La scuola elementare di Suor Arsenia
di Angelo Palma
Legenda foto (da
sinistra)
Suor
Amelia, Suor Arsenia 1°
fila in alto: Ina Gallone, Mariligia
Argentiero, Mimmetta Gatti,
Sara Elia,
Grazia
Pia Gallone, Antonietta Ciracì fila
centrale: Loretta Gianfreda, Sisto, Giacomina Erriquez, Elvira
Scatigna,
Vincenzina
Argentiero 1°
fila in basso: Lillino
Palma, Michele Epicolo, Pinuccio Barletta, Piero Aversa, Donato Magno, Carlo Pepe, Oronzino Semeraro
* * * * *
Fino al 1954, a Ceglie, esisteva soltanto una scuola elementare privata, quella delle Suore Domenicane in Via XX settembre. Le altre erano dei doposcuola. Nell’ottobre del 1954, le Discepole di Gesù Eucaristico aprirono la seconda scuola elementare privata nella parte vecchia del paese, in Via Paolo Chirulli. Erano a Ceglie già dal 1948. Appartenevano ad un ordine fondato nel 1923 da Raffaello Delle Nocche, nativo di Marano di Napoli, vescovo di Tricarico. La scuola fu costituita accogliendo fanciulli provenienti, in parte, dall’asilo delle Domenicane ma, soprattutto, dalla scuola materna di Suor Lina. Questa suora, nata a Manfredonia con il nome di Antonietta Notarangelo, era a Ceglie, presso l’Istituto Gesù Eucaristico, già dal 1950. Appariva come una persona dolce, con il sorriso sulle labbra, che dava molto spazio al gioco e alla creatività. L’inizio delle elementari rappresentò per noi il passaggio dalla dolcezza e dal sorriso alla durezza e alla severità. Erano queste alcune caratteristiche di Suor Arsenia, Anita Spano, trentottenne, nativa di Gallipoli e leccese di adozione: la nostra insegnante. Piccola di statura, fisico asciutto, colorito scuro, un neo evidente sulla guancia, aveva un alto concetto della disciplina e dell’ordine, ma era anche dotata di un’ottima preparazione e una buona capacità didattica. Adottava un elevato rigore con coloro i quali non rispettavano le regole. Chi disegnava durante le spiegazioni era privato del proprio album. Requisiva penne a biro e gomme da inchiostro, perché proibite. Adoperava il peperoncino per dissuadere dal portare alla bocca l’asta delle penne. Spesso espelleva dall’aula. Schiaffi, digiuni, ceci sotto le ginocchia erano le punizioni più forti. Per i più ribelli usava, addirittura, la cinghia. Già a quei tempi, tanta severità era considerata, da alcuni, discutibile. Oggi lascerebbe sconcertati. Ma Suor Arsenia va capita: quelli erano, infatti, i metodi educativi di allora, apprezzati, a fin di bene, da molti genitori. D’altra parte ella si applicava molto nell’insegnamento. Ci teneva affinché scrivessimo in bella grafia, con l’inchiostro. Ci addestrava a comporre in forma corretta e scorrevole. I temi dovevano essere ricchi di idee e privi di banalità. Approfondiva particolarmente la storia e la geografia con confronti e considerazioni. I problemi di aritmetica erano un’occasione per imparare a ragionare. I disegni si rappresentavano con gusto e aderenza alla realtà. Si studiava molto. Si iniziava dalle otto e mezza del mattino, dopo una breve preghiera, e si finiva alle cinque del pomeriggio. Si facevano poche pause, ad eccezione dell’intervallo per il pranzo. A casa poi si dovevano svolgere altri compiti. Chi non studiava era trattenuto fino a tardi per recuperare. I voti non erano mai alti, tranne agli esami, a cadenza annuale. Il calendario scolastico era severamente rispettato, senza deroghe. Non faceva eccezione nemmeno un sacramento come la Prima Comunione, particolarmente importante per l’Ordine. Ne ricordiamo la data: 16 giugno del 1956, alcuni giorni dopo gli esami. Questi sacrifici diedero i loro risultati. Alle medie il confronto, con coloro che provenivano da altre scuole, era mediamente a nostro favore. Per merito di Suor Arsenia, avevamo una buona preparazione e un profondo senso del dovere. * * * Eravamo una classe mista di venti allievi in prima e di una quindicina negli anni successivi, con prevalenza femminile nei primi due anni e maschile negli ultimi tre. La nostra data di nascita si collocava tra il 1947 ed il 1949, anno degli anticipatari. Mista era anche la condizione sociale ed economica delle nostre famiglie, che si manifestava in maniera marcata, tra l’altro, nel vestire e nella pulizia. Le suore ne tenevano conto. Facevano pagare la retta in maniera diversa. Trattenevano a pranzo i più bisognosi. Distribuivano quanto arrivava dagli Stati Uniti, come “dono del popolo americano”. Tutti indossavamo un grembiule nero e un colletto inamidato bianco: gli stessi colori dell’abbigliamento delle suore. Le femminucce portavano un fiocco bianco sulla sommità della testa o all’attaccatura delle trecce e del codino. Facevamo lezione in un’aula che non dava sulla strada. Prendeva luce dall’alto e da una veranda laterale. Comunicava con un ambiente buio, adiacente agli appartamenti delle suore e alla cappella in penombra, luogo dei ritiri spirituali. Il ricordo più lontano risale ai primi giorni di scuola. Francuccio Mastro era il più piccolo della classe. Non si adattava al brusco passaggio alla severità. Perciò fingeva di addormentarsi per impietosire Suor Arsenia e ottenere di poter ritornare all’asilo. Dopo vari tentativi, riuscì nel suo intento. Oggi vive a Roma ed è dirigente di banca. Un pensiero particolare va alla breve permanenza di Lillino. Egli era affetto da disturbi motori, ma riusciva a socializzare con tutti. Non ci sono ricordi di coloro che andarono via alla fine del primo anno: Donato Magno, ora dentista a Bisceglie; Carlo Pepe, dirigente di banca; Loretta Gianfreda, maestra; Antonietta Ciracì, professoressa di lettere, ed una certa Sisto, della quale si sono perse le tracce. C’era un fanciullo dal colorito molto scuro, che si iscrisse in seconda, Emanuele Balestra. Era uno degli otto figli del fruttivendolo Giuseppe di Fontana (Pepp’ d’ ‘Ntan’). Non studiava, ma riusciva ad essere bravo in aritmetica. Attualmente vive a Milano. Molta timidezza manifestava Adolfo Allegretti, ultimo di una famiglia numerosa: “gli Allegretti Minori”. Era premurosamente interrogato sulla colazione del mattino, perché era molto magro. Aveva iniziato a frequentare dal terzo anno, insieme con Giuseppe Chirico. Entrambi sono professori di matematica. Le recite, i canti, i cartelloni colorati alle pareti, i formaggini gialli nel refettorio sono i lieti ricordi di Elvira Scatigna, dalle lunghe trecce e dal comportamento gentile, oggi professoressa di lettere. Ella frequentò, insieme con noi, i primi due anni. Poi passò alla scuola delle Domenicane, più vicina alla casa dove si era trasferita la sua famiglia.. L’unico forestiero era Tommaso Villani, nativo di Ruvo di Puglia, figlio di un panettiere che aveva trovato lavoro presso il forno di Angelo Argentiero (Angiulin’ a Spagnol’). Egli si era unito a noi, a cominciare dalla terza. Lavora a Milano come autotrasportatore. Brillante e notevolmente estroversa era Mariligia Argentiero. Amava molto scrivere e soprattutto disegnare. Intollerante nei confronti della severità di Suor Arsenia, preferì completare la quarta e la quinta presso le scuole pubbliche. E’ architetto. Insegna storia dell’arte presso il Liceo Ripetta di Roma e collabora con l’Università della terza età Unisped, sempre a Roma. I modelli, che disegnava Mariligia, si ispiravano ai disegni di Giacomina Erriquez, dai capelli molto chiari, anche lei fantasiosa. E’ professoressa di lettere. Con Giacomina si apre il gruppo di coloro che frequentarono per intero il corso tenuto da Suor Arsenia. Dopo di lei viene in mente, per la sua bravura, Mimmetta Gatti, figlia del poeta dialettale Pietro e professoressa di lettere. Un giorno ebbe un castigo per essere caduta con sedia, tavolino e inchiostro, mentre mostrava compiaciuta le scarpe nuove a Piero Aversa. Piero, dirigente dell’Alitalia a Roma, era un fanciullo tranquillo e ordinato, dai capelli lisci e biondi e le orecchie a sventola. Il padre era vice sindaco. Il fratellino Roccuccio veniva spesso a trovarlo per le caramelle. I più spiritosi e irrequieti erano Pinuccio Barletta, Michele Epicoco, Oronzino Semeraro ed Emanuele Balestra, già nominato, i quali studiavano poco e ne combinavano tante: si ricorda l’episodio di Pinuccio che mise nel calamaio le trecce di Sara Elia. Sara era la figlia di Ambrogio, che faceva il carpentiere per carri, mestiere antico e romantico. Ella ricorda il terrore per i problemi di aritmetica e la gioia per uno spettacolo di tarantella, molto riuscito e fotografato. Oggi è insegnante. Pinuccio fa l’assicuratore a Milano e Michele è andato in pensione da dipendente Enel. Oronzino era vigile urbano; purtroppo, ci ha lasciati. Pensando ad Oronzino, torna alla memoria la figura di Grazia Pia Gallone, dai capelli nerissimi e ricci, timida e chiusa nei primi anni e progressivamente espansiva in quelli successivi. Amava suonare il piano. Durante i giochi si affaticava molto a causa di una malformazione cardiaca. Era molto religiosa. Desiderava farsi suora, ma non ne ebbe il tempo, perché a undici anni fu chiamata in cielo. Ina Gallone, dal viso tondo e dai grandi occhi, era forse la più buona ma la più incompresa da Suor Arsenia. E’ insegnante di scuola materna. La ringraziamo per aver trovato la fotografia di gruppo, a fianco pubblicata. Penultima del gruppo è Vincenzina Argentiero, la figlia del proprietario del forno, di cui si è parlato prima, e di una antica salumeria dal fascino particolare, in piazza S. Antonio. Era la più alta di tutti, portava delle trecce lunghissime e la frangetta sulla fronte. Ha sempre dimostrato particolare bravura. Oggi insegna presso l’Università di Padova e svolge attività di neurologa presso la clinica associata alla stessa Università. * * * Alla fine di questa panoramica, devo scrivere qualcosa su me stesso. Il mio diminutivo è Lillino. Mio padre, prima di mandarmi a scuola presso le suore, dovette vincere il proprio risentimento verso il mondo ecclesiastico. Era la conseguenza di alcune vicissitudini di un nostro cugino sacerdote. Fu persuaso dalla dolcezza di Suor Lina, dalle informazioni assunte sulle capacità di Suor Arsenia e dalla mia ferma determinazione. Frequentai la prima fino a Pasqua. Poi mi assentai, perché mio padre mi volle con sé, a Roma, poiché temeva di morire per un infarto subito. Perciò non sono presente nella versione originaria della foto di gruppo; la mia immagine è stata aggiunta dopo. Fui ammesso in seconda a conclusione di un corso di recupero, tenuto da Suor Arsenia, che ringrazio tuttora. Ero figlio unico, dopo la morte di mia sorella Grazia, venuta alla luce anni prima di me. Per il tipo di educazione, ero molto timido. Apparivo un po’ restio a giocare con gli altri. Quando svolgevo i temi ero molto frenato dal timore di dire banalità. Soprattutto avevo terrore dei cani. Ne incontravo molti sul cammino da casa a scuola, quello che percorrevo quattro volte al giorno. Sembrava che conoscessero gli orari e mi attendessero determinati a sbarrarmi la strada. In realtà erano dei piccoli e innocui cagnolini che abbaiavano soltanto. Di quel periodo, tanto lontano, mia madre ha conservato la cartella di cartone pressato, le pagelle, la locandina della prima comunione e addirittura “ il panierino “ dell’asilo. Come molti sanno, svolgo da ventotto anni l’attività di ingegnere e, da gennaio 2000, quella di direttore presso uno stabilimento di gas, a Brindisi. * * * Terminato il nostro corso, Suor Arsenia insegnò ad altri allievi. Poi ricoprì per sei anni, fino al 1971, l’incarico di superiora a Ceglie e successivamente presso l’Istituto di Marano di Napoli, casa natale del fondatore dell’Ordine. E in quella dimora, alla veneranda età di ottantotto anni, forse leggerà questo articolo. Suor Lina lasciò Ceglie, dopo quarant’anni di permanenza, nel 1990, al momento della chiusura della Casa di Ceglie vecchia. Ormai ottantenne, vive nella Casa di S. Severo. Suor Amelia, la superiora del tempo, è morta. A suor Arsenia e suor Lina, i più cari saluti ed i migliori auguri, da parte di tutti. A suor Anna Teresa, superiora presso Villa Aurora, un grazie per le informazioni ricevute e un caloroso saluto.
Pubblicato il 16 agosto 2004
Angelo Palma ap.palma@virgilio.it
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