di Pasquale Elia
Ho intrapreso la ricerca su questo illustre personaggio più per
curiosità che per interesse culturale vero e proprio. Devo confessare
che fin dall'inizio ci credevo poco alla sua esistenza, ma poi mi sono
arreso ai fatti. Il
primo studioso cegliese che menziona il Giuliano, vescovo ed eretico è
l'amico Michele Ciracì in Patriae
Decor, nel 1995. Egli affermava che fu il cardinale e storico Cesare
Barone, latinizzato Baronius (1538-1607) a scrivere in Annales
ecclesiastici, che Giuliano fosse nativo di Celia
di Lecce. In
seguito, tutti gli storici salentini, soprattutto, hanno riportato
notizie molto vaghe sul Giuliano cegliese, ma unanimemente accettato
nativo dell'odierna Ceglie Messapica Ad
essere sincero, durante la mia ricerca non ho mai trovato la località
di nascita del Giuliano (385-450/4) in argomento. Alcuni dei molti testi
consultati lo danno nativo nella
provincia romana di Apulia, altri lo designano con la città in cui
ebbe la cattedra episcopale. Egli
fu vescovo e uno dei più dotti seguaci del movimento e delle dottrine
di Pelagio. Suo padre Memore, anch'egli vescovo, fu legato d'amicizia
con i Santi Agostino e Paolino di Nola. Giuliano,
scrittore ecclesiastico latino del V secolo, fu
istruito nelle divine Scritture e già chiaro fra i Dottori della
Chiesa, fu elevato alla cattedra episcopale di Eclano, città
scomparsa, corrispondente alla odierna Mirabella Eclano (Avellino). Fu
uomo di forte ingegno ed estesa cultura, abile scrittore, in
esegèsi biblica seguì i migliori maestri. Sant'Agostino ce lo
descrive come scrittore forbito ed
elegante, conoscitore esperto
dell'arte dialettica; abbracciò le dottrine pelagiane sulla grazia
e il libero arbitrio e dopo la morte di Pelagio fu il principale
campione contro Santo Agostino e le decisioni della Chiesa romana. Nel
maggio del 418, quando papa Zosimo nella sua Epistola
Tractoria confermò la condanna portata dal suo predecessore Innocenzo I contro Pelagio e il suo complice Celestio,
Giuliano, unitamente ad altri diciotto vescovi italiani, rifiutò di
sottoscrivere quel documento (condanna del movimento). Per
i motivi di cui sopra fu deposto dalla sua sede episcopale, condannato e
cacciato in esilio dall'Italia, nel 419, per decreto imperiale, si
rifugiò in Oriente presso vescovi suoi amici della scuola di Antiochia.
In quella parte dell'Impero continuò a difendere le sue opinioni,
divenendo ben presto il capo del partito pelagiano. Fu ospite del
vescovo Teodoro di Mopsuestia in Cilicia e di Nestorio patriarca di
Costantinopoli. Scrisse
in difesa delle dottrine pelagiane due lettere a papa Zosimo e due
altre, dopo la sua deposizione, a suoi partigiani di Tessalonica e di
Roma. Scrisse, inoltre, due grosse opere contro le tesi cattoliche
sostenute da Sant'Agostino, una, Libri
quattuor ad Turbatium, l'altra, Libri
octo ad Florum, infine, un
libro De bono constantiae (PL
91, 1072), ai
quali risponde Sant'Agostino con i sei libri Contra Iulianum (PL 44, 461), e il cosiddetto Opus imperfectum (PL 45, 1049). Nel
1913 il Morin ha rivendicato a Giuliano un Commentarius
in prophetas minores tres, Osee, Joel et Amos, che va sotto il nome
di Rufino d'Aquileia; e nel 1915 il Vaccari gli ha attribuito un Commentarius in Job, che andava sotto il nome di un certo Filippo,
discepolo di Girolamo, e un Commentarius
in Psalmos, anonimo. Alcuni
storici affermano che Giuliano dopo aver peregrinato per alcuni anni in
Oriente ivi morì nel 450, altri invece sono del parere che si ritirò
in un villaggio della Sicilia dove morì nella più nera miseria, nel
454. La
dissertazione sulla data di morte è di scarsa importanza agli effetti
della nostra ricerca. E', invece, di rilevante importanza storica
conoscere se il Giuliano di cui sopra sia lo stesso Giuliano riportato
dagli storici di Terra d'Otranto. Ora,
confrontando con attenzione le date, analizzando gli avvenimenti
documentati di quel periodo, i personaggi storici noti e quanto è stato
scritto dagli studiosi salentini e non, devo concludere, senza ombra di
dubbio, che costui è proprio il nostro Giuliano, vescovo. Il
movimento ereticale faceva capo al monaco bretone Pelagio (354-427). La
dottrina pelagiana tendeva a rivalutare la fondamentale bontà e
capacità morale dell'uomo, negando sia la trasmissione del peccato
originale cui era attribuito al più il significato di cattivo
esempio, sia l'esistenza e la necessità di qualsiasi grazia
soprannaturale come rimedio a questo e ad ogni altro peccato. E queste
tesi, oltre a negare l'utilità di un sacramento come il battesimo,
venivano a mettere in discussione lo stesso valore estrinseco di buon
esempio. Il
movimento ereticale fu combattuto oltre che da Sant'Agostino anche da
San Gerolamo e condannato dai Concilii di Cartagine (418), Efeso (431) e
Orange (529). Il
movimento colpito da molte condanne ecclesiastiche
si estinse alla fine del V secolo.
BIBLIOGRAFIA: M.CIRACI', Patriae Decor, Oria 1995, p.59; C. BARONE, latinizzato BARONIUS (1538-1607), cardinale e storico, per suggerimento di San Filippo Neri, compose gli Annales ecclesiastici, storia della chiesa dalle origini al 1198, apparsi a Roma fra il 1588 e il 1607; L. GIUSTINIANI, Dizionario Geografico ragionato del regno di Napoli, Napoli 1804; F.CASOTTI-S.CASTROMEDIANO-L.DESIMONE-L.MAGGIULLI (a cura di) G. Donno, A. Antonucci, L. Pellè, Dizionario Biografico degli Uomini Illustri di Terra d'Otranto, Martina Franca 1999, p. 235; L. MAGGIULLI, Uomini Illustri di Terra d'Otranto, m/s inedito ASLe; A.BRUCKNER, Iulian von Aeclanum, in Text und Untersuchungen, XV, 3, Lipsia 1897; idem, in " Neue Studien zur Geschichte der Theol. und der Kirche", 8, Berlino 1910; A. VACCARI, Un commento a Giobbe di G.E., Roma 1915; idem, Il salterio ascoliano e G. eclanese, in Biblica, 1923, pp. 337-355; A. D'AMATO, Sant'Agostino e il vescovo pelagiano G., Avellino 1930; G. MORIN, Un ouvrage restitué à Iulien d'Eclanum, in Revue bénèdictine, 30, (1913), p. 1-24; Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Treves-Treccani-Tumminelli, Milano 1933-XI, vol. XVII, p.318, vol. I, p. 915 e segg.; Enciclopedia Cattolica, Firenze 1951, vol. VI, p. 745; Grande Enciclopedia Universale Rizzoli-Larousse, Milano 1964,vol. VI, p.185; O. BARDENHEWER, Geschichte der altkirchlichen Literatur, IV, Friburgo in Brisgovia, 1924.
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