Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

L'antico "Paretone" di Ceglie Messapica

di Pasquale Elia 

            

        Fin dall’antichità, il centro abitato della nostra Città era protetto da mura di varia altezza e dimensione.

 La cerchia muraria di Ceglie, secondo gli ultimi studi sull’argomento, risalirebbe al V-IV  secolo a.C. (cfr. Isidoro Conte, L’impianto difensivo, in Messapica Ceglie, Ceglie Messapica 1998, p.61-62) in quanto a partire dal VI-V secolo a.C. tutte le città messapiche si circondarono di mura per difendersi dalle incursioni tarentine e, forse, anche dalla pirateria illirica, congiuntamente, tese a procurarsi mano d’opera servile.

            Per alcuni studiosi del settore, intorno a Ceglie si conterebbero ben quattro circuiti murari (cfr.S.Jurleo, Ostuni città messapica – Preistoria e Storia, Fasano 1993, p.141-142), per altri, invece solo tre (cfr. Isidoro Conte, Messapica Ceglie, cit. p.60), ancora oggi solo in parte visibili nell’agro di Ceglie Messapica, il più grande lungo il perimetro esterno della città (cfr. P. Elia, Ceglie Messapica, La Storia, Manduria 2000, p.69).  Di queste ciclopiche muraglie è rimasto ben poco, quasi niente e, sono conosciute con il nome di paretone.

            Quel manufatto dovrebbe risalire intorno al 350 a.C. (S. Jurleo, cit. p.141-147).  Come tutte le città messapiche anche la nostra Ceglie, a quell'epoca, dovette costruirsi una enorme muraglia, come baluardo difensivo contro le mire espansionistiche dei Tarentini.

La recinzione più esterna era collegata, a vista, da una specie di torre detta specchia ancora molto nota nelle nostre campagne (Edward Allen Pietre di Puglia - dolmen, trulli e insediamenti rupestri, Bari 1984, p.38).

            Qualcuno ha pensato anche che le specchie potessero essere delle tombe. Né tombe, né manufatti di un certo interesse sono stati trovati in esse, benché alcune hanno mostrate durante la loro demolizione fondamenta costituite da grosse pietre squadrate. Alcuni pensano che siano monumenti per le sepolture a tumulo come quella descritta da Omero per Ettore nell'ultimo canto dell'Iliade. Dopo aver bruciato i resti di Ettore in un grande rogo i fratelli e i fidi amici raccolsero le bianche ossa in un'urna che deposero in una fossa sulla quale  "…..di spesse e grandi pietre/con lastrico vi fero, e prestamente il tumulo elevar……".

            Queste specchie aventi funzioni di difesa e di comunicazione (sono infatti collocate a vista fra loro), sono da far risalire presumibilmente all'età del ferro (cfr. Trump, Italy Before Rome, p.226; G.Neglia, Il fenomeno delle cinte di "specchie" nella penisola salentina, Bari 1970).

            La presenza di un sistema difensivo intorno all'abitato di età messapica di Ceglie è attestata……….Nel territorio di Ceglie, dislocati a corona intorno all'abitato e successivamente inseriti in un sistema difensivo complesso, sorgono antichi monumenti che la tradizione popolare chiama specchie……Il Drago nel 1937 escludeva l'ipotesi della "camera sepolcrale" e sposa la tesi della funzione di avvistamento e difesa (I. Conte, cit. p.54).

            La cronologia di queste opere che presentano rifacimenti e restauri che arrivano sino all'età romana, tenendo presente le vicende belliche dei Japigi-Messapi-Salentini nel lungo periodo delle lotte con Taranto e delle guerre sannitiche, è fatto risalire come limite estremo superiore alla fine del V secolo a.C., se non agli inizi del IV, ma la loro costruzione originaria e, soprattutto, il sistema difensivo deve essere considerato più antico di alcuni secoli (O. Parlangèli, Studi Messapici, p.58).

            In una causa per la definizione dei confini tra il comune di Ostuni e quello di Ceglie, il 28 ottobre 1811, il paretone, sarebbe per gli amministratori di Ostuni, un segno di divisione dei due territori, per gli amministratori cegliesi invece una separazione delle terre chiuse ed arbostate dalle aperte, e nude di alberi, come moltissimi di paretoni si vedono in tutto il territorio cegliese (ASBr., Scritture delle Università e Feudi, Serie I, Istrumenti e Liti, b.2, fasc.3, sottofasc1).     

A 4 km. circa dall’abitato esistono ancora alcuni resti di due muraglie (Isidoro Conte, L’impianto difensivo ………cit. p.61; Assunta Cocchiaro, I dati archeologici, in Messapica Ceglie n°50-51, p.13). Perché non credere che quel sistema di fortificazione servisse per indebolire e fiaccare le forze di un eventuale nemico proveniente da quella direzione? Potremmo pensare che i guerrieri cegliesi avessero, per esempio, un concetto molto dinamico di difesa, ossia se superati sulla prima linea difensiva si ritiravano su una fortificazione arretrata (molto vicina alla prima) già predisposta e presidiata da altre forze fresche, mentre i primi avevano tutto il tempo di raggiungere il sistema difensivo più arretrato per riorganizzarsi.

            Ma perché proprio da quella direzione? Da quella parte era territorio messapico, quale nemico poteva giungere? E allora perché non prendere in considerazione quanto affermano alcuni storici dell'Università degli Studi di Bari che la nostra amata Ceglie apparteneva alla Peucetia e non al mondo messapico? Per costoro, infatti, il confine della Peucetia è una linea immaginaria che univa Torre Guaceto, sull'Adriatico, a Taranto. Una carta topografica [La Japigia A.Ortelius, Theatrum orbis Terrarum, Anversa 1595 (Archivio Congedo Editore)], pone Ostuni, Ceglie, Carbinia, Latiano, Mesagne, ecc., in Terra di Bari (Civitas Neritonensis, la Storia di Nardò di Emanuele Pignatelli ed altri contributi - a cura di - Marcello Gaballo, Martina Franca 2001, p.18; Fernando Sammarco, I Leoni di Messapia, Salentopoint.com/Ceglie Messapica/Storia, Mappa del Salento antico, Schema planimetrico della Japigia nel V sec. a. C.)]. Altra considerazione. Perché le cosiddette specchie che personalmente considero dei veri e propri siti per l'osservazione, quindi dei posti di osservazione e allarme, sono disseminate tutte o quasi a Sud e Sud-Est della città? (A. Cocchiaro, Messapica Ceglie, I dati archeologici, Ceglie Messapica 1999, Planimetria del territorio comunale. Allegato a). Il nemico non doveva essere Taranto o la Peucetia? Taranto, mi risulta a Sud-Ovest e la Peucetia a Nord-Ovest Perché allora la fortificazione della città è tutta rivolta a mezzogiorno? Devo congetturare che il vero nemico poteva giungere da quella direzione ? (I Messapi?). Rammento che il predicato messapico alla nostra cara Città fu aggiunto solo nel 1864.

            Il Paretone dovrebbe derivare da parete e vorrebbe indicare un muro molto grande, più grande del solito muro che serve per recintare una determinata proprietà. Il nostro paretone infatti variava da uno spessore di 5-8 metri ai 3-4 ed era costruito con materiale reperito in loco. Era quindi una enorme muraglia. …..Quegli accumuli di pietrame a sviluppo lineare di grande lunghezza, che i contadini pugliesi chiamano parietoni. Anche questi sono oggetto di varie interpretazioni: muraglie di difesa o di confine o più semplicemente confinazioni ad anello intorno ai centri abitati per delimitare zone incolte da zone rese disponibili per la coltivazione (A. Ambrosi – E. Degano – C.A. Zaccaria, Architettura in pietra a secco – Atti del 1° seminario internazionale, Fasano 1985, p.32-33; A. Ambrosi, Parieti, specchie e parietoni. Riflessioni e umanesimo della pietra, Martina Franca 1985, p.81-90).

            Il paretone potrebbe essere datato già nell'ambito del V secolo a.C., come si deduce dall'esame della tecnica costruttiva evidenziata nel corso di un intervento di pulitura del 1955 (A.Cocchiaro, L'Età classica ed ellenistica, in Messapica Ceglie, Ceglie Messapica 1998, p.27).

            La mastodontica recinzione di cui sopra era costituita da due muri a secco laterali riempiti di materiale vario di risulta. I blocchi erano posti in opera, senza fondamenta scavate, ma seguendo l’andamento del terreno, in filari posti alternativamente per testa e per taglio, a secco e, secondo il loro piano di sfaldamento, senza preventiva squadratura.

            La guerra è antica quanto l'umanità e la costruzione di fortezze antica quasi quanto la guerra. Dalle vestigia del passato che sono giunte fino ai nostri giorni possiamo senz'altro affermare che Ceglie era un avamposto fortificato e fortificato anche molto bene.

            Le prime costruzioni fatte per l'uomo sembra siano state protette da mura. Un riparo (la recinzione è un riparo), anche se piccolo fornisce sicurezza e tranquillità. Non c'è tribù barbara presso la quale non se ne trovino ai nostri giorni, e per quanto indietro si risalga nel passato abbiamo di fronte lo stesso spettacolo.

            Le Acropoli dei Greci, gli Oppida degli Etruschi, dei Latini, dei Galli, i Burgen dei Germani, i Gorods degli Slavi all'origine furono come i Kral dei Negri dell'Africa del Sud, luoghi di riunioni ma soprattutto ripari.

            Il piano e la costruzione dipendeva soprattutto dalla configurazione del terreno e dai materiali che esso forniva, ma la disposizione generale è ovunque la stessa. Esso consiste in uno spazio di forma circolare o anche quadrata, circondata da baluardi di tronchi d'albero, di terra o di blocchi di roccia protetti da un fossato e interrotti da porte: in breve un recinto.

            Normalmente questi recinti rimanevano vuoti. La popolazione vi affluiva solo in occasione di cerimonie religiose o civili o quando la guerra la costringeva a rifugiarvisi con il suo bestiame  (cfr. Henri Pirenne, Le Città del Medioevo, Cap.III, La città e il borgo, Bari 1995, p.42, titolo dell'edizione originale, Medieval Cities, 1925 Princeton University Press, New Jersey. Traduzione dal francese Les ville du Moyen Age, Bruxelles 1927, edizione precedente, Bari 1971). E le nostre mura messapiche sono un recinto.

            Quelle costruzioni furono distrutte in gran parte per la gretta ignoranza e la scarsa sensibilità degli amministratori locali, i quali permisero, addirittura, che la rotabile circonvallazione sud, per esempio, fosse costruita proprio sopra  quel monumento. Costoro appellandosi all'idea del "pubblico interesse", hanno, di proposito, distrutto un patrimonio di millenni di storia della nostra città. Colpevoli, oltre che i nostri governanti cittadini, anche l'Ente pubblico che aveva l'obbligo della difesa e della tutela di quei beni. La citata strada fu costruita circa mezzo secolo fa. Il colpo di grazia fu inferto dal tracciato per la costruzione della ferrovia, nel 1924, nel tratto passaggio a livello di via Cisternino e via Francavilla. Il resto di quelle mura, annualmente e sistematicamente, fu trasformato dai cosiddetti cazzaricc' in ciottoli per ricoprire le strade urbane ed extra urbane comunali.

La stessa organizzazione difensiva era in atto presso le altre città messapiche (Manduria, Nardò, Carovigno, Ostuni, Cavallino, Oria, ecc.). Infatti identiche cinte murarie sono ancora ben visibili in quei territori. Dobbiamo perciò considerare quelle ciclopiche costruzioni delle vere e proprie fortificazioni difensive. Un manufatto così mastodontico non poteva servire solo per delimitare zone da coltivare e zone da non coltivare o dichiararlo addirittura quale recinzione di confine. Se avesse avuto quella funzione sarebbe bastato un normale muro di cinta di normali dimensioni in altezza e larghezza.

Potrebbe però significare che i messapi avessero un concetto di difesa molto dinamico basato principalmente sul sistematico logoramento del nemico. Se così fosse non doveva essere stato tanto facile, per un nemico, espugnare un sito così ben fortificato e difeso. Ma potrebbe significare anche che la Ceglie di quei tempi fosse molto grande (almeno 30.000/40.000 abitanti), altrimenti come avrebbe potuto presidiare un manufatto, a dir poco, ciclopico per i nostri giorni, pensate per quei tempi (la recinzione più esterna ha un perimetro addirittura di oltre cinque chilometri).

Una difesa statica del tipo passivo, di quelle proporzioni, non presidiata da truppe, non avrebbe potuto avere alcun significato di rilevanza strategico-militare. Il nemico avrebbe superato l'ostacolo senza subire alcuna perdita e sarebbe stato quanto mai pronto ad attaccare ancora più baldanzoso e ringalluzzito di prima l'altro muro e così ancora l'altro fino a raggiungere il cuore della città. Sempre che nelle intenzioni dei Messapi quelle enormi costruzioni non servissero, con la loro maestosità, esclusivamente, ad impressionare, intimorire, e quindi a scoraggiare l'eventuale nemico. Forma di difesa psicologica? Potrebbe anche essere, perché no. Personalmente ci credo molto poco. Quelle opere devono essere state presidiate e difese tenacemente dall'esercito confederato. La strategia adottata dall'esercito messapico doveva essere, per forza di cose, una guerra di logoramento sistematico del nemico con atti di guerriglia, sporadiche scaramucce, ma mai scontri decisivi veri e propri in campo aperto tra gli eserciti contrapposti. La cinta di mura intorno alla città ci fa pensare proprio a questa forma di organizzazione militare.

La lunghezza della cerchia, di norma, doveva aggirarsi intorno ai tre chilometri (a Ceglie risulta invece molto più estesa) e racchiudere una superficie di poco superiore ai 75 ettari. Della loro fattura sappiamo molto poco. Potremmo ipotizzare che Ceglie fosse una città davvero molto grande oppure che l’intera confederazione messapica (o Peuceta?) difendesse il caposaldo cegliese.

Mura concentriche e circolari preceduti da ampi fossati (Lino Patruno, Puglia e Basilicata – Mura, Castelli e dimore, Verona 1996, cap. Ceglie Messapica, p.28, 67).

Al centro della cinta muraria, insiste una collina su cui sorgeva l’acròpoli. La parte alta della città era collegata per mezzo di camminamenti, ma più che camminamenti erano dei veri e propri sentieri attualmente conosciuti, nel nostro dialetto, quali passatùr’, i quali seguivano, giustamente, l’orografia del luogo. Uno di questi più noto come li cient’scalùn’ univa la parte più a valle del territorio cittadino (odierna Casa di riposo San Giuseppe) con l’acròpoli (odierno castello).

            Quel passatùr’ unitamente all'altro detto di Sant'Anna furono tagliati in vari tronconi, una prima volta, quando fu costruita la strada per Ostuni (1860-1887), una seconda volta, quando transitò la ferrovia Locorotondo - Francavilla Fontana (1924), ed una terza volta, quando, negli anni Cinquanta del secolo scorso, fu costruita la circonvallazione Nord-Est. In quest’ultima occasione furono scavati nella roccia, a forza di braccia (con gli attrezzi del tempo, i cosiddetti picconi), gli ultimi quindici gradini circa. Sono, infatti, completamente diversi dagli altri.

Il sentiero in questione fu reso percorribile, così come noi lo vediamo oggi, all’inizio degli anni Venti del secolo passato, per contrastare la forte disoccupazione di quegli anni, con l’apertura di un cantiere di lavoro, denominato Pane e Lavoro.

Quello di Sant'Anna collegava la parte bassa del territorio (zona stazione FSE) con il tempio dedicato a Latona, odierna chiesa di Sant'Anna (cfr. G. Scatigna Minghetti, Vestigia di icone sacre a Ceglie Messapica, Fasano 1995, p.6; cfr. L. Di Presa, Dedicata a Latona non a Giunone l'abbazia di Ceglie, in "La Gazzetta di Mezzogiorno", Bari agosto 1987, p.14). Una diramazione portava ad altro tempio pagano posto dove ora insorge la chiesa di San Rocco.

   

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