accatastate presso la cancelleria del principe e quindi passate al comune di San Vito.

Nei primi anni dello scorso secolo, la popolazione chiedeva, a più riprese, l’autonomia amministrativa da San Vito, ma l’istanza fu accolta soltanto nel 1928, quando con l’occasione aggiunse anche il predicato Salentino.

 

San Michele Salentino fu il ventesimo comune della provincia di Brindisi.

 

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