La
Chiesa Madre di Ceglie Messapica
di Pasquale Elia
PER
Chiesa Madre o Matrice si intende il primo Tempio costruito sul
territorio da cui poi sono nate le altre chiese cittadine (Biblioteca
Capitolare del Duomo di Monza, A.B. Berger, Dizionario
Enciclopedico della Teologia, della Storia della Chiesa, degli Autori
che ha scritto intorno alla Religione, dei Concilii, Eresie, Ordini
Religiosi, ecc. Tradotto in italiano da Padre D. Clemente Biagi,
Venezia 1827, Edizione originale 1724, Tomo I e VII).
Avrete certamente notato che la porta principale di questa chiesa, così come quelle della maggior parte delle chiese cittadine, è rivolta ad OCCIDENTE (la diroccata San Demetrio, l’Annunziata, la costruendo San Lorenzo da Brindisi, quella della Casa di riposo San Giuseppe, quella dell’Immacolata Concezione – Opera don Guanella, quella delle Suore domenicane di S.Sisto, ecc.), di conseguenza, l’altare maggiore è orientato ad ORIENTE. …Generalmente
parlando – scrive A.B.
Berger – l’altare della chiesa
era rivolto verso l’oriente, verso cui solevano pregare i cristiani.
Usavano i primi cristiani di rivolgersi dalla parte dell’oriente a
pregare Dio, ed erano persuasi che questa pratica venisse dagli
Apostoli. Quando si fabbricarono le antiche basiliche, si ebbe
attenzione di situare la porta ad occidente, ed il coro con l’altare
ad oriente….. (A.B.Berger, Dizionario Enciclopedico della
teologia, della storia della Chiesa, degli Autori che hanno scritto
intorno alla Religione, dei Concilii, Eresie, Ordini religiosi,
cit., Tomo I, p.190-195). ….I
Padri assegnano diverse mistiche ragioni di tale uso….. (A.B.
Berger, cit. Tomo VII, p.302-393). Devo
precisare che fino a non molti anni fa il sacerdote durante la
celebrazione della Santa Messa volgeva le spalle ai fedeli, quindi anche costui volgeva il
suo viso ad ORIENTE Anche
gli islamici quando pregano, hanno come punto di riferimento
l’ORIENTE. Gli stessi induisti si rivolgono a LEVANTE, perché in
questo modo, a loro dire, possono raggiungere “la
consapevolezza spirituale”. La
vecchia Chiesa, quella altomedioevale, fu ristrutturata (reparavit)
tra il 1521 e il 1525, fin dalle fondamenta (funditus), al tempo dei coniugi Aurelia e Giovanni Sanseverino i
quali vollero fortemente quell'opera, con il contributo dell’Universitas
(odierno Comune) e di tutto il popolo cegliese. A ricordo di
quell’impresa fu collocata sulla facciata del Tempio una lapide. Quel
termine reparavit ci dà ad intendere che all’epoca preesisteva
altra chiesa, edificata certamente molti secoli prima, se teniamo per
buono che nel IV secolo nacque a Ceglie e quivi fu battezzato Giuliano,
vescovo di Eclano, strenuo assertore delle teorie pelagiane [Cesare
Barone, latinizzato Baronius (1538-1607), cardinale e storico, in Annales
Ecclesistici; L. Giustiniani, Dizionario Geografico ragionato del
Regno di Napoli, Napoli 1804; A.D’Amato, Sant’Agostino e il
vescovo pelagiano G., Avellino 1930;
G. Morin, Un ouvrage restituè à Iulien d’Eclanum, in Revue
bénèdictin, 30 (1913), p.1-24; F.Casotti-S.Castromediano-L.Desimone-L.Maggiulli,
(a cura di) G. Donno – A. Antonucci – L. Pellé, Dizionario
Biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, Martina
Franca 1999, p.235; M. Ciracì, Patriae Decor, Oria 1995, p.59). Quella
Chiesa era, nei tempi antichi, ed ancora oggi è, La
Chiesa principale di Ceglie e fu dedicata a Santa Maria Assunta. (G.Magno-P.Magno,
Storia di Ceglie Messapica, Fasano,
1992, p.324). Era l’unica chiesa cegliese dove veniva celebrato il
sacramento del battesimo, perché la sola con il Fonte battesimale, la
sola parrocchia della città. Il
dogma dell’Assunzione è il coronamento della divina maternità, della
perpetua verginità e dell’esenzione di Maria dal peccato originale.
Esso fu definito da Pio XII il 1° novembre 1950. La formula è così
concepita: “definiamo essere un dogma da Dio rivelato che l’Immacolata Madre di
Dio, sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena fu
assunta alla gloria celeste in anima e corpo” (cfr. Pio XII, cost.
ap. Munificentissimus Deus, in
AAS., XLII, 1950, p.770). Con
le parole “….terminato il
corso della vita terrena……” il Papa prescinde dall’indicare
in quale modo Maria abbia chiusa la vita terrena (Bibliotheca
Sanctorum, Roma 1961, vol. VIII, p.871).
I
coniugi Sanseverino erano originari di Saponaria, poi Saponara, quindi
Grumento Nova in provincia di Potenza. Quella città era il feudo
prediletto di quel ramo non meno importante dei Sanseverino. I
personaggi più in vista di quel Casato furono, per la maggior parte,
tumulati tutti nella Cappella della famiglia nella città in argomento. A
quei tempi, non c’erano ancora i cimiteri, si usava perciò tumulare
all’interno delle chiese. Le famiglie agiate e il Clero facevano
costruire le Cappelle (gli altari laterali) dove poi riservandosi lo jus
Patronatus vi seppellivano i loro cari, mentre la gente comune
veniva interrata in cimiteri allestiti, di norma, all’esterno delle
chiese, o sotto il pavimento dello stesso Tempio. E’ noto a tutti che
sotto il pavimento della nostra chiesa sono accatastati centinaia di
cadaveri. Devo segnalare inoltre che un certo Annibale Gioia, nel 1607,
nel suo testamento lasciò come disposizione al figlio che…..faccia
una Cappella nella Chiesa Madre di Ceglie con spendere quanto ad esso
parera con farci uno pitafio sopra che in sustansia dica Jus Patronato
facto per Annibale Gioia et suoi posteri habiano la eleccione in
perpetuo (ASBr., Stefano Matera, a.1607, C.63.INV.III.3.1.II.6). L’Annibale
Gioia di cui sopra era il procuratore di don Ferdinando Sanseverino,
barone di Ceglie e conte della Saponara (ASBr., Notaio Cornelio Vacca,
31.12.1583, C.184.INV.III.B.3.1.I.14). Quel
beneficio con jus patronatus della famiglia nobile, o comunque
economicamente agiata, era trasmissibile agli eredi e per questo
sopravvissuta fino all'ultimo rappresentante, quando, con la morte di
questi, passava alla consorte o ad altre famiglie con cui era
apparentato, se non a decretarne, con il placet dell'Autorità
ecclesiastica, la soppressione del beneficio e la vendita dei cospicui
beni ad esso attribuiti per volontà del fondatore o di suoi congiunti. Alcuni
storici locali affermano che la Cappella funeraria degli….. utili signori e padroni di Ceglie….., fosse ubicata
nell’abbattuta Chiesa dei Padri Cappuccini. Se ciò fosse vero
dovrebbe trattarsi unicamente della Cappella della famiglia dei Sisto y
Britto, ma non certamente delle altre Casate feudatarie. E’ mai
possibile che nessuno fornisce una valida documentazione al tal
proposito? Abbiamo
affermato che la parte sotterranea della nostra Chiesa Madre era
adibita, fin dall’antichità, a sepolcro della popolazione cegliese.
Il Tempio di Sant’Antonio Abate e quello dell’Annunziata non erano
attrezzate alla necessità, né tanto meno quello di Ognissanti o di San
Martino, ma più che chiese vere e proprie queste ultime erano delle
Cappelle sufficientemente idonee solo per la celebrazione del Sacro
Rito. Non esistevano, all’epoca, all’interno della cinta muraria,
altre chiese attrezzate alla bisogna. L’Abbazia di Sant’Anna, extra moenia, era molto lontana dall’allora Borgo medioevale,
nonostante tutto si continuò a tumulare fino al 1884 quando le tombe
furono “suggellate” (Augusto Conte, Toghe cegliesi, Ceglie
Messapica 1997, p.51), la Chiesa dei frati Cappuccini venne quasi un
secolo dopo, mentre San Domenico sarà disponibile nell’avanzata
seconda metà del XVII secolo (1688). Per
quanto sopra in questa nostra Chiesa Madre fu sepolto, nell’ottobre
del 1602, Fabrizio Sanseverino. Il fratello Lucio, a quel tempo, vescovo
di Rossano (Calabro), fece costruire…. dentro
la Chiesa Maggiore una
Cappella dedicata alla Santissima
Concezione (ASBr. Notaio Stefano Matera, a.1602). L’unica Chiesa
Maggiore, all’epoca, era questa. Mi confortano, tra l’altro, V.
Albanese, in Di Ceglie sua origine
e successi, cap. II, folio373/v;
D.T.Albanese (1620-1685), in Historia
delle antichità di Oria, città della provincia di Terra d’Otranto
raccolta da molti antichi e moderni geografi ed historici; C. F.
Palmisano, in Mala Cuncta…….Vos
Spernam; Rocco Antelmy, in Ceglie
Messapico, Accenni alla sua antichità, i quali tutti concordano che
il nostro Fabrizio fu sepolto nella Chiesa
Maggiore. Voglio
azzardare che in questa Chiesa fu tumulata, nel 1641, anche la
duchessina Isabella Noirot, giovane moglie del Duca don Diego Lubrano.
Nella sagrestia della chiesa di San Domenico, è vero, c’è un sacello
dove si dice sepolta la giovane moglie di don Diego. Mi
preme rammentare, a tal proposito, che il Duca don Diego, nel 1630,
aveva fatto costruire nel Chiesa Madre, a sue spese, una Cappella
dedicata a Sant’Antonio da Padova, Patrono della Città [Notizia
ricavata dalla Relazione della Visita Pastorale fatta da Mons. Parisi,
nel 1644 (don Gianfranco Gallone, La Chiesa e la devozione di San
Rocco a Ceglie prima del ‘900, in E’ ancora l’alba, a
c. di E. Turrisi, Oria 1999, p.53, nota 10], riservandosi lo Jus Patronatus, ossia il diritto di farsi ivi seppellire. Perché
undici anni dopo permette che la giovane consorte venga sepolta
altrove? Quella
Cappella è tuttora esistente nella nostra chiesa, e ancora ai nostri
giorni, è dedicata a Sant’Antonio. Trattasi del secondo altare nella
navata di sinistra. E’ da
ritenere quindi che all’atto dell’abbattimento della vecchia chiesa
per far posto al nuovo Edificio l’intero altare fu, dapprima, smontato
e poi assemblato, pezzo su pezzo, con certosina pazienza, nella nuova
chiesa. Altrettanto dicasi per la Cappella fatta erigere dal vescovo,
poi cardinale, Lucio Sanseverino, nel mese di ottobre del 1602, alla
morte del fratello Fabrizio. Quell’altare, dedicato all’Immacolata
Concezione, è situato nella navata destra dell’odierna chiesa ed è
la seconda dall’ingresso. L’immagine…….della Concezione della
Beata Vergine Maria,…….nel vecchio Tempio,….era dipinta sul
muro, la quale per la vetustà è molto consunta….(Notizia tratta
dalla Relazione della Visita Pastorale di Mons. Borghese effettuata
nell’ottobre del 1595 e anche a quel tempo l’altare in argomento si
trovava sul lato destro del Sacro Edificio). Posso affermare ora, con
certezza, che dietro questa Cappella riposa nella pace eterna il
Fabrizio Sanseverino, nato a Ceglie il 24 settembre 1565 e da…Dominus
Federicus Marinarius de Terra Criptaliarum (Grottaglie)
baptizavit... (Archivio
Chiesa Madre, Liber Baptisterii, aa.1565-1603, folio132). La
parete esterna dell’edificio in corrispondenza di quest’altare nella
Via Maddalena risulta intonacata. Altri altari della preesistente chiesa
sono l’ultimo dall’ingresso nella navata di sinistra e quello
dedicato al SS. Crocifisso, nelle immediate vicinanze della sagrestia,
fatto costruire, a spese della municipalità, nel 1622, per un miracolo
avvenuto, “…primo visitavit et diligentes magnam Crucem que est
in medio Ecc. cum imaginem SS. Crucifixi super magna trabi quam laudavit……”
(La notizia la ritroviamo nella Visita Pastorale di Mons. Ridolfi nel
1627). Le quattro Cappelle citate portano, ben visibili, i segni. Un
bravo a quelle maestranze che con grande perizia effettuarono il lavoro
con millimetrica precisione, tanto da sfuggire, per ben due secoli, agli
occhi dei visitatori e degli studiosi più smaliziati. Alla luce di
quanto sopra potrebbero esserci altri altari del preesistente Sacro
Edificio, per esempio, quello dedicato a San Giuseppe. La Chiesa Madre fu elevata al rango di Insigne Collegiata, nel 1605, da Mons. Fornari, vescovo di Oria (cfr.
G.Magno.P.Magno, cit. Fasano 1982, p.65). Il notaio Stefano Matera
riporta testualmente in un suo atto datato 1
genaro 1606 ….in Dei Domine Amen. Per lo presente atto di
pubblicazione…..del rev. Don Paladino Nisi, Arciprete della Collegiata
Chiesa della Assunzione di questa Terra di Ceglie del Galdo…, e in
un altro atto notarile datato 9 aprile 1609 Collegiata Chiesa dell’Assunzione di
Ceglie (ASBr., Stefano Matera, C.32.INV.III.B.3.1.II.6). Mercoledì
20 febbraio 1743, alle ore 23.45 (ASBr., Notaio G. M. Bonavoglia,
prot.42, CC.39-40; Notaio A. Carrasco, a. 1745, prot.16, CC.12/v-13/r;
E. De Simone, Vicende Sismiche Salentine, Lecce 1993, p.73; Cattedrale di Brindisi
targa posta sulla facciata anteriore a destra dell’ingresso), ultimo
giorno di carnevale – riportano le cronache del tempo – una
disastrosa scossa tellurica, del 5°-6° della scala Mercalli, colpì il
Salento con epicentro il Canale d’Otranto provocando, tra l’altro,
non pochi danni. Le città più colpite dal sisma, con gravi danni a
cose e persone, di cui si hanno notizie, furono Brindisi, Lecce,
Francavilla, Nardò, Oria, Mesagne, Manduria. Ma anche Ceglie non fu da
meno, per niente risparmiata dal disastroso evento. Non ho notizie di
vittime fra la popolazione, potrebbero però essercene state. Manifestazioni
di penitenza e di ringraziamento per lo scampato pericolo si svolsero in
tutti i centri coinvolti dal sisma, ma l’emergenza sarebbe continuata
nei mesi successivi. Mentre tutti erano intenti a riparare i danni
cagionati dal terremoto del 20 febbraio, altre due scosse, sempre del 5°-6°
della scala Mercalli, si fecero sentire nel mese di ottobre: l’una
alle ore 09.00 del giorno 11 e l’altra alle ore 08.55 del 31 (F.Ascoli,
La Storia di Brindisi, Fasano
1976, p.350). La tradizione vuole che – scrive l’Ascoli
- nella occasione di quel
terremoto, mentre il popolo rifugiatosi nella Chiesa di San Paolo
impetrava grazia dal Signore, la statua della Madonna dell’Assunta
aprisse le mani in atto di dire al popolo: Rassicurati, ch’è l’ira
divina è stata placata. Fino a pochi anni addietro solennizzavasi il
giorno 20 febbraio con una pubblica processione, portandosi in giro per
la città questa Madonna, ch’esiste ancora oggi nella chiesa di San
Paolo. Le pareti della chiesa, già lesionate con la scossa del mese
di febbraio, potrebbero averne risentito. Sta di fatto che l’ospedale
di Ceglie, per esempio, fu seriamente danneggiato tanto che nel mese di
dicembre dello stesso anno fu necessaria la sua riedificazione e ristrutturazione (ASBr., T. Lamarina, a.1743,C.298
/T.INV.III.B.3.1.X 2). Fu
pertanto decisa la costruzione di una nuova Basilica con il contributo
volontario di tutti i cittadini di ogni ceto sociale. Il canonico don
Michele Caliandro, per esempio, nel suo testamento lasciò ducati 50 a
beneficio della nuova fabrica
della Chiesa Matrice di Ceglie (ASBr., Notaio M.Gioia, a.1782, C.49
/53/T.INV.III.3/1 XII.5); il Magnifico Cataldo Antelmi lasciò 300
ducati per la costruzione della
nuova Chiesa Matrice (ASBr., Not. M. Gioia, Anno 1783,
C.324.INV.III.B.3.1.XII. 16). Le esigenze della popolazione intanto erano cresciute, quindi, anche la chiesa fu progettata e costruita più grande e più bella, così come noi la vediamo oggi. Credo
che per i motivi di cui sopra il 5 febbraio 1781, XV Indizione, in
Terra Cilij Hjdruntae Provinciae, fu firmata una cosiddetta convenzione
per il restauro, ampliamento e riattamento della Chiesa Matrice…. tra
li signori deputati dell’universali Matrice Chiesa di questa terra, il
signor duca don Annibale Sisto, il signor tesoriere don Giambattista
Calciuri, il signor canonico don Oronzio Ciciriello, il signor canonico
don Rocco Agostiniello, il reverendo mastro di studii fra Vincenzo
Lamarina, il Magnifico don Francescantonio Lupoli, e mastro Andrea
Cavallo da una parte; e li mastri Salvatore e Francesco Paolo Trinchera
padre e figlio della Città di Ostuni (ASBr., Fondo Notarile di
Ceglie Messapica, Notar C. Agostiniello, a.1781, INV. 1680).
Per
fare spazio alla costruzione del nuovo Tempio, progettato dall’Arch.
Don Giambattista Broggia della Città di Napoli, ed eseguita
da Mastro Salvatore e Francesco Paolo Trinchera, padre e
figlio di Ostuni, ma al presente in questa suddetta terra di Ceglie,
ossia domiciliati temporaneamente a Ceglie, fu abbattuto - scrive il
cronista domenicano -…un
orologgio (a meridiana fatto costruire, intorno al 1568, da Giovanni
Giacomo Sanseverino, V conte della Saponara), …..posto
a ponente, nell’orto di
proprietà della stessa Chiesa
Madrice e l’Arco della
Madonna della Grazia, posto a
leuante…. (ASBr., Platea di San Domenico, a. 1744, p.185).
L’Arco della Madonna della Grazia quindi si trovava alle spalle
dell’attuale edificio, mentre l’orologio a meridiana doveva
trovarsi, all’incirca, dove ora insiste la facciata principale della
chiesa, ossia proprio di fronte all’ingresso del castello. Altra
convenzione, e determinazione fatta tra li signori deputati della
fabrica della Madrice Chiesa di questa terra di Ceglie, e mastro
Salvatore Trinchera della città di Ostuni fu firmata il 23
maggio 1789, 7^ indizione, in cui compare, fra i costruttori, anche Mastro
Carmine Pascale della città di Ostuni (ASBr.,
Fondo notarile di Ceglie Messapica, Notar Agostiniello Cataldo, a. 1789,
C.219-224, inv. 1687), il quale era il suocero dell’ing. Francesco
Paolo Trinchera. Il
5 gennaio 1790, fu espressa Soddisfazione, e quietanza di ciocche
devono ricevere mastro Salvatore Trinchera, il signor dottor don
Giuseppe Ayroldi, curatore per li pupilli del fu magnifico ingegnere
Francesco Trinchera, e mastro Carmine de Pascale della città d’Ostuni,
dalli signori deputati della Madrice Chiesa di questa Terra di Ceglie (ASBr.,
Fondo Notarile di Ceglie Messapica, Notar Agostiniello Cataldo, a.1790,
c.4/v-10- Inv.1688). Nel documento di cui sopra è inserito un decreto della Corte
Ducale di Ostuni a firma
del Governatore e Giudice di quella città Giuseppe Capece. Trattasi
di una richiesta avanzata dalla …..Magnifica Rosalia Pascale,
vedova del quondam Francesco Paolo Trinchera, Reggio Ingegnere…. Madre
e Tutrice dell’unico Pupillo Salvatore Trinchera procreato in costanza
di Matrimonio col medesimo……..essendo già compito l’opera della
Chiesa di Ceglie partitata da esso defonto suo Marito ove gli accadde il
fatale funestissimo avvenimento colla perdita della vita….la quale
chiedeva alla Corte ducale la nomina di un Curatore…. abile,
probo ed Idoneo…… Il
15 giugno 1789 era stato nominato Curatore il Magnifico V.I. Dottor Don
Giuseppe Ayroldi di Ostuni (Terre
Celiarum del Galdo Hydruntini Provincia, Oria 1997, Parte IV, p.62-63). Alla
luce di quanto sopra dobbiamo ritenere, pertanto, che l’odierna chiesa
non fu ricostruita ex novo fin dalle fondamenta come si è sempre
pensato, ma fu restaurata, riattata ed ampliata alle esigenze della
accresciuta popolazione, quella fatta costruire dai coniugi Aurelia e
Giovanni Sanseverino tra il 1521 e il 1525. Tra l’altro, come già
citato, anche alcuni altari laterali sono gli stessi di quel vecchio
Sacro Edificio. Le colonne poste ai lati del pozzo nel cortile del castello sono di fattura più antica e di materiale, decisamente, diverso da quello del castello. Quelle colonne potrebbero appartenere al portico della chiesa preesistente. L’attuale facciata della Chiesa Madre ha, per esempio, la parte litica più bassa costituita da materiale diverso da quello dell’intero Tempio. Il motivo potrebbe essere che le pietre utilizzate per la costruzione della facciata provenissero da due diverse cave di cui una non in territorio cegliese o, meglio ancora, forse l’ipotesi più credibile, potrebbero essere quelle della vecchia chiesa abbattuta. Sono solo delle congetture, tra l’altro, non suffragate da alcuna documentazione. La
Chiesa è un edificio a croce greca con cupola che custodisce alcuni
dipinti di Domenico Carella tra cui una Cena
biblica con veduta prospettica di Ceglie fine ‘700, l’Ultima Cena,
l’Assunta, la Madonna della Grazia con Bambino tra i Santi genuflessi
Vincenzo di Paola e Filippo Neri (I.
Conte, Le tele di Domenico Carella nella Collegiata di Ceglie Messapica, Manduria
1997). Di
pregevole fattura è il “Cristo
uscente dal sepolcro” di pietra policroma, attribuito a Raimondo
da Francavilla, incastonato in una parete della sacrestia, al quale fa
riscontro il “Crocifisso” ligneo
in cui la figura di Cristo – scarno e quasi consunto – fa ammutolire
per l’austera severità (cfr. Isidoro Conte–G.Scatigna Minghetti, Ceglie
Messapico, arte, ambiente, monumenti, Ceglie Messapica 1997, p.28). Affiancato
il campanile tozzo e massiccio con le sue campane, il cui rintocco è
ascoltato in tutta il Borgo medioevale, e non solo. Nella
chiesa è custodito il simulacro di Sant’Antonio da Padova, Patrono
della città, cui si affianca una tela del taumaturgo patavino firmata
da Pacecco de Rosa. L’Amministrazione comunale cegliese in data 14 marzo 1823
indirizzava al vescovo di Oria una supplica
(richiesta) nella quale chiedeva il
permesso di festeggiare Sant’Antonio da Padova il giorno della sua
ricorrenza (13 giugno) e non
la domenica successiva come era stato fatto fino a quel momento (ASBr.
Conclusioni decurionali –
Inventario a. 1823, b.9, fasc.3). L’autorizzazione evidentemente
fu concessa, infatti, la ricorrenza ormai si festeggia il 13 giugno. Il
Tempio fu consacrato, nel 1789, dal vescovo di Oria, Alessandro Maria
Kalefati, il quale diresse quella Cattedra dal 1789 al 1794, durante il
regno di Ferdinando IV di Borbone (con l’unificazione del regno di
Napoli e del regno di Sicilia, nel 1806, Ferdinando IV assunse il nome
di Ferdinando I, re delle due Sicilie). Nel
1893, fu rifatta la pavimentazione così come è oggi, a cura e spese
del Comune. Il Sottoprefetto di Brindisi (Ceglie allora era in provincia
di Lecce), nel trasmettere la delibera al Prefetto di Lecce per la
definitiva approvazione segnalava la “grave
irregolarità commessa da quel Municipio coll’aver deliberato di
concorrere a tale spesa dopo che l’opera era stata eseguita”. La
Giunta Provinciale Amministrativa (ora CO.RE.CO), nella seduta del 25
maggio 1893, approvava “…..il
fatto compiuto” (ASLe., Atti Provincia, b.223, fasc.1209,
aa.1855-1915). A titolo di cronaca Ceglie aveva, nei secoli passati, all’interno delle mura oltre a quelle già menzionate anche la chiesa di Ognissanti, di San Martino, poi, di San Demetrio, di San Giovanni Evangelista dello Spedale ossia San Domenico, fuori le mura, invece, l’Abbazia di Sant’Anna, San Nicola, San Sebastiano (Scuole Pie), San Giovanni, San Rocco, San Michele, le Croci, Madonna della Grotta, Santa Maria degli Angioli ossia la chiesa dei Cappuccini. Il Real Dispaccio 8 ottobre 1785, invitava le Chiese Collegiate sprovviste di regio assenso, a predisporre entro due mesi i loro Statuti. Gli arcipreti avrebbero dovuto spedire copia degli Statuti al Cappellano Maggiore in Napoli per ricevere l'assenso della Real Camera di Santa Chiara. Non conosciamo, almeno lo scrivente non è a conoscenza, se l'Arciprete cegliese del momento abbia poi redatto lo Statuto. Il
Capitolo era costituito da un numero prefissato di unità (Arciprete,
Canonici, ecc.). Altre figure rappresentative del Capitolo erano oltre
all'Arciprete, il Decano,
che sostituiva l'Arciprete in caso di assenza o di morte, l'Economo
o Vicario foraneo, che curava gli affari minuti della chiesa e
il Maestro
di Cerimonie, che dirigeva e regolava le sacre funzioni. L'Arciprete
doveva essere, necessariamente, dottore dell'una e l'altra legge (utriusque juris), e solo a
lui competeva istituire pubbliche
processioni o altro, a suo arbitrio. Inoltre era riservato a lui la
celebrazione dei battesimi e dei matrimoni, i cui proventi costituivano
i diritti
della stola.
Una delle principali fonti di introito per la Insigne
Collegiata era costituita dalle Decime
Sacramentali.
La chiesa, oltre ai servigi religiosi da rendere alla
popolazione, era obbligata alla tenuta del Registro della popolazione o Stato delle anime.
Con
l'avvento dei francesi nel regno di Napoli, le Decime
vennero abolite e sostituite dalla Congrua.
Questa
veniva pagata dai Comuni.
Tale decisione venne confermata poi dalla legge 13 febbraio 1812.
Lo Stato
delle anime passò di competenza dei Municipi che istituirono i Registri
dello Stato Civile.
A seguito del Decreto Luogotenenziale 17 febbraio 1861 furono
soppresse, nelle province napoletane e siciliane, insieme agli Ordini
monastici, anche i Capitoli delle Chiese Collegiate, non aventi cure
d'anime. Con la successiva legge 7 luglio 1866, furono soppresse tutte le Chiese Collegiate (con o senza cure d'anime) e con legge 15 agosto 1867 anche le Chiese ricettizie. Da quella data le Chiese Collegiate rimasero delle semplici PARROCCHIE. Quando con la precitata legge i beni furono incamerati dallo Stato, essi furono poi venduti all’asta a privati. In tal modo, arredi sacri in metallo prezioso, appezzamenti di terreno, case, libri, dipinti, vere e proprie opere d’arte fecero la fortuna di agiati cittadini. In questa chiesa, come nelle altre, furono istituite delle Confraternite. Queste erano delle associazioni di laici che fiancheggiavano l'opera della Chiesa e sovente furono da essa utilizzate per arginare le irruzioni eretiche. Le Confraternite hanno rappresentato, attraverso i secoli, il mezzo tradizionale di attivazione del fervore religioso e della pratica cristiana dei laici. (Aggiornato mercoledì 14 gennaio 2004)
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