Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Ceglie Messapica, la chiesa di San Rocco

di Pasquale Elia 

            

        Premetto che riporterò in questo documento tutto ciò che altri prima di me [AA.VV. E' ancora l'alba (a cura di) Enrico Turrisi, Oria 1999; G.Scatigna Minghetti, Adiutor si mihi Rochus erit, Ceglie Messapica 1998].  

Trattasi di ricordi dello scrivente il quale, all'epoca, era frequentatore di quella Chiesa perché giovane chierichetto.

 

            Il Santuario di San Rocco, così conosciuto fin dai tempi antichi, fu costruito sul punto più alto di una collina dove sorgeva una Cappella edificata intorno al '500 e fin da quei tempi dedicata al Santo di Montpellier, compatrono della città di Ceglie Messapica.

            Su quel colle, si dice, che in tempi molto remoti, fosse ubicato un tempio pagano e mutò nome quando la gente, afflitta da molte pestilenze, cominciò a rivolgersi a questo Santo, protettore degli appestati.

Nelle campagne il Santo era invocato contro le malattie del bestiame e le catastrofi naturali.

            Nel 1547, Paolo IV, fece menzione nella Bolla "Cum a nobis" dell'appartenenza di Rocco al Terz'Ordine di San Francesco. Ma non è attestato da alcun documento antico e rimane per lo meno dubbia.

Dalla fine del secolo XV una Messa propria di questo Santo appariva nel Messale Romano, alla data del 16 agosto.

            Abbiamo detto che prima dell'attuale costruzione esisteva una Cappella dedicata al Santo. Nel luglio 1773, Mestr' Gregorio Pellegrino, effettuò proprio in quella vecchia e antica Cappella alcuni lavori di restauro (ASBr., Notaio Caliandro, 25 luglio 1773, C.110.INV.III.B.3.1.XI.29).

Il Tempio fu realizzato su progetto dell'ing. Antonio Guariglia di Lecce, il quale fu colui che progettò anche il Teatro Comunale (don Oronzo Elia, Chi è stato l'Architetto di San Rocco?, in Famiglia di Dio, Ceglie Messapico, Anno VI, n°12, dicembre 1964).

Per completezza dell'informazione trascrivo quanto riportato nel documento di cui sopra. Tra le carte del defunto Can.co Leone, nipote del P. Arcangelo Gigliola, promotore dell'attuale chiesa di San Rocco, abbiamo trovato il progetto (sezione A B) della chiesa, firmato dall'Ing. A. Guariglia di Lecce. E' lo stesso progettista del Teatro Comunale, che sorge davanti a San Rocco (secondo noi utilizzando diversamente il Teatro, non dovrebbe alterarsene la facciata, semmai restaurarla nel modo migliore, per conservare intatto il bel complesso, chiesa e teatro, dovuto allo stesso architetto). Il progetto porta la data del 20 febbraio 1881. E' stato però attuato con notevoli variazioni. Non fu eseguito il pronao tetrastilo toscano. All'interno l'ionico fu sostituito dal composito. Al posto dell'attuale elegantissima cupola nel progetto si vede una semplice volta, allo stesso livello di quella della navata centrale. A proposito della cupola, abbiamo sentito degli anziani che fu il popolo a pretenderla, minacciando di non dare più aiuti. In fondo all'abside, non spezzata dall'attuale tramezzo, si apriva una grande nicchia per la statua del Santo. Il pronao avrebbe reso molto più completa e solenne la facciata.

Per le ardite soluzioni architettoniche, ancora oggi, desta entusiasmo ed ammirazione. Il Santuario fu costruito con la fattiva collaborazione dell'intera popolazione cegliese, ed in principal modo dagli abitanti del rione (all'epoca contrada) "mammacara".

La chiesa è composta da tre navate, una centrale e due laterali e da una quarta trasversale che dà a tutto il Tempio una forma di croce.

La facciata anteriore è dello stesso stile del Duomo di Taranto. A destra e a sinistra, della facciata, furono ricavate quattro nicchie in cui dovevano essere collocate altrettante statue con al centro ed in alto quella di San Rocco.

Pertanto, potremmo dichiarare che la fabbrica della nostra bella chiesa non risulta ancora ultimata. Sarebbe auspicabile che Banche, Enti Pubblici (Regione, Provincia, Comune) e privati finanziassero la realizzazione di quelle quattro statue mancanti.

Si potrebbero collocare, per esempio: Padre Pio, Papa Giovanni XXIII, San Francesco, ecc.

All'interno del Tempio oltre alla statua lignea del Santo, datata XVIII secolo è custodita anche quella litica, datata XV secolo, proveniente dalla vecchia Cappella, abbattuta per fare posto al nuovo edificio.

Sulla facciata anteriore della costruzione, a destra guardando, era sistemata una croce (m.5x2 ca.) in legno di colore nero, poi intorno agli anni Cinquanta rilevata perché le intemperie l'avevano corrosa in più punti.

L'ingresso secondario rivolto a Tramontana, aveva la scalinata di stile identico a quella principale, fu modificata, come si presenta oggi, alcuni anni fa, mentre l'ingresso di servizio rivolto a Mezzogiorno immetteva direttamente nella vecchia sagrestia.

Il campanile a quattro fornici, con altrettante campane di varie dimensioni e suoni è posto proprio sulla perpendicolare della sagrestia originale, poi con i lavori di riordinamento effettuati da don Oronzo Elia (per i cegliesi: Papa Ronz'), la sagrestia fu trasferita dove si trova oggi.

Le corde delle campane scendevano in un locale che fungeva anche da bagno (gabinetto) del tipo a perdere.

La chiesa di  San Rocco fu eretta a Parrocchia, nel marzo 1855, da Mons. Luigi Margarita, Vescovo della diocesi di Oria, a seguito dell'assenso concesso da Ferdinando II di Borbone, Re delle due Sicilie (ASLe., Sentenza della Corte d'Appello delle Puglie in Trani - Regio Giudicato di Ceglie - Processi Politici, fasc.31).

Sotto il pavimento, all'atto della costruzione, fu ricavata una cisterna che raccoglieva l'acqua piovana necessaria a soddisfare le esigenze dell'intera comunità parrocchiale.

Tutti potevano attingere acqua da quella cisterna e dall'interno dell'edificio che dall'esterno.

Dall'interno a sinistra dell'ingresso principale nei pressi della Cappella dedicata alla Immacolata Concezione, al limite della navata laterale, è ricavata una botola nel pavimento di cm. 20x20 circa, grande quanto una piastrella del pavimento stesso, sufficiente ad infilare un secchio di piccole dimensioni. Lo scrivente infatti rammenta che quando, da ragazzino delle elementari, frequentava quella Chiesa, le donne che lavavano il pavimento attingevano l'acqua da quel punto. All'esterno della chiesa, invece, a sinistra di chi guarda, ad altezza d'uomo, c'è una porticina, all'epoca in legno, ora sostituita da una vetrata, da dove le nostre nonne tiravano su l'acqua per bere, per cucinare che per fare il bucato. A quei tempi quella cisterna era meglio conosciuta come "acquara di San Rocco". Poco più a sinistra di quel pozzo esiste un ingresso dove fu ricavata l'abitazione del custode (Rocco era il suo nome). Trattavasi di due piccoli locali, il primo fungeva da ingresso-soggiorno-sala da pranzo, il secondo da camera da letto. Per il motivo di cui sopra fu murata la porta che da queste stanze immetteva direttamente nella sagrestia e nelle scale dell'appartamento di cinque vani situato al piano superiore.

La popolazione cegliese ha attinto acqua da quel pozzo fino a meno di cinquant'anni fa, nonostante che l'acquedotto pugliese fosse arrivato in città nel lontano 1916.

L'acqua, così dicasi per la fognatura, nelle nostre vecchie abitazioni è di epoca molto recente, intorno agli anni Cinquanta-Sessanta.

Durante i festeggiamenti della ricorrenza del Santo, le vie cittadine vengono addobbate con luminarie, meglio conosciute col nome di ville.

Nella piazza principale anch'essa vestita a festa ed illuminata, si esibiscono rinomati concerti bandistici, per la gioia dei pochi, con repertori di musica classica e non. La statua del Santo viene portata in processione attraverso le principali strade cittadine, con la devota partecipazione della intera cittadinanza e delle Autorità civili e militari.

Fin dall'antichità, nei giorni di festa, la Chiesa e il Santo, erano e sono mete di pellegrini provenienti da tutte le contrade circostanti e anche dai vicini paesi. La festa finiva a tarda notte con la solita gara di fuochi artificiali. Al termine dei quali la gran parte dei cegliesi, cosiddetti artieri, si trasferiva nelle campagne vicine per la tanto cara villeggiatura, ma la vera ragione era la raccolta dei fichi, dell'uva e delle mandorle e vi si rimaneva fino ad ottobre inoltrato. La scuola infatti iniziava intorno al 15 di ottobre.

Alle spalle della chiesa un terreno, di proprietà comunale, veniva attrezzato per la sosta dei mezzi di trasporto (carrozze, carri, cavalli, muli) dei lavoratori, zappatori (di campagna) e foretani (forestieri).

Durante le elezioni per il referendum del 1946, alcuni elementi del Partito Monarchico volevano stampigliare il volto del Re Vittorio Emanuele III, sulle lisene della facciata anteriore della chiesa.

Chi scrive, all'epoca, ragazzino e frequentatore del catechismo, ricorda che don Oronzo Elia tentò in tutti modi di difendere il fabbricato, arrivando addirittura alle mani con uno di costoro, ma non poté farci proprio niente, riuscirono a pitturare quel volto sulla parete.

Quelle due stampe fino a non molti anni fa erano ancora ben visibili.

Alcune parti della chiesa furono ristrutturate per costruirvi un asilo infantile.

Negli anni Cinquanta, uno dei migliori artigiani cegliesi del tempo, forse il migliore in tutti i sensi, con laboratorio di falegnameria in Via San Rocco, poi trasferitosi in Via F. Argentieri, di nome Mestr' Marchicchij d'Marc' al secolo Marco Nacci, ridipinse l'interno del Sacro Edificio.

In quell'occasione utilizzando il ponteggio in legno che era stato innalzato, fu rifatto l'intero impianto elettrico che corre lungo il cornicione che cinge tutto il Tempio, ormai non più idoneo alle esigenze del momento. E' da tenere presente che all'origine (1888) l'illuminazione della chiesa era con lampade ad olio, successivamente, con l'arrivo dell'energia elettrica nella nostra città (1898-1903), fu attuato l'impianto elettrico con tensione di 125 volt. Quando questo fu rifatto (anni '50 del secolo scorso) fu necessario sostituire tutti i conduttori.

Nella stessa occasione fu deciso di fornire la chiesa di un sistema di diffusione e fu la prima ad avere quella novità.

Vorrei focalizzare l'attenzione sul fatto che quel pittore all'epoca non aveva tutta la gamma di colori disponibili ai nostri giorni. Egli preparava in prima persona, di volta in volta, i vari colori, le varie tonalità, le varie quantità necessarie per la giornata lavorativa in un secchiello tutto sporco all'esterno di vernici di colori diversi e ormai seccati. La cosa davvero strana era che quella pittura era sufficiente per quel giorno.

L'artigiano di cui sopra, tra l'altro, dipinse anche il Calvario.

Mestr' Marchicchij, costruì anche le panche che furono sistemate nella navata centrale, e quindi le nonnine non furono più costrette a portare al seguito la sedia per assistere alle funzioni religiose.

Ma la cosa strana e che mi è rimasta impressa nella memoria era che le donne dovevano prendere posto nelle panche di destra e gli uomini in quelle di sinistra, anche se marito e moglie, madre e figlio, fratello e sorella.

 

 

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