La
Madonna della Grotta, chiesa rurale
di Pasquale Elia
Antichissima
chiesa gotica
situata sulla vecchia strada che da Ceglie conduce a
Francavilla Fontana. E'
una delle più importanti opere romaniche ancora esistenti in Puglia. E'
una chiesa rurale di un certo rilievo nel territorio metropolitano, ma
in completo stato di abbandono. Ora è divisa in due ambienti ed adibita, la parte anteriore a porcile e
quella posteriore a stalla (cfr.Antonio Chionna, Gli
insediamenti rupestri della provincia di Brindisi, Fasano 2001,
p.36) per animali vaccini. La
chiesa (contemporanea a quella di Sant'Anna) è da datare intorno al IX
secolo, fu ristrutturata
nel '300 dall'architetto Domenico de Juliano. Nel corso dei secoli però
ha subito vari rimaneggiamenti. La facciata termina con un campanile a
vela molto simile alla chiesa della Santissima Annunciata situata nel
Borgo medioevale della città. Sui
muri, scampoli di affreschi raffiguranti due santi monaci, sopravvissuti
ai secoli ed all'uomo, di epoca piuttosto tarda. Molto rovinato appare
l'affresco di una Madonna col Bambino. Le pareti della chiesa sono alte e snelle, interrotte dal vecchio
portale e dall'ampio rosone, del quale rimane la ghiera esterna e nessun
elemento della raggiera (cfr. G. Scatigna Minghetti, Vestigia
di icone sacre a Ceglie Messapica, Ceglie Messapica, 1965, p.10-11). L'Amministrazione
comunale dovrebbe intervenire, acquistandola, se fosse proprio
necessario e ripristinarla per salvare quel prezioso monumento. Questo
è un altro capolavoro della nostra storia trascurato ed abbandonato
all'incuria del tempo e al disinteresse degli uomini che nella comunità
contano (Assessore alla cultura). Nel
1597, il rev. Don Paladino Nisi, procuratore generale del Capitolo di
Ceglie, stipulò un contratto con "mastro Vito Nughele di
Martina" per la "costruzione
di quattro Cappelle"
in quella chiesa. Le
Cappelle dovevano essere "due
per parte incominciando davanti la porta maggiore con due arcate e che detti archi
devono venire di palmi 16" (ASBr., Notaio Stefano Matera,
a.1597, C.24.INV.III.B.3.1.II.1; idem, a.1597, C.18.INV.III.B.3.1.II.1;
G.Scatigna Minghetti, Vestigia….cit.,
p.10-11). A
titolo di cronaca, don Paladino Nisi, nel 1606, a seguito delle
dimissioni dalla carica di Arciprete di suo zio don Lorenzo Nisi nelle
mani di Papa Paolo V (Camillo Borghese di Roma, fu Papa dal 16 maggio
1605 al 28 gennaio 1621), fu nominato dallo stesso Papa Arciprete
della chiesa Collegiata dell'Assunzione della Terra di Ceglie. Egli prese possesso pertanto della carica il 22 marzo 1606, mediante lettura (della lettera di nomina)
fatta ad alta voce nel corso della Messa solenne, con
grande concorso di pubblico e mediante affissione dell'atto notarile
alla porta principale della chiesa (ASBr., Notaio Stefano Matera). ……Era antica consuetudine che, nel primo giovedì di Pasqua di
Resurrezione, il Comune festeggiasse la ricorrenza. Nell'occasione il Re
concedeva la franchigia per il mercoledì e il giovedì e gli otto
giorni successivi per un totale di dieci giorni….(ASBr., Platea di San Domenico……a. 1744, p.359). Perché
le Autorità civili e religiose cittadine non riprogrammano quella
ricorrenza? Sarebbe la festa più antica del Salento. L'Arciprete
Donato Maria Lombardi, nel 1748, rispondendo ad un questionario in
preparazione ad una Visita Pastorale che di lì a poco il Vescovo di
Oria, Mons Castrese Scaja (1746 - 1755) avrebbe fatto afferma che, tra
le altre feste che si solennizzano a Ceglie vi è quella della Beatissima
Vergine Maria sotto il titolo di Madonna della Grotta, che si è
osservata al immemorabili e si sollenizza nel primo giovedì dopo Pasqua
di Resurrezione, senza però l'ufficio proprio per l'Ottava eccettuata (cfr.
don Gianfranco Gallone, La Chiesa
e la devozione di San Rocco a Ceglie prima del '900, in E'
ancora l'alba, Oria 1999, p.54).
A
questa festa di origine bizantina certamente partecipava tutta la
popolazione cegliese….Era una
festa tutta campestre; e facendosi nel maggio, mese sacro a Maria pareva
che anche la natura con le tante bellezze della sua primavera
concorresse a festeggiare la Rosa sempiterna del paradiso. Quasi tutti i preti vi andavano quel giorno; e dopo una messa solenne e
cantata, ciascuno alla sua volta celebrava la sua sull'unico benedetto
Altare. E i cittadini d'ogni ceto vi si recavano pure in gran numero; taluni da
pedoni talaltri (sic) montando curiose e bizzarre
cavalcature; chi da solo, chi in compagnia della sua famigliola e chi
con amici. Ascoltata entro la grotta la Santa Messa, a frotte a fronte (sic)
si versavano poi tutti nell'aperta campagna, a scorazzare con insolita
allegria (cfr. Rocco Antelmy fu Achille, Ceglie Messapica, Accenni sulla sua antichità, Oria s.d., p.99). Se
la ricorrenza si festeggiava il primo giovedì di Pasqua di
Resurrezione, non poteva essere il mese di maggio come afferma Rocco
Antelmy. Ai
religiosi che dimorarono nei monasteri, sono da aggiungersi quelli che
vivevano nelle campagne, eremiti e anacoreti. A volte costoro vivevano
in rozze grotte isolate, o formavano delle "laure". Ogni
"laura" era un gruppo di molti abituri o cellette nello stesso sito aspro
e deserto. In ciascuno di questi abituri viveva ritirato, senza
conversare con altri, un eremita o un anacoreta. Solo il sabato o la
domenica gli eremiti che appartenevano alla stessa "laura", si
riunivano nella cripta o cappella, per assistere alla Messa e
all'Eucaristia. Nel
IX secolo in Puglia molti monasteri furono distrutti dalle incursioni
saracene. I Principi normanni aiutarono gli eremiti ricostruendo molti
monasteri già distrutti e molti altri ne costruirono di nuovo. |