Le feste patronali a Ceglie Messapica di Pasquale Elia
La
rricorrenza per i festeggiamenti patronali nella nostra città è
documentata fin dall'antichità; ab
immemorabili scriveva addirittura, nel 1748, l'arciprete di
Ceglie del Gaudo, Donato Maria Lombardi. I
primi documenti, tra l'altro in nostro possesso, sono due atti notarili
a firma del notaio Stefano Matera e portano la data del 10 e del 20
luglio 1597. Nei documenti in questione, don Paladino Nisi, procuratore
generale, del Capitolo di Ceglie, firma un contratto con mastro
Vito Nughele di Martina per la costruzione di quattro Cappelle nella Chiesa di Santa Maria della Grotta (ASBr.,
C.24.INV.III.B.3.1.II.1). Le
Cappelle, due per parte, con due arcate per parte e ogni arcata
devono venire di 16 palmi (palmo:
unità base di misura lineare del nostro sistema metrico. Equivalente a
12 once e a 0,263670 metri; per il palmo antico: a 10 once a 10 decimi e
a 0,264550 metri, per il palmo decimale). La
festività della Madonna della Grotta a quanto scriveva il cronista
domenicano il 17 marzo 1611, iniziava il ……primo
giovedì di Pasqua di Resurrezione di portare l'impegno di Sua Maestà a
Santa Maria della Grotta e la franchigia del giovedì e mercoledì
…..colli altri giorni delle franchigie, ch'essa Università tiene nel
mese di aprile per antico privilegio, talché siano in tutto dieci
giorni, li quali cominciano dal primo mercoledì di Pasqua per posser
ampliare il mercato a beneficio di essa Università e di V. S. Ill.ma
- Il Conte della Saponara, appone il sigillo (ASBr., Platea
di San Domenico…..anno 1744).
A
titolo di informazione, il conte della Saponara di cui sopra alla data
del 17 marzo 1611 era Fabrizio Sanseverino, figlio di quel Ferdinando o
Ferrante Sanseverino [foto in prima pagina di copertina di Ceglie
Messapica, (La Storia),
Manduria 2000], fratello del Cardinale Lucio e del Fabrizio nato e morto
a Ceglie. Nel
1748, l'Arciprete Donato Maria Lombardi nella relazione fatta per una
visita pastorale di S.E. Mons. Castrese Scaja, Vescovo di Oria
(1746-1755), affermava che in questa Terra vi sono tre feste proprie, una del Glorioso Sant'Antonio
da Padova, Protettore e Padrone principale alli 13 di giugno. Della
Gloriosa Santa Caterina Vergine e Martire ……festa di precetto alli
25 novembre …….e della Beatissima Vergine Maria sotto il titolo di
Madonna della Grotta, che si è osservata ab
immemorabili e si sollenizza nel primo giovedì dopo Pasqua di
Risurrezione……..e per la grazia del Signore non vi si conosce abuso
in dette solennità [Archivio Vescovile di Oria, Visita
Pastorale di Mons. Castrese Scaja; don Gianfranco Gallone, La
Chiesa e la devozione di San Rocco a Ceglie prima del '900, in E'
ancora l'alba (a cura di) Enrico Turrisi, Oria 1999, p.55]. Davanti
alla nostra chiesa, da tempi immemorabili, per
antico privilegio, si svolgeva dunque una fiera. Il termine
fiera corrisponde al latino nundina
= luogo pubblico dove i mercanti si riunivano per vendere o
comperare le merci, con franchigia
ed esenzioni di gabella talché
siano in tutto dieci giorni. E'
diversa dal mercato per il maggior numero di venditori e compratori e
per esenzioni daziarie di cui godono le fiere. Le
prime fiere del Regno di Napoli sembra fossero state istituite da
Federico II tra il 1233 e 1234 in Sulmona, Capua, Lucera, Bari, Taranto,
Cosenza e Reggio Calabria (cfr. Nicola Morelli, Biografia
de' Re di Napoli ornata de loro rispettivi ritratti, tomo X della Biografia degli uomini illustri napoletani, Napoli 1825, p.86). Fiere
come la nostra è da supporre che si tenessero in diverse parti del
Principato di Taranto, come in Martina Franca, dove, nel 1368, il
Principe di Taranto Filippo concede alla locale Università di farsi la
fiera ogni anno il 15 maggio, per otto giorni (il decreto della fiera in
tale città è riportato integralmente in D.Isidoro Chirulli, Istoria
Cronologica della Martina Franca, cogli avvenimenti più notabili del
Regno di Napoli, tomo II, Edizioni Umanesimo della Pietra, Martina
Franca, p.128). Ritornando
alla solennità, per Rocco Antelmy era, invece, …….una
festa tutta campestre, e facendosi nel mese di maggio, mese sacro a
Maria…(Ceglie Messapica,
Accenni alla sua antichità, Oria s.d. p.99). Con molta probabilità,
nel tempo, la ricorrenza era stata posticipata al mese di maggio oppure
l'Antelmy deve avere confuso il periodo. Quel
giorno una lunga e solenne processione partiva dalla Chiesa Madre con la
devota partecipazione dell'intera popolazione, di tutto il Capitolo
cegliese, del Sindaco e degli Eletti con in testa, sventolante, il Pallio
concesso alla Villa di Ceglie e
non all'Abbazia di Sant'Anna dal Papa Lucio III, il 4 gennaio 1182
nelle mani di Pietro da Guinardo, Arcivescovo di Brindisi e Oria [R.Jurlaro
(a cura di), Catalogo dall'anno
1033 al 1957, Bari 2 nov. 1958, perg.V;A.De Leo Codice
Diplomatico Brindisino, p.40, n.21; Enciclopedia
dell'Ecclesiastico, Napoli
1845, Tomo IV, p.886; G. Maddalena, I
Templari, frammenti di storia, Mostra Storico Documentaria, Presenza
templare a Brindisi, Brindisi 1990, p.14]. Il
corteo, preceduto dunque dal Palio e dal Gonfalone della città, era
composto da tutto il Capitolo con in testa il suo Arciprete, il Sindaco,
gli Eletti e il Capitano di giustizia, i quali montavano delle
cavalcature riccamente vestite. La lunga processione era seguita dalla
popolazione la gran parte a piedi. Nel
piazzale antistante la chiesa della Madonna della Grotta si concludeva
la cavalcata processionale
istituita molti secoli prima. Quasi tutti i preti vi andavano quel giorno; e dopo una messa solenne e
cantata, ciascuno alla sua
volta celebrava la sua sull'unico benedetto Altare. E i cittadini d'ogni
ceto vi si recavano pure in
gran numero; taluni da pedoni talaltri montando curiosi e bizzarre
cavalcature; chi da solo, chi in compagnia della sua famigliola e chi
con amici. Ascoltata entro la grotta
con divozione la Santa Messa, a frotte a fronte (sic)
si versavano poi tutti nell'aperta campagna, a scorazzare con insolita
allegria…….(cfr. Rocco Antelmy…cit. p.99). Su
quel drappo di seta (Palio), probabilmente (nessuna documentazione al
riguardo), era ricamata l'Annunciazione
dell'Angelo a Maria. La
Chiesa più importante, infatti, della nostra città all'epoca era
proprio quella della SS. Annunziata, la quale fino al 1521, ha fatto le
veci della Chiesa Madre. La
ricorrenza, unitamente alla Chiesa della Madonna della Grotta, fu
abbandonata a causa delle leggi eversive del 1861, ma la sua esistenza
risalirebbe a molti secoli prima, di sicuro, intorno al IX secolo. Credo
che la ricorrenza abbia addirittura origine bizantina, infatti, sappiamo che la latinizzazione del meridione d'Italia, come della Puglia
si è realizzata sotto il pontificato di Gregorio VII (1073-1085) [cfr.
don Gianfranco Gallone, La Chiesa
e la devozione di San Rocco a Ceglie prima del '900, in E' ancora l'alba (a cura di) Enrico Turrisi, Oria 1999, p.55, nota
15]. Per
la cronaca, nella chiesa in argomento, nell'Abbazia benedettina di
Sant'Anna, nelle chiese di San Nicola (ora contrada), San Giovanni (ora
contrada), San Pietro (ora masseria), San Martino (ora Largo),
Ognissanti (ora Largo), Sant'Antonio Abate (ora ingresso di un complesso
di ristorazione), San Sebastiano (masseria Scolepie), si celebrava
l'Eucaristia con il Rito greco. Nessuna
documentazione che ci possa confermare quanto sopra, sappiamo però con
certezza che i Normanni ultimarono la conquista della Puglia togliendola
ai bizantini intorno al 1070. Le
nostre chiese summenzionate, sono tutte di epoca anteriore alla
conquista vichinga, per tale motivo dobbiamo affermare che la
celebrazione Eucaristica veniva officiata con quel rito. L'Amministrazione comunale dovrebbe trovare il
sistema di rilevare quella Chiesa, ristrutturarla e riconsegnarla alla
comunità cegliese e non solo ad essa. Quel sito infatti è un patrimonio storico e
culturale oltre che della nostra Ceglie anche della Puglia intera. E' un
tesoro inestimabile che non può e non deve essere abbandonato. Coraggio dunque Amministratori cegliesi di qualsiasi
colore politico o credenza religiosa
voi siate ridate alla Città ciò che è stato suo per molti
secoli. Con la buona volontà e il coraggio si possono
raggiungere obiettivi che a prima vista potrebbero sembrare
irragiungibili. Altro
documento sempre in nostro possesso, porta la data addirittura 26 luglio
1690 a firma del Notaio Lamarina (ASBr.,C.132.INV.III.B.3.1.VI.23) e
tratta dell'ampliamento
della festa di Santa Anna. In
quest'atto ben quarantuno
persone tra soldati e civili sottoscrivono un impegno con il quale per
ampliare la festa di Sant'Anna hanno convenuto che ogni anno uno
di loro deve sparare personalmente in detta festa e pagare ciascheduno
ogni anno carlini cinque per comprare polvere in detta festa. I
contravventori oltre ai carli cinque pagheranno carlini dieci da
spenderli per detta festa. Ciò
significa che già, a quell'epoca, la festa di Mamma
Sand'Ann' era considerata di antica data e tradizione. La
cosa più strana è che fin da quei lontani tempi era un Comitato
promotore composto da personaggi di diverso ceto sociale ad organizzare
i festeggiamenti. Sparare
voleva significare che il giorno della ricorrenza venivano lanciati
alcuni mortaretti, ossia sparati alcuni colpi di mortaio, attualmente
nel gergo paesano meglio conosciuti come colpi
scuri. Questi
venivano e tuttora vengono lanciati intorno alle sette del mattino a
mezzogiorno e alla sera prima dell'inizio della cerimonia religiosa, in
seguito (dopo l'unificazione d'Italia), alla partenza della processione
dalla chiesa in cui veniva custodito la statua del Santo per
attraversare le principali vie cittadine. In
un altro atto, stilato ben trecento anni fa, è riportato che alcuni Ufficiali, militari pro-tempore e uomini [lavorari, zappatori e
foritani (forestieri) di campagna]
congregati (riuniti), nella
Cappella di San Rocco deliberano che per ampliare
la festività del glorioso Santo Rocco ………fra le altre regole
interessanti si obbligano ogni anno il 29 del mese di giugno congregarsi
dentro la venerabile congregazione di San Demetrio di Ceglie al tocco
della campana per l'elezione degli Ufficiali di detta festa (ASBr.,
Notaio Lamarina, 13 agosto 1703,C.156/V-158.INV.III.B.3.1.6.36). Alcuni
giorni dopo era stato già formato il Comitato (ASBr., Notaio Lamarina,
16 agosto 1703, C.156.INV.III.B.3.1.VI.36). Per
Ufficiali devono intendersi i componenti del Comitato organizzatore.
Da
questo documento notarile possiamo ricavare che la festa era
organizzata, da lavoratori, zappatori e forestieri di campagna, insomma dai meglio
noti odierni contadini. ……anche San Rocco ha la sua antica festa tradizionale, popolare; ma
più ricca, più animata più sfolgorante di quella di Sant'Anna, per le
ragioni notissime che San Rocco si ha dal nostro (sic) Ceglie
in conto di principali protettore. E questa festa si celebra appunto il
16 agosto; e dopo, il nostro buon popolo cegliese, nato fatto per
l'agricoltura, dà un addio al paese e se ne va in campagna a seccare i
fichi e a far la vendemmia, passando così più di due mesi di vita
sciolta e allegra (cfr. Rocco Antelmy….cit. p.98). Da
quanto sopra esposto ricaviamo che le chiese intitolate ai Santi più
conosciuti a cui veniva maggiormente rivolta la devozione paesana si
trovavano fuori la cerchia muraria cittadina. A
quei tempi i festeggiamenti erano esclusivamente religiose. Si celebrava
la Messa solenne con la partecipazione del Capitolo e della folta
popolazione. Con
il passare degli anni dobbiamo notare che le cose sono fortemente
cambiate. Ora il Santo più festeggiato è Sant'Antonio da Padova. All'esterno
delle chiese qualche bancarella esponeva per i forestieri, medagliette
del Santo (summuragghj), fettuccia variopinta (misùr') la quale faceva
la gioia dei bambini. Con
l'avvento dell'energia elettrica le cose migliorarono maggiormente e i
festeggiamenti si protrassero anche alle ore serali e notturne. Le
principali vie cittadine venivano e vengono tuttora addobbate con
luminarie, si invitano rinomati e prestigiosi concerti bandistici per la
gioia di alcuni intenditori, molte bancarelle allineate uno a fianco
all'altra vendono di tutto, dalle castagne secche (pastizz')
alle noccioline americane, dai palloncini agli orologi, dalla cosiddetta
cupèt' ai gelati, alle
bibite. A
volte, fino a non molti anni fa, ora non più, si incontrava una
zingarella che con l'offerta di qualche lira faceva estrarre da un
pappagalino posto in gabbia il foglietto della fortuna. Il
simulacro del Santo (Rocco o Anna) veniva portato in processione
scortato dai Carabinieri e dalla Polizia Municipale e seguita dalle
Autorità civili, Sindaco e Assessori e dalla popolazione in devoto
raccoglimento. Precedeva
il corteo un terzetto che al suono di un flauto, una grancassa e due
piatti, eseguiva delle marcette come quella favola con il suonatore di
piffero ………seguiva il corteo il concerto bandistico cittadino che
suonava alcuni brani musicali. Al
termine della serata , intorno alla una dopo la mezzanotte, con lo sparo
dei fuochi artificiali si chiudono i festeggiamenti.
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