Il frantoio oleario dei Padri Domenicani
di Pasquale Elia
I
frati
del convento di San Domenico di Ceglie, tra le varie proprietà di cui
erano diventati titolari per lasciti e donazioni (case, terreni,
uliveti, vigneti, mandrie di vacche e animali minuti, cioè pecore e capre, masserie), avevano anche un avviatissimo frantoio
oleario (trappeto), che conducevano in proprio, donato loro in data 16
marzo 1656, con lascito, dai Fratelli Pio e Giambattista Forlèo di
Francavilla con l'obbligo di celebrare due Messe settimanali in suffragio della loro anima (ASBr., Platea San Domenico …. a. 1744). Nella stessa occasione i Forlèo
di cui sopra avevano fatto costruire la Cappella del SS. Rosario.
Questa festività veniva tanto sentita dalla popolazione cegliese
che il duca don Cesare Lubrano il 6 giugno 1651, nel suo testamento
lasciò ben 300 ducati perché la festa si
solennizzasse con maggiore pompa (ASBr., Platea……cit.
p.2-3).
Il trappeto detto Forlèo
- scrive il cronista domenicano - situato proprio davanti
la Porta detta di Juso (ASBr., Notaio Giovanni Antonio Caliandro, 26
febbraio 1758, CC.46-48.INV.III.3.1.XI.14), aveva una postura (trattasi di un pozzo ricavato sotto il pavimento del
frantoio, una vera e propria cisterna intonacata in cui veniva raccolto
l'olio durante la lavorazione), piena di 22 some (unità di misura
corrispondente a circa 155 litri).
Il prodotto veniva poi venduto
al duca don Annibale Sisto y Britto al prezzo di ducati sedici e mezzo
la soma, il quale lo immetteva sul mercato di Napoli (ASBr., Notaio
Giovanni Antonio Caliandro….cit.). In
altre occasioni invece l'olio veniva venduto nelle città di Brindisi e
Gallipoli senza pagare panniera.
Martino Gioia e Giovanni Carlucci ed altri, attestano
che "di solito si costuma nella Terra di Ceglie" che tutti i
trappeti e naglieri si è sempre consegnato l'oglio musto reale a
pannanisco…(ASBr., Notaio Giovanni Antonio Caliandro, 7 agosto
1762, CC. 169 -170.INV. III.B.3.1.XI.18). A quei tempi, lo scalo di
Gallipoli era considerato il più importante del Salento per quanto
attiene il commercio dell'olio d'oliva. A
proposito di trappeto, in via Enrico Toti civico 1 (sotto la palazzina
di proprietà della famiglia Agostinelli), a quanto ricordo, ne esiste
uno sotterraneo completamente scavato nella roccia (supera
abbondantemente la via Roberto Sarfatti), almeno quattro metri al
disotto del livello stradale. Dovrebbe risalire ad oltre due secoli e
mezzo fa. Non
sarebbe una cattiva idea se quella struttura fosse recuperata
dall'Amministrazione comunale o da privati e aperta al pubblico quale
Museo della lavorazione dell'oliva.
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