Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Artigianato devozionale, religiosità popolare

di  Angelo Palma 

            

 

 

Riassunto:  l’articolo prende lo spunto dal restauro di un’ antica statua, di artigianato devozionale, per  ricordare  la religiosità popolare di un tempo e affermare l’attuale necessità  di riferimenti ideali e  morali.

 

   Con molta curiosità e viva partecipazione osservo un pittore mentre esegue  gli ultimi ritocchi ad una statua, alla fine di un lungo restauro.

   Mi trovo tra quadri, cavalletti, colori, tavolozze, libri ed enciclopedie, nello studio d’arte di Pino Santoro. Conosco bene quel laboratorio per averlo più volte frequentato durante le attività di ripristino  di quest’opera.

   Nel corso delle varie visite ho avuto l’opportunità di raccontare al mio amico restauratore e pittore quanto mi aveva riferito mio padre sulle origini e le caratteristiche della statua. Essa era stata realizzata nella seconda metà dell’ottocento da un falegname, fratello di mia nonna paterna, Giuseppe Santoro. Egli aveva la bottega al numero quaranta di Corso Garibaldi.  Ricordo la piacevole sorpresa di Pino nello scoprire di essere omonimo dell’autore. La statua era stata ricavata da un grosso albero di fico sul quale erano state applicate altre parti in materiale diverso: la testa, le mani, le dita dei piedi in creta rivestita di gesso; il mantello e il velo costituiti da  strati sovrapposti di cartapesta; le palpebre, anch’esse, in cartapesta. Una volta rimossi i molti strati di vernice, Pino ed io abbiamo potuto verificare l’esattezza delle informazioni tramandate e constatare le caratteristiche artigianali dell’opera.

   Non ho assistito al lungo trattamento antitarlo. Però ho avuto il piacere di  osservare il mio amico mentre ricostruiva le dita mancanti con creta e gesso e parte del mantello con colla e cartapesta. Più volte ci siamo confrontati sulla scelta dei colori affinché fossero molto simili a quelli originali.  Alla fine abbiamo adottato quelle tinte che rispettavano le scelte dell’autore, tra l’altro, molto belle e da noi condivise.  Pino ha annotato con scrupolosità sul suo computer tutte le operazioni effettuate, durante il restauro, e ne ha ricavato una relazione, che giudico molto dettagliata.

   Così mi trovo davanti ad un lavoro quasi completato. La luce che entra dalla finestra ne esalta la figura e ne vivacizza i caldi colori: il drappeggio delle vesti rosa-aranciato e del mantello blu; le ondulazioni del velo color crema; lo  sguardo rivolto in basso verso l’Arcangelo Gabriele, in ginocchio ai suoi piedi; la mano destra che trattiene il libro aperto sul brano profetico di Isaia; il braccio sinistro sollevato e la mano aperta  nel gesto di accettazione della volontà divina. E’ la statua dell’Annunciazione. 

   Mentre il mio amico continua le sue finiture, faccio, insieme con lui, alcune riflessioni.

Quest’opera è una delle espressioni dell’artigianato devozionale e della religiosità popolare.

   Fino alla fine degli anni cinquanta, scultori, cartapestai e ricamatori si dedicavano intensamente alla costruzione di statue che raffiguravano la Madonna, i Santi e Gesù Bambino in tutti gli aspetti dell’iconografia cattolica. La Madonna era rappresentata, ad esempio, come Annunziata, Immacolata, Addolorata o, in gruppo, con la madre Anna e il padre Gioacchino oltre che nelle scene della Natività e della Sacra Famiglia. Gesù Bambino veniva raffigurato prevalentemente in atteggiamento benedicente o come pastorello. Le statue di piccola dimensione e quelle rivestite con addobbi e ricami venivano protette con campane di vetro.

   I devoti custodivano nelle loro case queste opere artigianali a scopo di venerazione: usanza diffusa soprattutto nell’Italia meridionale. La devozione si esprimeva anche con altre manifestazioni: feste patronali, processioni, pellegrinaggi, ancora oggi in uso. Essa rispondeva al bisogno di aiuto e protezione di fronte alle difficoltà e ai dolori della vita: la siccità in campagna o il magro raccolto, le ristrettezze economiche in paese, le frequenti malattie o i lutti. Esprimeva sentimenti di confidenza filiale verso la Madonna. Spesso aveva carattere più utilitaristico e orientato  all’ottenimento di favori, se venivano invocati i santi. L’insieme di questi sentimenti e di tali manifestazioni  costituiva la religiosità popolare, molto diffusa in quell’epoca. Anche io, durante l’infanzia, ne sono stato coinvolto, in particolare per quanto riguarda il culto mariano, del quale conservo un dolce e commosso ricordo.

   Dagli inizi degli anni sessanta la devozione  venne  progressivamente meno con il crescere della sicurezza e con il progressivo cambiamento di mentalità. Questi ultimi fenomeni furono la conseguenza dello sviluppo economico, del miglioramento delle condizioni di vita e della crescita dello stato sociale. Così molta gente, spesso in coincidenza del trasloco in nuove abitazioni, si liberò, quasi con vergogna, dei simboli della propria fede.

   Negli ultimi anni è ricomparsa l’insicurezza a causa della precaria situazione economica, che determina mancanza di lavoro e crisi dello stato sociale. L’insicurezza è spesso associata all’infelicità. 

   Per reagire a tali problematiche occorre un’adeguata politica economica e sociale, fondata su buoni ideali: ad esempio, solidarietà, giustizia e libertà. Tali ideali possono essere meglio coltivati con il sostegno di una morale  condivisa e aperta al dialogo. La morale, a sua volta, può costituire semplicemente la guida per un comportamento corretto nella vita e nella società oppure può avere un riferimento più alto e nobile. La prima via è già sufficiente. La seconda può essere per molti un obiettivo da raggiungere.

   A tal proposito manifesto al mio amico l’idea che si possa credere in un Dio, del quale la scienza, con elevatissima probabilità, prova l’esistenza. Infatti, è vero che le scoperte scientifiche spiegano progressivamente tutti i fenomeni della fisica, della chimica e della biologia. Tuttavia questi eventi sono regolati da leggi ben precise, che non sono frutto del caso. E queste leggi “Qualcuno” deve averle ideate.

   Pino riflette un po’ e poi acconsente. Rimette a posto i pennelli e i colori e   si concentra compiaciuto sull’opera restaurata. Ma improvvisamente un velo di malinconia cala sul suo volto: l’ Annunziata, alla quale ormai si è affezionato, sta per ritornare a casa mia.

 

20/11/2004

 

 

Statua dell’Annunziata di Angelo Palma

Relazione di restauro di Pino Santoro

 

 

       L’opera in esame risultava realizzata con materiali diversi: la parte centrale (busto, braccio destro e parte del mantello) in legno di fico; le estremità (mani, braccio sinistro e piedi) in creta rivestita di gesso; parte del mantello e delle pieghe del vestito in cartapesta, lavorata con la tecnica della sovrapposizione di strati di carta e colla; la testa in creta con palpebre in cartapesta ed occhi in vetro.

       Statua dell'AnnunziataLa statua era fissata su di un piedistallo in legno.

       L’opera presentava una situazione di degrado dovuta a cause naturali e accidentali. Gli insetti xilofagi  avevano resa cavernosa la parte in legno, pur non compromettendone la resistenza e la stabilità, e danneggiata la parte in cartapesta. Inoltre mancavano alcune parti delle dita del piede destro e della mano sinistra.

Le vernici originali erano snaturate e non recuperabili a causa di una serie di interventi di pulizia e di pitturazione con svariati colori di tonalità e natura diverse.

      Dopo la rimozione del piedistallo e di alcuni tamponi di carta,  utilizzati, in precedenti interventi per riempire le  falle create dall’attacco del tarlo, è stata realizzata una serie di interventi di disinfestazione con PER-XIL, del quale è stata garantita l'imbibizione e rallentata l’evaporazione mediante la sigillatura con un involucro di plastica, per trenta giorni.

      Successivamente le parti mancanti delle dita, della mano sinistra e del piede destro, e del drappeggio del vestito venivano reintegrate con lo simile a quello originario: gesso di Bologna, pasta di legno e colla Totin.

       I vari strati di colori, accumulati durante i precedenti interventi,  le vernici ossidate e le patine pre-esistenti sono state rimossi con solventi a base di formammide e acetato di amile.

       Dopo aver consultato della documentazione iconografica, la pitturazione è stata effettuata con i colori originari e  realizzata con vernici per belle arti della Maimeri.

 

18/10/04

 

                                                Pino Santoro

 

 

                                                            

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